Buongiorno! Come già in passato, approfitto della competenza dell’avvocato Dario Dongo sottoponendo un dubbio relativo all’applicazione del Reg UE 1169/2011: l’aglio va considerato come un allergene in quanto contiene composti solforati (ai sensi dell’allegato II – punto 12)? Vi ringrazio molto. Cristina
Risponde Dario Dongo avvocato esperto in diritto alimentare
L’aglio non è stato incluso dal legislatore nella lista degli allergeni, cogliamo però l’occasione per ricordare alcuni concetti essenziali.
1) Il dovere di informazione specifica sulla presenza di ingredienti allergenici in un prodotto alimentare – anche solo in tracce, o in forma alterata – è limitato alle sole sostanze indicate nel tassativo elenco comunitario, e al di fuori di alcuni loro derivati pure espressamente citati (reg. UE ora ripreso 1169/2011, Allegato 2). Si noti bene che l’elenco riferisce a “grano” e non a “glutine”, a “mandorle, nocciole, noci (…)” e non a “frutta secca con guscio” e che è agli ingredienti citati nell’elenco comunitario che ci si deve riferire.
2) Gli allergeni devono venire citati nell’elenco ingredienti, seguendo il consueto ordine ponderale decrescente. Quando l’operatore responsabile dell’informazione al consumatore non è in grado di garantire l’assenza di taluni allergeni a causa di contaminazioni accidentali, deve concludere l’esposizione della lista ingredienti con una dicitura del tipo “Può contenere” o “Può contenere tracce di …”. Diciture del tipo “Prodotto in uno stabilimento ove sono presenti/si lavorano …” non sono previste dal dettato legislativo e devono ritenersi non ammissibili, proprio in quanto avulse dalla notizia sul contenuto del prodotto e invece riferite a condizioni produttive prive di rilievo per il consumatore.
3) A decorrere dal 14 dicembre 2014, in virtù dell’applicazione del regolamento (UE) 1169/11, la parola chiave che esprime l’allergene deve venire evidenziata (es. farina di grano tenero) e il dovere di informazione si estende alla vendita di prodotti sfusi o incartati ai fini della vendita diretta (regola valida anche per i “preincartati”).
A tale proposito vale la pena evidenziare la più ricorrente delle violazioni di legge, il cosiddetto “cartello unico degli ingredienti”. Panetterie e salumerie, gastronomie, pasticcerie e gelaterie devono esporre l’elenco specifico degli ingredienti – ora, con evidenza grafica degli allergeni – di ciascuno dei prodotti esposti. Le liste generiche non hanno alcun significato per i consumatori allergici e non assolvono il dovere di legge.
Dario Dongo
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Avvocato, giornalista. Twitter: @ItalyFoodTrade
Buongiorno, mi piacerebbe avere da lei un chiarimento sull’allergene grano.
Secondo il Reg. Eu 78/2014 se un prodotto è a base di farro, bisogna evidenziare la parola “farro” oppure dopo farro va scritto anche la parola grano?
Ad esempio se l’ingrediente è “farina di farro” evidenzierei la parola farro, ma stando al nuovo regolamento dovrei forse scrivere “farina di farro (grano)”?.
Grazie
Alcune considerazioni: mi sembra che il cartello unico degli ingredienti, almeno per ora, rimanga valido visto l’art. 44 del Reg. CE 1169/11 che rimanda alle norme nazionali per gli alimenti non preimballati. E in merito alla necessità di indicare la presenza degli allergeni nei prodotti sfusi mi sembra che a livello europeo (FAQ 1169 DG SANCO, ma anche lo stesso art. 44) venga valutata la possibilità che gli stati membri possano prevedere anche la possibilità di eventuali informative verbali.
Inoltre secondo l’art. 36 dello stesso Reg. CE potranno essere stabilite regole su informazioni volontarie di presenza incidentale di allergeni negli alimenti, ma ad oggi non mi risulta che tali regole esistano.
Dunque condivido le indicazioni dell’avv. Dongo, ma per ora mi sembrano più dei consigli che degli obblighi.
A mio parere ci sono tre livelli di contaminazione di sostanze allergeniche:
– quelle che contengono direttamente la sostanza (es. glutine nei cereali la cui proteina ne è costituita)
– le tracce di contaminazione crociata, dovuta a produzioni contaminate da altre produzioni con gli stessi impianti, anche se lavati e puliti, ma che ne mantengono la pericolosità d’inquinamento anche accidentale (es. latte nel cioccolato fondente, mandorla nelle creme di nocciola, ecc..)
– le tracce impreviste ed imprevedibili, dovute ai trasporti di materie prime diverse, le polveri vaganti, i residui imponderabili nei liquidi di processo, le fermentazioni spontanee e le contaminazioni microbiche, ecc..
Per le prime due si può e si deve provvedere normando, prima in produzione, ma sostanzialmente in etichetta, per avvertire il consumatore della potenziale pericolosità.
Per la terza categoria non c’è norma ne principio precauzionale che possa prevenire, gestire ne normare, in quanto ritengo impossibile evitare l’imponderabile,
quindi evenienza gestibile a livello terapeutico poco invasivo, visto la rarità e non gravità degli eventi avversi.
E’ come se pretendessimo di risolvere il problema delle allergie alla polvere, agli acari, ai peli degli animali, ma anche al freddo, al caldo, agli antipatici, ecc.. eliminando dal mondo la presenza di tali allergeni.
E’ molto più semplice ed efficare abbassare, in terapia la soglia reattiva di questi pazienti ipersensibili.
La mia è una domanda per l’avvocato : nei ristoranti è necessario esporre gli ingredienti per pietanza con evidenziati gli allergeni ?