Troppo sale, si sa, fa male alla salute. Ma in quale misura? Quanto l’eccesso di sale, che caratterizza la dieta di una porzione significativa della popolazione mondiale, influenza il rischio di ammalarsi e, di conseguenza, di morire? Per rispondere a questa domanda in un modo il più possibile esaustivo e aderente alla realtà, i ricercatori della Tulane University di New Orleans, insieme ai colleghi di altri centri, hanno analizzato i dati contenuti in uno dei più grandi database medici attivi nel mondo, la UK Biobank e, in particolare, quelli di circa 500mila persone reclutate tra il 2006 e il 2010 cui era stato chiesto di indicare l’eventuale abitudine ad aggiungere sale alle pietanze.
I partecipanti sono stati seguiti in media per nove anni, periodo nel quale si sono verificati poco meno di 18.500 decessi prematuri (cioè di persone con meno di 75 anni di età) e, in base a ciò che avevano dichiarato, sono stati suddivisi tra chi non aggiungevano mai sale, oppure solo sporadicamente, regolarmente o sempre. Verificando l’esistenza di un eventuale nesso tra decessi prematuri e le abitudini in merito al sale, gli autori hanno dimostrato che la morte prima dei 75 anni è più frequente (del 28%) tra chi è solito insaporire qualunque pietanza con un’aggiunta di sale. Nella popolazione generale tra i 40 e i 69 anni, si registrano tre decessi in più ogni cento persone, e l’aggiunta abituale di sale, secondo quanto osservato in questo studio, comporterebbe una morte prematura in più ogni cento persone. E lo si vede anche nell’aspettativa di vita: a cinquant’anni, chi mette sempre sale in più ha un’aspettativa di vita inferiore di 1,5 anni se donna, e 2,28 anni se uomo, rispetto a chi non ne aggiunge mai.
Per fortuna, dai dati è emerso anche un comportamento che può contrastare, almeno in parte, i danni associati all’eccesso di sodio: chi consuma molta frutta e verdura sembra mostrare un’attenuazione delle conseguenze negative, anche se per il momento quanto osservato non è statisticamente significativo e non vengono dunque fornite indicazioni specifiche. Potrebbe trattarsi – hanno ipotizzato gli autori – di un effetto benefico esercitato dal potassio, di cui i vegetali freschi sono ricchi.
I ricercatori hanno poi illustrato, sullo European Heart Journal, la scelta di prendere come parametro di riferimento l’aggiunta volontaria di sale: sempre più spesso si consumano alimenti confezionati o piatti pronti, nei quali il contenuto di sale è mediamente molto alto, ma anche assai eterogeneo. È dunque molto difficile compiere una valutazione prendendo come riferimento il cibo in generale. Per questo loro hanno pensato di valutare l’abitudine, molto diffusa, ad aggiungerne: si stima infatti che questo tipo di consuetudine fornisca tra il 6 e il 20% del sale quotidiano.
Il legame tra sodio e mortalità resta comunque da chiarire, almeno per alcuni aspetti, perché il sale è indispensabile al mantenimento della salute e perché un livello troppo basso può, a sua volta, essere pericoloso: il punto è e resta stabilire un equilibrio, secondo alcuni nutrizionisti, non ancora raggiunto. Lo studio, poi, presenta alcuni limiti perché, per esempio, l’aggiunta di sale potrebbe essere indicativa di pessime abitudini alimentari in generale che, a loro volta, potrebbero contribuire ad aumentare il rischio di morte. Inoltre non c’è alcun dato quantitativo sul sodio aggiunto, e ciò rende lo studio difficile da utilizzare ai fini, per esempio, di consigli sulla quantità massima da assumere giornalmente.
In ogni caso, il consiglio finale si dovrebbe seguire senza esitazioni: visto che la stragrande maggioranza degli alimenti che si consumano (in Occidente) contiene già quantità elevate, quando non decisamente eccessive, di sodio, è preferibile evitare di aggiungere sale a tavola, e soprattutto non trasformare il gesto in un’abitudine.
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Giornalista scientifica
Chi consiglia di evitare il sale, altri di assumerne un po’ di quello iodato per evitare problemi con la tiroide. Meglio assumerlo o evitarlo del tutto. Sono più i rischi che i benefici? Grazie