Il ministero della Salute dopo avere comunicato il taglio di 25 milioni dal fondo destinato ai Centri delle Asl e degli ospedali che curano i disturbi del comportamento alimentare (DCA) come anoressia o bulimia, ha fatto una parziale marcia indietro trovando 10 milioni per finanziare le attività in corso. “Si tratta di un contentino del ministro Schillaci che serve a poco” – precisa Fiorenza Sarzanini, vicedirettrice del Corriere della sera, da sempre molto attenta a questi problemi e autrice di un libro Affamati d’amore focalizzato sul tema dell’anoressia.
Anoressia, bulimia e le altre patologie complesse
Anoressia, bulimia e adesso anche vigoressia (termine riferito all’ossessione per l’allenamento e il tono muscolare), sono patologie complesse che coinvolgono sia fattori biologici sia psicologici che interessano 3 milioni di persone. È opinione comune non considerare questi soggetti malati, eppure si tratta di malattie serie che possono potare anche al ricovero ospedaliero. A fronte di questo numero elevato di soggetti coinvolti in Italia ci sono 900 posti letto. L’approccio a questi disturbi è complicato per cui le persone vanno seguite da un team multidisciplinare e servono spazi e posti letto. Purtroppo quando viene scoperta e diagnosticata una DCA, in molti casi si tratta di situazioni in cui è complicato intervenire, anche perché alcuni pazienti non vogliono farsi curare.
“Oggi l’immagine proposta a livello sociale come modello vincente – continua Sarzanini – è quello di persone longilinee magre, alte e, naturalmente belle, abbastanza lontane dal mondo reale, composto da individui non proprio perfetti. Questi modelli influenzano negativamente e si possono in qualche modo correlate a certe malattie legate all’alimentazione. C’è poi un altro elemento da considerare che rende molto difficile il raggiungimento del modello perfetto proposto. Viviamo in una società obesogena, in cui il cibo è alla portata di tutti, ogni giorno, a qualsiasi ora. Purtroppo si tratta sovente di cibo spazzatura e i risultati sui giovani sono sin troppo evidenti. Sul fronte opposto troviamo in tutti supermercati e non solo, una marea di prodotti che non fanno ingrassare, bruciano i grassi, danno il senso di sazietà, sgonfiano la pancia con una forte attrattiva soprattutto per i soggetti affetti da disturbi alimentari grazie a importanti campagne pubblicitarie.”
Lo stigma
Un altro elemento che complica ulteriormente la gestione dei disturbi del comportamento alimentare è la loro natura psicologica e psichiatrica. A causa dello stigma verso questa branca della medicina si tende a non considerarle malattie come le altre, degne quindi di tutela e di cura.
Che fare? “Ripristinare i fondi di prima e impegnarsi con campagne informative – precisa Sarzanini – oltre a investire in campagne di pubblicità progresso e programmi strutturati per arginare un problema serio e generalizzato che rischia di passare inosservato“.
© Riproduzione riservata
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.