La dicitura ‘rich-in’, presente su cibi che in etichetta si dichiarano arricchiti di un particolare componente, è ormai entrata a far parte del nostro linguaggio. Nell’immaginario collettivo, ormai è sinonimo di “alimento migliore per il nostro organismo e per la salute”. Ma sino a che punto questo racconto è vero? Parleremo degli alimenti ricchi di proteine (o iperproteici) e di quanto la loro introduzione nel mercato abbia un obiettivo salutistico o piuttosto di business. Consideriamo infatti che il costo, sul quale incidono tutta una serie di dettagli come la confezione e il claim, arriva a essere il doppio rispetto al prodotto standard.
Altroconsumo e l’Osservatorio Immagino GS1 Italy hanno portato avanti due analisi riferite ai cibi proteici, facendo un paragone con l’alimento tradizionale, sia dal punto di vista della composizione che del prezzo, e analizzando l’incremento di richiesta e di vendita. Se da un lato c’è un’importante differenza economica non possiamo dire lo stesso per la composizione, dato che le differenze non sembrano essere così importanti.
L’indagine di Altroconsumo sugli alimenti ricchi di proteine
Il monitoraggio di Altroconsumo ha messo in evidenza due aspetti fondamentali sui prodotti iper proteici: la composizione e le differenze nutrizionali con il prodotto tradizionale e il costo. La prima osservazione che Altroconsumo porta alla nostra attenzione riguarda le strategie di marketing. Il claim ‘high protein’ riportato sulle confezioni, spesso nere e dall’aspetto elegante, con un packaging che rimanda all’universo del fitness e delle palestre è un chiaro riferimento allo sport e all’aumento della massa muscolare. Anche la collocazione sugli scaffali dei supermercati segue le dinamiche della narrazione.
Ma per quale tipologia di consumatore è utile l’aumento dell’apporto proteico? Realmente il contenuto di proteine è così rilevante rispetto al loro alter ego tradizionale? Sicuramente non per la popolazione italiana tipo che, grazie alla Dieta Mediterranea e al consumo di alimenti naturalmente fonti di proteine come carni bianche, pesce, uova formaggi e legumi, non rientra tra quelle a rischio di carenza proteica. Le categorie che potrebbero necessitare di una compensazione in questo senso forse potrebbero essere vegani e vegetariani. Tuttavia, dal messaggio presente sulle etichette che fa riferimento spesso al mondo dello sport e all’aumento della massa muscolare, sembra che i principali destinatari di questi prodotti siano gli sportivi.
Cibi ricchi di proteine: confronto tra prodotti
La composizione di questi prodotti, come emerso dall’analisi di Altroconsumo che ha confrontato la versione tradizionale e quella iper proteica di alcuni alimenti tra cui latte, yogurt, cereali per colazione e bevande vegetali, ha rilevato che, dal punto di vista nutrizionale, non ci sono differenze sostanziali. Il contenuto è poco più alto, se non simile, rispetto ai prodotti analoghi che non fanno parte dei rich-in.
Interessante l’esempio dello yogurt greco che, pur non essendo tra quelli arricchiti, contiene un quantitativo di proteine maggiore rispetto allo yogurt classico. Tra i dessert freschi definiti iperproteici in realtà, su 100 grammi di prodotto, il quantitativo di proteine presente è lo stesso dello yogurt greco o di poco maggiore. Inoltre, a differenza dello yogurt greco, questi contengono degli ingredienti in più, come addensanti, coloranti e aromi.
Da non sottovalutare l’attenzione da porre alla lettura delle etichette da parte del consumatore, poiché la cifra che indica il contenuto di proteine in alcuni casi si riferisce a tutta la confezione, mentre il quantitativo per porzione è riportato in caratteri più piccoli.
L’analisi dell’Osservatorio Immagino
L’Osservatorio Immagino, nato dalla collaborazione tra GS1 Italy e NielsenIQ, ha fotografato l’incremento della presenza di alcuni gruppi di alimenti della categoria rich-in presenti nei supermercati incrociando le informazioni riportate sulle etichette di oltre 136 mila prodotti di largo consumo (a giugno 2023) .”
A dominare il mondo dei rich-in sono le proteine. Dall’Osservatorio è infatti emerso che, sulle etichette di ben 3.212 prodotti, pari al 3,8% del totale food, viene segnalato il claim ‘proteine’. Il giro d’affari degli alimenti proteici è di oltre 1,7 miliardi di euro, il 5,1% del totale. L’incremento degli acquisti di questi prodotti è stato del 19,6% da giugno 2022 a giugno 2023, (sostenuto anche dall’aumento dell’inflazione) con un aumento dei volumi del 4,5%. Le categorie protagoniste della crescita sono dessert e latte nel reparto dei freschi, gli alimenti per gli sportivi, il formaggio grana e altri stagionati.
Prodotti rich-in amati dai consumatori
L’Osservatorio Immagino spiega come la categoria dei prodotti rich-in rappresenti oggi “un plus importante nelle scelte d’acquisto degli italiani”. I prodotti arricchiti di un ingrediente o di un componente considerato benefico se presente in quantitativo maggiore rispetto al suo alter ego tradizionale, occupano un posto importante nelle scelte di acquisto. Tuttavia restano sempre gli interrogativi sull’effettiva necessità di consumare questi prodotti e su quanto siano realmente salutari per noi. Non ultimo, torna sempre il tema della sostenibilità: nuovi prodotti, nuovi packaging ma anche aumento degli spazi espositivi all’interno dei supermercati e di tutte le dinamiche di approvvigionamento.
Sicuramente i consumatori devono porre maggiore attenzione alle etichette prima di acquistare. È importante capire se davvero quel prodotto corrisponde al claim e verificarne la composizione. Anche perché, come è emerso dall’analisi di Altroconsumo, se non sempre dal consumo di uno o dell’altro alimento il nostro organismo ne riceve un beneficio che ne giustifichi l’acquisto, dall’altro lato le nostre tasche invece ne risentiranno di sicuro.
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