Anche se, rispetto all’utilizzo che se ne fa negli uomini e soprattutto negli animali da allevamento i quantitativi impiegati sono molto minori, gli antibiotici vengono impiegati anche sulle colture, spesso senza alcun motivo razionale. E, in questo modo, amplificano il problema delle resistenze, che si trasmettono anche così. E non è tutto: le piante assorbono dal terreno anche le nanoparticelle di plastica, che captano da acqua e terreni.
La questione degli antibiotici sparsi sulle piante alimentari – una pratica esistente da decenni, ma che sta assumendo dimensioni molto preoccupanti – fino a oggi non era mai stata studiata a fondo, e in molti casi non si conoscono neppure le quantità totali usate dai singoli paesi. Ma ora un grande studio prova a definire meglio il fenomeno. A condurlo è stata Plantwise, un circuito di 3.700 “cliniche delle piante” presente in 34 paesi nelle quali chi coltiva può incontrare esperti e trovare risposte per le infestazioni e tutti gli altri problemi legati all’agricoltura, che ha utilizzato dati di organismi quali la FAO insieme a dati raccolti internamente, e ha poi pubblicato i risultati su CABI Agriculture and Bioscience.
Innanzitutto, si legge, su 158 paesi, solo il 3% tiene un monitoraggio completo e aggiornato della somministrazione di antibiotici alle piante: un dato che, da solo, dice molto, soprattutto se si pensa che il 23% dei paesi monitora l’impiego negli umani, e il 23% quello negli animali. Eppure ce ne sarebbe bisogno: in base a quanto emerso in 436.000 documenti dei centri Plantwise di 32 paesi, sono più di 100 le colture sulle quali vengono somministrati antibiotici, e in molti casi si tratta di molecole utili o potenzialmente utili anche per l’uomo, e che quindi andrebbero impiegate con estrema cautela e parsimonia. Stando ai numeri ufficiali, ogni anno decine di tonnellate di farmaci preziosi arrivano nei campi; per esempio, solo per il riso del Sud Est asiatico si parla di 63 tonnellate di streptomicina e 7 di tetraciclina, e in alcune stagioni viene trattato fino al 10% delle coltivazioni.
Uno degli aspetti più negativi, scrivono gli autori, è poi il fatto che questi trattamenti siano spesso del tutto inutili, cioè dati per combattere cose che non hanno nulla a che vedere con le infezioni batteriche come gli insetti, perché si ritiene che gli antibiotici, meglio se in cocktail, possano avere un effetto preventivo: niente di più falso. Sono almeno 11 i protocolli di tutti i continenti tranne l’Africa nei quali si consiglia questo tipo di prevenzione.
E poi c’è un dato che davvero fa paura: è stato dimostrato che, quando gli antibiotici sono mischiati ad altri fitofarmaci, i batteri amplificano la loro capacità di sviluppare resistenza: in certi casi acquisiscono le mutazioni necessarie fino a 100.000 cicli riproduttivi prima rispetto a quanto non accada se non ci sono altri trattamenti. Ma i batteri resistenti sono poi assunti dall’uomo, soprattutto quando la verdura e la frutta sono consumate crude.
C’è infine un’altra minaccia di cui, per ora, si ha una conoscenza scarsa, ma che probabilmente sarà indagata sempre di più: la possibilità che le piante assorbano dal terreno e dall’acqua i nanomateriali presenti, soprattutto le nanoplastiche. Per capire quanto il problema sia reale, i ricercatori della University of Massachusetts di Amherst insieme a colleghi cinesi della Shandong University hanno condotto una serie di esperimenti sull’ Arabidopsis thaliana, una delle piante più utilizzate in botanica. Anche in questo caso i risultati, pubblicati su Nature Nanotechnology, sono stati preoccupanti: prove al microscopio, genetiche e molecolari condotte per settimane, marcando le piante con sostanze fluorescenti ed eseguendo diversi tipi di test dimostrano senza ombra di dubbio che le nanoplastiche di polistirene, che spesso hanno dimensioni paragonabili a quelle di una proteina o di un virus, entrano nelle cellule vegetali e lì si accumulano, in tutte le radici.
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Giornalista scientifica
Stiamo planando, secondo il parere degli ottimisti, o precipitando secondo altri in un pozzo senza fondo.
Nei prossimi decenni la razza umana misurerà il grado di affidabilità delle conoscenze che crede di possedere mentre il mondo animale e vegetale subirà repentini effetti mutageni causati anche da altre sostanze che allegramente portiamo a spasso nell’ambiente come pesticidi, medicinali , droghe e loro metaboliti.
Ma l’argomento cattura poca attenzione dato l’alto numero di persone indifferenti e/o ottimiste.
Pienamente d’accordo su “planando” e “precipitando”, io aggiungerei anche “distruggendo” nel senso che l’uomo ha imboccato la strada del non ritorno…
Perché non scrivete che in Italia l’impiego degli antibiotici è proibito dal 1971?