Sull’epidemia dei frutti di bosco contaminati dal virus dell’epatite A abbiamo ricevuto questa lettera da parte dell’azienda di Padova Erica (una delle società coinvolte nei primi ritiri di frutti di bosco surgelati).
Sono circa tre mesi che leggo inesattezze sul suo blog, per quanto ci riguarda noi non vendiamo ai supermercati, non l’abbiamo mai fatto, il nostro canale di riferimento è il catering e la trasformazione. Non abbiamo una busta bella litografata di quelle che lei mostra, COME PERSONA MOLTO INFORMATA DEI FATTI, nel suo sito, ma vendiamo in busta trasparente con un’eticchetta. Hanno trovato da un nostro cliente, non in un supermercato, una busta con tracce del virus dell’ epatite A, senza specificare la quantità, poi in analisi successive, c è stata una negatività, questo è tutto.
Agiamo di comune accordo con la nostra ASL facendo analisi su tutti gli arrivi. Non abbiamo da parte delle istituzioni nessuna indicazione su come comportarci, basterebbe dare dei tempi di cottura, cosa che non possiamo fare noi arbitrariamente. Denuncio il passaggio di frutti di bosco freschi dalla dogana italiana in maniera massiccia circa 5 volte superiore ai prodotti surgelati, nessuno controlla nulla, poichè per un’analisi ci vogliono tempi biblici e quindi si tralascia. Ho comunicato questo sia all’Istituto Superiore di Sanità, sia alla forestale del nostro compartimento. Nessuno fa nulla, tutti coloro che ne parlano hanno interesse solo ad avere visibilità, non a risolvere il problema. Abbiamo per conto nostro, sottoscritto con il laboratorio di La Spezia (accreditato) UN PROGRAMMA DI RICERCA di inoculazione del virus e di bonifica. Non penso che una piccola azienda, e non una SPA come scrive lei, dovrebbe farsi carico di questo. Cosa dobbiamo fare di più? Le comunico che le fonti di approvvigionamento dei frutti di bosco sono uguali per tutta l’Europa e negli altri paesi europei non hanno nessun allarme sanitario. Perchè? Non è, dicono allarme europeo?
Roberto Miatello (Erica S.r.l)
Ringrazio l’azienda padovana per la lettera, ma vorrei precisare che nel mese di luglio 2013 abbiamo contattato Erica per avere maggiori informazioni sul ritiro del lotto e non ci sono stati forniti né dettagli, né fotografie. Sul sito dell’azienda inoltre non compare nessun avviso, e anche il Ministero della salute non ha mai ricevuto le foto delle confezioni. Se la società da tre mesi, riscontra inesattezze nel sito su questo argomento poteva scrivere in redazione. Forse le inesattezze sono anche dovute alla scarsa volontà di voler comunicare.
Forse come dice Erica le ” fonti di approvvigionamento dei frutti di bosco sono uguali in Europa” ma la contaminazione può essere causata anche dal processo industriale.
Concordo con Erica quando dice che a livello di controlli c’è una certa confusione, visto che non si è ancora riusciti ad individuare con precisione la fonte della contaminazione.
In una seconda comunicazione Erica dice di fare prevalentemente produzioni conto terzi, ovvero di produrre frutti di bosco surgelati da 1 kg con altri marchi. È troppo chiedere le fotografie del lotto ritirato? Vorrei solo ricordare all’azienda che sino ad ora le persone colpite da epatite A per colpa dei frutti di bosco contaminati sono 450 e forse un pizzico di trasparenza in più non guasterebbe.
Roberto La Pira
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Foto: Ericanatura.it
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Questo conferma sempre più la mia idea che nel settore ortofrutticolo vi sono pochissimi controlli reali in merito alla presenza di contaminanti, pesticidi, sostanze ormonali sintetiche, ecc.
Sarà per la sottovalutazione da parte della classe medica o forse per qualcos’altro?