Compresse bianche rovesciate da un flacone di plastica arancione su superficie azzurra

La resistenza agli antibiotici è in calo, ma in Italia resta più alta della media europea. Lo rivela l’Istituto superiore di sanità, che in occasione dello European Antibiotic Awareness Day (18 novembre) e della World Antibiotic Awareness Week (18–24 novembre) ha pubblicato due documenti che descrivono lo stato della resistenza agli antibiotici e delle infezioni nel 2018: il rapporto di Sorveglianza nazionale dell’antibiotico-resistenza e quello di Sorveglianza delle infezioni ematiche da enterobatteri produttori di carbapenemasi (CPS).

Il primo documento fotografa i tassi di resistenza alle principali classi di antibiotici usati nella pratica clinica per otto batteri patogeni tenuti sotto stretto controllo: Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter spp.

In particolare, il batterio Escherichia coli in Italia presenta tassi superiori alla media europea di resistenza alle cefalosporine di terza generazione, inefficaci quasi in un caso su tre (29%), e ai fluorochinoloni, che non funzionano più addirittura nel 42% delle infezioni. Cala la resistenza ai carbapenemi nei batteri Klebsiella pneumoniae (30%), Pseudomonas aeruginosa (16%) e anche negli Acinetobacter, contro cui questi antibiotici restano comunque inefficaci nell’82% dei casi! Lo Staphilococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) è rimasto stabile al 34%, mentre sono aumentate le analisi positive all’Enterococcum faecium su cui non fa più effetto la vancomicina, che balza dal 6 al 19% in sei anni. In diminuzione, invece, i tassi di resistenza a penicillina ed eritromicina per lo Streptococcus pneumoniae.

Un problema grave è quello della multiresistenza, che si verifica nel caso in cui un singolo batterio diventa in grado di sconfiggere ad almeno tre classi di antibiotici contemporaneamente. Secondo quanto riportato dall’Iss, nel 2018 è risultato multiresistente un campione di Klebsiella pneumoniae su tre (33%) e addirittura tre su quattro di Acinetobacter (76%).

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Nel 2018 in Italia si sono verificati oltre 2 mila casi di infezioni da batteri resistenti agli antibiotici carbapenemici

Il secondo rapporto si concentra sulle batteriemie, cioè le infezioni del sangue, causate da enterobatteri resistenti ai carbapenemi, antibiotici ad ampio spettro usati esclusivamente nella pratica ospedaliera. Altri 50 casi sono stati attribuiti a Escherichia coli. Nel 2018, in Italia, sono stati segnalati più di 2 mila casi di queste infezioni, soprattutto in pazienti ricoverati contagiati in ospedale, con un’incidenza costante negli anni. Nel 97,7% dei casi il batterio resistente ai carbapenemi responsabile è Klebsiella pneumoniae, che ha causato 2.157 infezioni. Le regioni con i numeri più alti di casi sono la Puglia, con 6 infezioni ogni 100 mila abitanti, seguita da Lazio (5,9 su 100 mila) ed Emilia-Romagna (5,2 su 100 mila).

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