Alcuni ricercatori dell’Università svedese di Gävle hanno offerto a 44 persone due tazzine identiche di caffè, dicendo loro che una delle due era di caffè biologico. Quando hanno chiesto quale dei due caffè era più buono, la maggior parte ha indicato quello apparentemente biologico.
Gli autori della ricerca, pubblicata PlosOne, osservano che sono sempre più i prodotti che in etichetta fanno riferimento al commercio equo-solidale e alla produzione biologica, richiamando alla mente del consumatore i concetti di responsabilità sociale e ambientale, con un forte impatto sulla nostra coscienza. Questi riferimenti di carattere morale sono capaci di influenzare la nostra disponibilità a pagarli di più ma anche il modo in cui noi percepiamo il gusto di questi alimenti, facendoli diventare i preferiti.
Nel caso del caffè, ad esempio, l’acquirente è portato a pensare che la produzione biologica possa evitare che i campi vengano irrorati con prodotti chimici, e che in assenza di certe sostanze anche il sapore sia migliore.
Beniamino Bonardi
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Purtroppo, sono poche le persone a sapere che il medodo biologico di produzione ha come fine la tutela dell’ambiente e non la sicurezza dli alimenti.La colpa però non è dei consumatori, ma delle istituzioni le quali, invece di fare informazione, fanno pubblicità ingannevole per il biologico. I continui e numerevoli scandali sulla falsificazione delle produzioni biologiche, dovrebbero convincere anche i più scettici che il biologico, sotto l’aspetto igienico sanitario non è assolutamente diverso dal tradizione. Un caso per tutti:Genova. Mele biologiche avvelenate a scuola:
dieci bambini intossicati
Io farei una distinzione di principio sulle definizioni che usiamo:
Biologico è il metodo che coltiva e trasforma, gli operatori di tutta la filiera alimentare sono esseri umani con tutti i loro limiti e responsabilità.
La malafede, le truffe ed i messaggi inagannevoli sono opera di persone che truffano in modo trasversale tutti i consumatori, con mille espedienti per averne un vantaggio illecito.
Siccome la filiera del biologico è immersa in questo mondo e non viene da un altro pianeta, non è esente dalle azioni truffaldine di operatori disonesti, presenti in tutti i settori delle attività umane.
Denigrare la Medicina come il metodo biologico, perché ci sono degli incopetenti o peggio dei truffatori, non penso sia corretto, ma in ogni campo bisogna distingure il bambino dall’acqua sporca.
Mai comprato prodotti biologici, non c’è alcuna garanzia che certifichi la salubrità del prodotto.
Angelo 41: condivido al 100%. Tra l’altro, il “biologico” batte il convenzionale 53 a 0 (morti, beninteso) – vedi germogli di soia biologici tedeschi.
Non è con le battaglie di religione che ci salviamo la vita.
Ci dobbiamo difendere e pretendere che le istituzioni ci difendano da tutti i pericoli celati nel cibo e nell’ambiente; alcuni esempi:
Metalli pesanti (cadmio, mercurio, arsenico, piombo…)- Fitofarmaci, antibiotici. ormoni.. – Microbi, muffe, virus… – Petrolio e derivati, diossina, asbesto, polveri sottili pm2…
Ma l’ignoranzs, l’incuria, l’avidità, la corruzione, ecc.. sono molto più pericolosi, perché sono all’origine di quello che troviamo poi nel cibo, nell’acqua e nell’aria chew respiriamo.
Io aggiungerei che oltre alle scritte “bio” (come anche quelle “made in” ) ci sono anche molte altre cose ad influenzare il consumatore durante l’acquisto, però se ne parla sempre poco
c’è qualcuno che sa quanto influenzano i colori di un prodotto scelti per la confezione durante l’acquisto?
oppure quanto influisce nella scelta di un prodotto la posizione fisica del prodotto in un supermercato?
ma sopratutto quanto influenzano gli slogan salutistici (a mio parere fuorvianti) utilizzati sulle confezioni (fa bene a , aiuta a , contiene x e y) e che sono ancor meno certificabili scientificamente ?
Da operatore del settore bio non resto sorpreso del risultato della ricerca.
Nel senso che è vero che il consumatore percepisce il marchio bio come qualcosa che oggettivamente rende il prodotto più buono.
Il che non è assolutamente vero.
Un prodotto può essere certificato bio e esente da ogni tipo di contaminazione ed avere un gusto pessimo. E lo dico a ragion veduta soprattutto perchè anche a me a volte escono delle vere ciofeche che poi fatico a vendere.
Non sono in accordo con i commenti che mi precedono sul fatto della serietà dei prodotti bio, che sono sempre e comunque i prodotti che subiscono piu’ controlli di tutta la filiera alimentare. E’ verissimo che ci sono stati scandali enormi, fra cui il primo fra tutti l’operazione “gatto con gli Stivali!
E’ giusto ricordare che l’operazione è nata da una segnalazione di Assobio alle autorità su un importatore che dall’est Europa importava quantità abnormi di Cereali bio! Sta di fatto che se voi andate al supermercato, potrete trovare passata di pomodoro bio e vino bio a prezzo inverosimili, tipo 0.80 cent. a confezione per la passata e 1.20 il vino.
Chi è del settore o acquista bio periodicamente sa che non può pretendere il massimo del sapore.
Stessa cosa sono le mense, che pretendono prodotto bio a prezzi impossibili, schiacciati sulla riga del prodotto convenzionale.
Da qui nasce il problema di qualche commerciante che prova a fare il furbo per starci dentro come il caso delle mele della mensa scolastica a Genova.
In definitiva l’articolo per me dice il vero, il consumatore si fa attirare dalla comunicazione del marchio, in questo caso il biologico, ma pensate che sono venti anni che ci spacciano bevande gassate senza zucchero per light e salutari. La potenza della comunicazione fa il proprio mestiere.
Una cosa buona nel settore Bio è che solitamente il consumatore è molto informato in fatto di alimentazione e qualità dei prodotti è meno facile raccontare storielle e se vieni smascherato la figuraccia te la tiri addosso per anni. Anche questa è una buona forma di salvaguardia.
P.s. Va comunque ricordato che acquistare biologico vuol dire anche spendere soldi per un prodotto che ha un’impronta ecologica più leggera e che è stato prodotto inquinando molto meno che un prodotto convenzionale, anche questo muove il consumatore verso al scelta del biologico.
Da addetto ai lavori ad operatore onesto del bio, conosco e condivido le difficoltà e per tenere alto il livello qualitativo dei prodotti biologici, mi permetto di suggerire due soluzioni che per quelle produzioni poco “vendibili”
che possono squalificare il proprio marchio:
– vendere le partite come convenzionali per recuperare almeno le spese
– vendere il prodotto non perfetto destinandolo ad uso animale, anche qui si recuperano le spese e gli animali, l’ambiente ed i consumatori ringraziano.