Due studi – molto diversi tra loro – mettono ancora una volta sotto accusa gli alimenti ultraprocessati, il cui consumo regolare sarebbe associato a diverse conseguenze negative per la salute. Il primo arriva dalla Gran Bretagna, dove i pediatri dell’Imperial College di Londra hanno potuto per la prima volta associare l’alimentazione all’andamento della salute in un gruppo di oltre 9.000 ragazzi nati negli anni novanta e seguiti dai 7 ai 24 anni.
Studi simili, finora, erano stati condotti basandosi su deduzioni e incroci di dati, ma in questo caso, come sottolineato dagli autori su JAMA Pediatrics, i ragazzi selezionati sono stati seguiti costantemente. Il quadro che è emerso è così preoccupante che gli autori hanno chiesto un’azione urgente e immediata, perché si scoperto che, in media, il 40% del cibo in peso e addirittura il 60% delle calorie arriva da un junk food o, più in generale, da un ultraprocessato, o da una bevanda dolce, e che un ragazzo su cinque prende da questi prodotti il 78% delle sue calorie. Maggiore è la proporzione di questo tipo di alimento, peggiore è la condizione di salute. Ciò spiega perché i giovani inglesi abbiano tassi elevatissimi di obesità e si predispongano così a una vita di malattie, e fa capire anche come intervenire, visto che il junk food, per ora, è disponibile ovunque, costa pochissimo ed è anche molto pubblicizzato. Nello studio, i bambini e ragazzi sono stati controllati all’età di 7, 10 e 13 anni, mentre ogni tre giorni le loro famiglie compilavano un diario alimentare. Nel frattempo, per non meno di 17 anni per ciascuno, dei partecipanti sono stati costantemente controllati indice di massa corporeo, circonferenza, peso e grasso.
Per quanto riguarda l’alimentazione, i partecipanti sono stati suddivisi in cinque gruppi in base alla quantità di ultraprocessati assunti: in quello migliore, questi ultimi rappresentavano il 23,2% della dieta (in peso), mentre in quello peggiore il 67,8%. Tra i prodotti più presenti vi erano per i più virtuosi alimenti quali yogurt, frutta fresca, acqua, mentre per i meno attenti alla dieta le bevande dolci a base di frutta e quelle gasate, i pasti pronti, i prodotti da forno e i dolci industriali. In generale, poi, si è vista una stretta correlazione tra qualità scadente della dieta e rapido peggioramento degli indici di salute, evidente già a nove anni. A 24 anni, i ragazzi che avevano mangiato peggio avevano un BMI superiore di 1,2 rispetto a quelli che avevano mangiato meglio, pesavano 3,7 kg in più, avevano l’1,5% di grasso in più e una circonferenza della vita più ampia di 3,1 cm.
Intervenire è dunque urgente, e secondo gli esperti dell’Imperial College è indispensabile emettere linee guida specifiche, che promuovano molto più di quanto non accada ora un’alimentazione più sana, analogamente a quanto avvenuto per esempio in Brasile, Israele, Uruguay, Francia e Belgio. Contemporaneamente, bisogna imporre nuove norme per le etichette, in modo che la qualità dei cibi sia immediatamente comprensibile, limitare la pubblicità in ogni sua forma e imporre una tassazione che scoraggi gli acquisti. Nel frattempo bisogna sostenere la ricerca, per capire meglio perché gli alimenti industriali abbiano questi effetti.
Il secondo studio ha preso in esame una popolazione del tutto diversa: poco meno di 400 camionisti che percorrevano tra i 50.000 e i 100.000 km all’anno da almeno 10 anni. In questo caso, lo scopo era capire se vi fosse o meno un’associazione tra cibo scadente e sicurezza della guida e, a tal fine, gli autori (ricercatori dell’Università di Pechino, in Cina) hanno chiesto ai camionisti quanto spesso avessero mangiato uno tra 25 alimenti nei 12 mesi precedenti. Allo stesso tempo, hanno sottoposto loro un questionario sull’affaticamento con una scala in 5 punti. Come riferito su Occupational & Environmental Medicine, i partecipanti sono stati suddivisi in 4 gruppi in base al tipo di alimentazione: ricca di vegetali, oppure di amidi (con farine non raffinate, latticini, uova); con molte proteine animali (pesce e pollo) o con molti snacks (intesi come junk food, compresi alimenti fritti, dolci industriali e così via e bevande dolci).
Per quanto riguarda la concentrazione, la dieta peggiore è risultata essere quella con molte proteine animali, mentre per la sicurezza, oltre a quest’ultima, anche quella con il junk food. Viceversa: una dieta sana è risultata associata a una condizione di benessere più evidente, a un minore affaticamento e a maggiore attenzione alla guida. Si conferma dunque così anche l’associazione tra alimenti con calorie “vuote” e un peggior funzionamento del sistema nervoso e del metabolismo. Effetto che, nel caso degli autisti, può tradursi anche in un abbassamento dei livelli di sicurezza.
Giornalista scientifica
“il junk food, per ora, è disponibile ovunque, costa pochissimo ed è anche molto pubblicizzato.”
Perfetto.