Due ragazze adolescenti bevono birra all'aperto dalle bottiglie

smiling teenagers sitting on stairs, drinking beer and talkingNegli ultimi anni, nonostante le tante dichiarazioni di intenti e una specifica legge, i produttori americani non hanno diminuito di molto le vendite di alcolici ai minorenni. C’è stato un piccolo calo, ma l’alcol resta sempre la prima sostanza d’abuso tra i 12 e i 20 anni, e i consumatori più giovani continuano a garantire introiti a nove zeri. Questo il quadro contenuto nel primo studio condotto dopo vent’anni dall’ultima indagine di questo genere dai ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e delle Università di Boston e del North Carolina, e pubblicato sul Journal of Studies on Alcohol and Drugs.

Per condurre l’analisi, i ricercatori si sono avvalsi di questionari nazionali relativi al periodo 2011-2016 nei quali si chiedeva, tra l’altro, se si erano consumati alcolici nei 30 giorni precedenti, di che tipo, e in che volumi. Parallelamente, hanno attinto ai dati di vendita dello stesso periodo contenuti nel database Impact Databank, e li hanno poi messi a confronto. È così emerso che nel 2011 i ragazzi con meno di 21 anni avevano bevuto l’11,73% degli alcolici venduti. Nel 2016 questa percentuale era scesa all’8,6%. Per quanto riguarda i guadagni, su un totale di 208 miliardi di dollari, nel 2011 le bevande alcoliche vendute ai minorenni ne avevano fruttati 20,9. Nel 2016, su 237,1 miliardi di fatturato, i consumi degli adolescenti ne hanno generati 17,5. Controllando poi i marchi dei prodotti venduti, il 44% di tutti gli alcolici consumati dai ragazzi proveniva da tre grandi aziende (AB Inbev, MillerCoors e Diageo) che, da sole, avrebbero quindi grandi responsabilità.

I grandi produttori di alcolici continuano a guadagnare miliardi di dollari grazie ai consumi dei minorenni, nonostante gli impegni a non vendere alcol ai ragazzi

La tendenza a una sostanziale stabilità, o a un calo troppo lento, è preoccupante: secondo i CDC di Atlanta ogni anno, tra gli under 21, l’alcol è direttamente responsabile di 3.500 morti. Ma ciò che, secondo gli autori, risulta particolarmente negativo, è la generale sottovalutazione del fenomeno. Già nel 2003 – ricordano – l’Institute of Medicine and National Research Council, board di consulenti del Congresso americano sulle materie mediche, aveva invitato i legislatori a prendere provvedimenti urgenti, anche perché era già emerso (ed è stato confermato negli anni successivi, anche dallo stesso gruppo di autori), un marketing più o meno nascosto, ma molto aggressivo,  rivolto proprio ai più giovani. L’appello sembrava essere stato raccolto, visto che nel 2006 il Congresso ha varato uno stanziamento di 18 milioni di dollari da utilizzare per politiche di prevenzione del consumo di alcolici tra i minorenni. Ma quel denaro è stato speso solo in parte. E anche la tassazione esistente, sospesa nel 2017 da Donald Trump nell’ambito di una riduzione generale delle tasse, non è mai stata ripristinata e, anzi, è diventata definitiva.

Tutto ciò descrive un quadro generale nel quale non c’è consapevolezza dei rischi e dei costi sociali derivanti da un elevato consumo di alcol in queste fasce d’età. La speranza è che i nuovi dati possano essere di stimolo per nuove iniziative, e per reintrodurre almeno la tassazione specifica.

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Claudio
Claudio
5 Luglio 2021 11:26

La bisboccia è un perfetto surrogato di felicità da che mondo è mondo.

Alcol, junk food, droghe, farmaci sono pratiche diffuse e consolidate in tutti gli strati sociali negli USA.