Il tema degli aromi rimbalza sempre in redazione perché le regole europee varate nel 2011 per dare maggiori informazioni al consumatore, sono abbastanza articolate e la comprensione non è così immediata. Premesso che la quantità di aromi in un prodotto solitamente è inferiore allo 0,01%, stiamo comunque parlando di additivi molto importanti. L’altra cosa da sapere è che in natura i ricercatori hanno identificato circa 10 mila aromi, ma solo un quarto sono utilizzati per i prodotti alimentari. L’Efsa ha realizzato un elenco positivo che viene aggiornato annualmente, con circa 2.600 sostanze aromatizzanti.
L’aroma di un cibo si percepisce attraverso l’olfatto, anche se la masticazione facilita il rilascio di altre sostanze che raggiungono il naso attraverso la gola, mentre la lingua permette di valutare il sapore che può essere: dolce, aspro, salato, amaro e umami. Gli aromi dovrebbero esaltare, rafforzare, arrotondare l’odore di un prodotto alimentare rendendolo unico e distinto dagli altri. Ci sono però aziende che ricorrono agli additivi per coprire l’assenza o la scarsa presenza di alcuni ingredienti, come ad esempio i budini alla vaniglia senza un briciolo di spezia, i gelati e gli yogurt con poca frutta e le bibite analcoliche con poco succo di agrumi. Gli aromi sono più utilizzati nei cibi industriali molto elaborati che nel corso del processo di lavorazione perdono più facilmente le sostanze volatili.
Per capire meglio i diversi tipi di aromi utilizzati e dichiarati sulle etichette prendiamo come riferimento le diciture riportate sui vasetti di yogurt alla fragola (in genere sono tutti aromatizzati tranne Yomo che usa solo frutta).
a) “Aroma naturale di fragola”: è la frase stampata sulla confezione quando il 95% degli aromi è estratto dalle fragole.
b) Aroma naturale di fragola con altri aromi naturali: dicitura utilizzata quando l’aroma naturale estratto dalle fragole risulta inferiore al 95% e viene miscelato con altre sostanze aromatiche, anche se il gusto finale resta quello di fragola.
c) Aroma naturale: è la dicitura utilizzata quando il gusto è ottenuto da un mix di componenti aromatiche naturali che non comprende la fragola, o quando l’insieme di aromi naturali non ha una particolare connotazione organolettica e pertanto l’aroma finale non è classificabile nelle due definizioni precedenti (“a” e “b”). Il caso tipico è quello dello yogurt arricchito con macedonia di frutta, preparato con diversi aromi naturali che non rientrano nelle due definizioni precedenti (una sola componente aromatica presente oltre il 95%, oppure più componenti aromatiche ma solo un gusto specifico prevalente nel prodotto).
d) Aromi: è la parola che troviamo sulla maggior parte dei prodotti alimentari, perché comprende tutti gli aromi natural-identici (uguali a quelli naturali ma “costruiti” in laboratorio) e quelli artificiali (costruiti in laboratorio anche con l’impiego di molecole che non esistono in natura). La scritta “Aromi” può essere utilizzata anche quando si usano molecole naturali come quelle descritte nei paragrafi “a”, “b” e “c”, oppure miscele di queste molecole. La scelta di questa dicitura viene fatta quando il produttore non intende indicare sull’etichetta le diciture specifiche previste dalla norma. il caso tipico è quello delle caramelle o delle gomme da masticare, dove l’impiego di diversi aromi naturali comporterebbe la descrizione in ordine di peso decrescente delle note aromatiche occupando troppo spazio sull’etichetta (per esempio: “aroma naturale di fragola, aroma naturale di banana con altri aromi naturali, aroma naturale di zenzero, aroma naturale di ribes con altri aromi naturali…”).
La norma è articolata e non risponde ad alcune domande. Ecco cosa suggerisce la rivista tedesca Stiftung Warentest.
Gli aromi possono essere utilizzati anche negli alimenti biologici?
Sì, anche se il regolamento dell’UE sul biologico consente solo gli estratti aromatici e gli aromi naturali. Il problema è che questi aromi non sono ancora sufficientemente disponibili (stiamo preparando un articolo su questo aspetto).
Che aromi si usano per affumicare il cibo?
Il fumo una volta era uno dei modi per conservare il cibo e il sapore affumicato ha sempre caratterizzato alimenti come prosciutti, salame e salcicce. Tradizionalmente il processo di affumicatura veniva fatto con la legna. Adesso questo sistema è considerato complicato e costoso, e si usano spesso aromi prodotti industrialmente condensando e separando le frazioni aromatiche del fumo, che così diventa “liquido” ed è pronto per essere spruzzato sugli alimenti. Questi aromi devono essere valutati e approvati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). Sull’etichetta si troverà la scritta “aroma di affumicatura” mentre il termine “fumo” è riservato al fumo ottenuto in modo convenzionale.
Perché la caffeina è elencata come aroma nelle bibite alla cola?
La caffeina dal gusto amaro è considerata un aroma quando viene usata in piccole quantità nel cibo. Gli aromi possono essere utilizzati solo in quantità che non mettono in pericolo la salute umana.
I sapori inventati devono essere indicati sull’etichetta?
Quando sull’imballo del prodotto compare un riferimento a fragole, lamponi, agrumi o vaniglia, la legge prevede che questi frutti devono comparire anche nell’elenco degli ingredienti, anche semplicemente come aromi. Tutto ciò che l’imballaggio promette in termini di immagine deve trovare un riscontro nel prodotto.
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[sostieni]
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Bene le spiegazioni sulle diciture per l’aromatizzazione dei prodotti alimentari.
Ciò che fa specie è la pubblicità televisiva (ad esempio su TV7) di una nota ditta di biscotti dove viene dichiarato che con la dizione Aromi “non ci si capisce niente”.
A mio parere è una fake news perseguibile dal giurì della pubblicità ed anche penalmente per falsa informazione al pubblico, perché la legislazione è molto chiara,. Dallo spot televisivo i consumatori sono indotti a capire che sotto ci sia un grande imbroglio, il che non è vero.