In Europa si registra un preoccupante aumento della povertà. Questa situazione rende ancora meno gradite le nuove tasse sui cibi che vengono proposte in numerosi Paesi per ridurre comportamenti alimentari errati. L’estate scorsa ilfattoalimentare.it ha mostrato i dati sul progressivo aumento della povertà in Europa [1], oltre a segnalare nuove o maggiori tasse sui cibi [2]. Otto mesi dopo la situazione é peggiorata, e in Gran Bretagna prende forma la pasty revolution.
L’ultimo bilancio Eurostat su povertà ed esclusione sociale [3] è a dir poco desolante:
• il 23% della popolazione e il 26,7% dei bambini in UE a rischio di povertà o esclusione sociale [4] nel 2010
• il 16% in condizioni di povertà [5] (circa 79,2 milioni di persone, poco meno dell’intero popolo tedesco)
• il 10% delle persone in età 0-59 anni vive in contesti familiari con intensità di lavoro (e capacità di spesa) estremamente bassa,
• l’8% si é trovato in una situazione di privazione materiale (cioè, incapacità di accedere a risorse essenziali quali cibo e alloggio), nel 2009-2010.
Lo State of the World Happiness Report [6] appena pubblicato dalle Nazioni Unite, associa il livello di serenità delle popolazioni a una serie di indicatori economici, sociali e ambientali che in estrema sintesi possono venire ricondotti a condizioni non miserevoli di vita e alla tranquillità sul proprio sostentamento. Non a caso, i soli Paesi europei in cima alla lista sono quelli del Nord e dell’area scandinava.
Il Financial Times [7] – una testata davvero al di sopra di ogni sospetto – registra il crescente malcontento della popolazione inglese verso la politica fiscale del governo Cameron. Potrebbe esacerbare in rivolta, proprio a causa della pasty tax appena approvata per un pugno di voti. Il drastico aumento dell’imposta sui consumi di cibi serviti a temperatura ambiente o superiore. ‘Fast-food’ e ‘take-away’ ma anche panifici come il colosso Greggs che coi suoi 1600 punti vendita sul territorio conduce la protesta. Un furgone per la raccolta di firme, già oltre mezzo milione, sosta davanti al n. 10 di Downing Street (la residenza e sede del Primo Ministro) per la loro consegna immediata. Sono in programma marce di protesta, che vedranno i panificatori in prima linea.
Il New York Times [8] commenta il caso britannico come un possibile ritorno della battaglia di classe. Poiché la dieta degli inglesi [9] (per diverse ragioni, dalla distanza casa-lavoro alla scarsa propensione ai fornelli) si basa proprio su questi cibi, la nuova gabella colpirà in modo più grave le fasce meno abbienti. L’inflazione cresce in rapporto ai redditi, aumenta il divario tra i sempre più ricchi [10] e i sempre più poveri. E sono raddoppiati, nel 2011-2012, i visitatori delle mense caritatevoli. [11]
Si deve forse attendere una nuova rivolta del pane, affinché i ministri del Tesoro dei Paesi membri aprano gli occhi sulla situazione? Il candidato francese François Hollande sinora è stato l’unico in Europa a proporre che siano i super-ricchi a offrire un maggior contributo, anziché prosciugare le tasche più misere. È forse il caso di sostituire il leit-motiv della ‘crescita’ [12] con quello del ‘sostentamento’. Anche dalle nostre parti purtroppo.
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[1] In Europa la povertà aumenta, ma nonostante ciò i governi aggiungono tasse sul cibo
[2] Danimarca e Ungheria: tasse su grassi, zuccheri e cibi confezionati. Dovrebbero promuovere la salute, ma penalizzano i meno abbienti. E, spesso, gli alimenti sani
Le tasse sui cibi: un altro modo di fare cassa ai tempi della crisi, mascherato da obiettivi di salute pubblica
[3] http://ec.europa.eu/eurostat/web/main/home
[4] At Risk Of Poverty or social Exclusion (AROPE), secondo la definizione adottata nel contesto della strategia ‘Europe 2020’
[5] La condizione di povertà, secondo gli standard adottati in UE, si associa a un reddito inferiore al 60% rispetto a quello medio dei cittadini del Paese membro di residenza. NB: nel giugno 2010 i Governi degli Stati membri UE si erano impegnati a fare uscire entro dieci anni 20 milioni di persone da questa situazione, che invece dilaga
[6] http://issuu.com/earthinstitute/docs/world-happiness-report
[7] articolo “Opponents of the ‘pasty tax’ cook up a protest” di Chris Tighe per il FT, 25.4.12
[8] articolo ‘Class War Returns in New Guises’ di Katrin Bennhold per il NYT, 26.4.12
[9] Il Cancelliere del Regno George Osborne (figlio di un baronetto), poco prima della ‘pasty tax’, aveva annunciato la riduzione dell’imposta sui redditi più elevati
[10] Nei fast-food inglesi si mangia sempre più pollo fritto, le porzioni aumentano e la qualità nutrizionale resta un sogno
[11] articolo “Number of people visiting foodbanks doubles” di Kara Shadbolt per il FT, 26.4.12
[12] Al riguardo si segnala l’opinione espressa dal Premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz