conta calorieSembrerebbe che i tempi siano oramai maturi per pensare allo smartphone come a una sorta di nostra protesi, affermazione che trova legittimità dalla nascita di nuovi fenomeni quali la nomofobia, cioè la paura di rimanere senza cellulare o di rimanere sconnessi dal contatto di rete di telefonia mobile. All’interno di questo panorama, il telefonino acquista funzioni altre rispetto a quelle relative alla comunicazione e diventa uno strumento che ci accompagna in vari aspetti della vita, come la dieta alimentare. Le app conta calorie, così come quelle di fitness, sono tra le più popolari sul mercato e il loro uso appare in costante crescita tanto che nel 2019 la community di MyFitnessPal – una delle più conosciute app per contare le calorie che dispone di un database che contiene milioni di alimenti e possiede anche la funzione di UPC per poter inserire un cibo – ammontava a 180 milioni di utenti.

Dietro a numeri di tale grandezza non si nasconde solo un business tecnologico, ma anche il rischio di sviluppare o incentivare atteggiamenti di ipercontrollo di ciò che si introduce nel proprio corpo. Una ricerca pubblicata sull’International Journal of Eating Disorders ha dimostrato come la maggior parte degli utilizzatori di app conta calorie o di fitness, manifesti livelli di ossessione verso l’alimentazione e l’esercizio fisico praticato in modo compulsivo sensibilmente maggiori rispetto ai non utilizzatori. Sebbene si possa pensare che queste applicazioni siano sviluppate per aumentare la consapevolezza di quello che si mangia, tenere un diario alimentare può risultare pericoloso per alcune persone. Spesso chi le utilizza ha come obiettivo il controllo del peso e della forma fisica e mostra tendenze verso disturbi alimentari, come stabilito dai test quali il Cet (The Compulsive exercise test) e l’EDE-Q (Eating disorders examination questionnaire). La lettura di questo dato può essere duplice: se da una parte si può dedurre che chi ha atteggiamenti maniacali verso il cibo e l’esercizio sia più propenso a monitorare l’assunzione di cibo, dall’altra si può desumere che tali forme di controllo possano inavvertitamente favorire lo sviluppo di comportamenti ossessivi-compulsivi tra gli individui più vulnerabili.

Il rischio è di sviluppare o incentivare atteggiamenti di ipercontrollo

Per conoscere il funzionamento dei programmi conta calorie e capire le dinamiche che possono scattare nella mente di chi ne fa uso, ho scaricato una delle applicazioni più famose. Volutamente ho inserito un obiettivo di peso al di sotto della norma prevista per l’altezza indicata ma, seppur avvertita del sottopeso, ho potuto proseguire digitando quanti chili perdere alla settimana. In pochi istanti sono state stimate le calorie giornaliere previste per il raggiungimento di quello che io ho deciso essere il mio “peso ideale”, che ricordo essere una cifra un po’ troppo bassa rispetto all’altezza – unici dati fisici oltre all’età e al sesso che la app conosce. È quasi immediato rendersi conto del fatto che l’utilizzo di tali applicazioni non solo porti a una fissazione sulle calorie assunte, ma disincentivi l’abitudine ad ascoltare il proprio corpo.

Ecco dunque che s’innesca un paradosso che fa sì che si mangi anche quando non si ha fame perché permesso da un eventuale deficit calorico indicato e non si mangi quando si ha ancora fame per evitare di superare le calorie previste per la giornata. A questa osservazione è necessario aggiungere che non sempre si hanno gli strumenti per leggere il valore nutritivo degli alimenti: se, ad esempio, ci si concentra solo sull’apporto calorico, a pari quantità tra delle caramelle e un uovo è possibile scegliere le prime senza riflettere sulla loro povertà a livello nutrizionale.

L’utilizzo di app conta calorie porta a una fissazione sulle calorie assunte, e disincentiva l’abitudine ad ascoltare il proprio corpo

Dire che queste app causino problemi di alimentazione è un’affermazione semplicistica e affrettata, ma credere che la loro pressione a essere sempre attivi e a raggiungere nuovi obiettivi possa peggiorare eventuali tendenze ipercritiche nei propri confronti (senza però restituire una reale conoscenza di una dieta sana) è un giudizio condiviso anche dagli esperti. Come spiega Stefania Ruggeri, nutrizionista e ricercatrice del Crea – Alimenti e Nutrizione, “queste app propongono una variazione del peso considerando il fisico solo attraverso la lente della prestazione ignorando completamente l’armonia propria di ogni corpo e considerano il cibo un mezzo, un prodotto e non un alimento portatore di salute e nutrimento”. Ruggeri sottolinea come questi diari alimentari digitali “non restituiscano valore a ciò che si mangia quando invece quello che è necessario oggi è un approccio nuovo al rapporto con l’alimentazione”. Mettendo in discussione la stessa idea di peso ideale, perché legata a tabelle che non tengono in considerazione un fattore importante cioè il giudizio soggettivo sul proprio corpo e dunque come ci si piace, affidare a una app il potere di regolare le abitudini alimentari non solo obbliga a sottostare all’imposizione di un modello fisico, ma toglie la percezione delle necessità vitali e priva il momento dei pasti dell’elemento del piacere.

In un contesto come quello attuale che vede un abbassamento del livello di coscienza critica, assegnare a dei numeri la propria autostima – rafforzata o indebolita dal rispetto delle calorie previste dalle app – è altamente pericoloso. Pensare al momento dei pasti come a una somma delle calorie assunte li priva dell’appagamento del gusto e rende inevitabile pensare alla soddisfazione di una voglia fuori programma come a uno sgarro, cioè un errore. Anche nei casi in cui non si sviluppano atteggiamenti compulsivi, programmare la propria dieta in base a ciò che prevede un’applicazione priva della libertà di raggiungere un proprio equilibrio, anche se non conforme al modello imperante e ci allontana dalla percezione dei nostri stessi bisogni. L’informazione trasmessa da queste app non è veicolata da persone professioniste con le quali potersi confrontare circa la propria storia alimentare, fisica e medica e tale mancanza spoglia il corpo della componente pensante. Il fisico come oggetto performante risponde ad aspettative che non tengono conto della soggettività; in questa cornice non è solo il cibo, ma è anche il corpo a diventare un prodotto.

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Marco Reverberi
Marco Reverberi
3 Dicembre 2020 09:41

come giustamente specifica la nutrizionista, di sicuro il problema non è la app e la tecnologia in genere, ma chi e come la usa…