Sulle reali dimensioni delle allergie alimentari si sa ancora poco. Facile confonderle con altri disturbi. Negli Usa, un rapporto delle National Academies of Science chiede studi approfonditi
Sulle reali dimensioni delle allergie alimentari si sa ancora poco. Facile confonderle con altri disturbi. Negli Usa, un rapporto delle National Academies of Science chiede studi approfonditi
Beniamino Bonardi 12 Dicembre 2016Anche se tra i medici c’è la percezione che le allergie alimentari siano in aumento, negli Stati Uniti non è stato condotto alcuno studio di dimensioni adeguate per determinare la reale incidenza del fenomeno e la maggior parte delle ricerche fatte probabilmente sovrastima la percentuale della popolazione interessata. È quanto afferma un rapporto delle National Academies of Sciences, Engineering and Medicine statunitensi, che sottolinea come spesso i medici interpretino determinati sintomi come un’allergia alimentare, non essendo in grado di distinguerla da altre malattie del sistema immunitario o gastrointestinali, come l’intolleranza al lattosio e la sensibilità al glutine. La conseguenza è che non si è in grado di stabilire quale approccio di gestione e di prevenzione sia più efficace.
Migliorare la qualità della vita delle persone che soffrono di allergie alimentari è importante, ricorda il rapporto delle National Academies of Sciences, ma per destinare risorse adeguate al problema in modo da considerarlo un discorso prioritario, occorre definire la reale portata del fenomeno.
Oltre alla questione delle autodiagnosi, spesso errate, anche nel campo dei test diagnostici sorgono problemi, perché non esiste una prova semplice e accurata. Il test cutaneo è anche quello più familiare e diffuso, ma dice che una persona può reagire ad un determinato alimento ma non dà un risultato definitivo. A volte sarebbe utile far seguire il test dall’ingestione dei possibili allergeni in dosi progressive, sotto controllo medico, per monitorare le reazioni allergiche. Il rapporto, in ogni caso, raccomanda ai medici di evitare il ricorso a procedure non standardizzate nella diagnosi delle allergie alimentari, come la kinesiologia applicata e i test elettrodermici.
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Le mie allergie alimentari (tantissime) sono state diagnosticate efficacemente al padiglione Bizzozzero di Niguarda oltre 30 anni fa, utilizzando test cutanei, rast con prelievo di sangue e un test sperimentale americano che l’équipe del professor Claudio Ortolani, allora primario, stava utilizzando.
Mi è stata prescritta l’adrenalina autoiniettante che per molti anni ho acquistato in Svizzera. Adesso si trova anche in Italia al prezzo di circa 75 euro e, pur essendo un salvavita, è totalmente a carico del paziente.
Negli Usa, l’adrenalina è distribuita gratuitamente è nei ristoranti sono affisse locandine che segnalano i potenziali allergeni e come comportarsi in caso di anafilassi. In Italia, chi dichiara di essere allergico viene guardato come un rompiscatole.
Il problema sono le false diagnosi con test non scientifici che portano le persone a credersi allergiche, quando sono magari solo intolleranti. Il meccanismo di reazione è diverso. Se io tocco una forchetta “contaminata” rischio lo shock anafilattico istantaneo perché si scatena la reazione delle igE. L’intolleranza invece non è igE mediata, provoca disturbi anche importanti ma in genere sulla distanza e senza creare pericoli di vita. Sarebbe opportuno vietare i test fasulli nelle farmacie e affrontare con serietà il problema delle allergie alimentari. Mi è capitato un commensale che a metà di un piatto di pasta ha rimandato indietro il piatto perché aveva scoperto che c’erano le uova ed era allergico (diagnosi fatta dall’omeopata). Ecco, io non ho bisogno di saperlo, il mio organismo se ne accorge per me. Queste ambiguità però fanno sì che i ristoratori italiani prendano poco sul serio chi dichiara di avere un’allergia. Vi ringrazio quindi di aver preso in considerazione il problema e vi invito ad approfondirlo dal punto di vista scientifico e a diffondere il più possibile le informazioni corrette. Grazie.
Ogni tanto si ripropone la diatriba/confusione tra allergia ed intolleranza, causata da qualche raccomandazione che invece di far chiarezza e certezza medica, produce al massimo conflitti d’interesse.
Dati certi analitici medici per le allergie IgE mediate, con tutti gli strumenti possibili, per quelle persone che manifestano reazioni acute, solitamente respiratorie e cutanee.
Ricerca e sviluppo di metodi diagnostici fin qui non ancora pervenuti per le intolleranze, di cui si sa scientificamente quasi il nulla assoluto. Fatta eccezione per l’intolleranza al lattosio, ormai finalmente scoperta, riconosciuta ed al bisogno diagnosticabile.
Non vedo comprensione per il concetto d’intolleranza, che essendo problema metabolico-digestivo, è di pertinenza dei gastroenterologi e non degli immunologi.
Si può ritenere che un’intolleranza subdola non scoperta e sopportata per lungo tempo, producendo infiammazione cronica alle mucose gastrointestinali, possa produrre alla fine un’allergia. Ma poi si manifesteranno sintomi IgE mediati ed analizzabili con certezza.
Il capitolo intolleranze, purtroppo per le possibili ed indotte situazioni infiammatorie croniche, può causare altre patologie più preoccupanti delle già gravi reazioni allergiche.
Il mio invito quindi a chi si occupa di reazioni alimentari di smetterla di confondere due problematiche che in comune possono avere solo l’assunzione di cibo con criticità molto diverse e non sovrapponibili, solo allo scopo di raccomandare impropriamente l’inconosciuto.