Acrilammide: come ridurre la sostanza cancerogena che si forma nel pane, patate fritte e caffè? I consigli per consumatori e professionisti in vista del nuovo Regolamento europeo
Acrilammide: come ridurre la sostanza cancerogena che si forma nel pane, patate fritte e caffè? I consigli per consumatori e professionisti in vista del nuovo Regolamento europeo
Redazione 29 Gennaio 2018L’11 aprile 2018 entrerà in vigore il Regolamento (Ue) 2017/2158, che obbliga cuochi, pasticceri ed industrie a ridurre i livelli di acrilammide nei loro prodotti. Per evitare questa sostanza, infatti, non basta acquistare prodotti biologici o caratterizzati da altre certificazioni alimentari, come quelli senza glutine o vegani, né acquistando prodotti integrali. Anzi, in quest’ultimo caso, la produzione di acrilammide in cottura è accentuata. Bisogna, quindi, intervenire a livello dei processi produttivi.
L’acrilammide è una sostanza che può formarsi, in modo del tutto naturale, durante la cottura dei prodotti amidacei contenenti zucchero e l’amminoacido asparagina, come patate, cereali, caffè, pane, pizza, biscotti e fette biscottate. Si sviluppa quando la cottura avviene a temperature superiori ai 120 gradi, come accade durante la frittura, la cottura al forno e alla griglia. Un alto contenuto di asparagina, 100 volte in più della farina di frumento, è presente soprattutto nelle patate, ragione per cui possono sviluppare quantità elevate di acrilammide. La crosta nera del pane, ad esempio, ne sviluppa una quantità pari a 200 microgrammi/kg, mentre la crosta nera delle patate arriva fino a 2.000-10.000 microgrammi/kg.
L’acrilammide è una sostanza genotossica e cancerogena, ovvero può provocare mutazioni del nostro DNA aumentando il rischio di tumore. Nel 2015 l’Efsa (Autorita europea per la sicurezza alimentare) ha dichiarato che sebbene non esista una dose sicura, è possibile stabilire una dose con effetto trascurabile, che per un uomo di 60 kg, tenuto presente il margine di esposizione, equivale a un microgrammo al giorno di acrilammide, ovvero la quantità che possiamo riscontrare in 1 g di patate chips, 3 g di patate fritte, 4 g di biscotti e 3 g di Plasmon Primi Mesi. Il parere definitivo Efsa è di forte preoccupazione: tutti in Europa siamo esposti e i bambini, in virtù del largo consumo di alimenti a rischio (patatine fritte, biscotti, pane, fette biscottate, cracker) e del loro modesto peso corporeo, risultano essere i soggetti più esposti a questa sostanza, fino a 10 volte di più rispetto agli adulti.
Monitorare ed evitare la formazione di acrilammide in cottura è possibile. Per farlo è necessario seguire precisi accorgimenti che riguardano i metodi e i tempi di cottura degli alimenti e anche la scelta delle materie prime. Il contenuto è maggiore quando il prodotto alimentare sviluppa un colore più scuro in seguito alla cottura. Fra i principali alimenti imputati vi sono i bordi scuri della pizza, il pane ben cotto e cereali per la colazione. L’Art Joins Nutrition Academy in collaborazione con l’Università degli Studi di Parma, nel 2016 ha svolto una ricerca con lo scopo di mettere a punto il miglior metodo di cottura di pane, pizza e patate. La ricerca indica come monitorare ed evitare la formazione di acrilammide negli alimenti. Questo studio, infatti, ha rivelato che il contenuto della molecola cancerogena è proporzionale al colore dei prodotti e che ci sono precise condizioni di ricettazione, preparazione e cotture che ne riducono drasticamente la formazione.
Esistono alcuni accorgimenti da usare nella preparazione domestica degli alimenti che permettono di ridurre la quantità di acrilammide. L’Efsa consiglia di non conservare le patate crude in frigorifero e di lasciarle in ammollo nell’acqua per almeno 30 minuti prima della cottura. Anche i tempi dovrebbero essere ridotti al minimo, evitando la doratura eccessiva nelle fritture, preferendo il cibo bollito o cucinato con il microonde. Ecco le raccomandazioni stilate da Arts Joins Nutrition Academy.
Patate
- Conservarle a temperatura ambiente superiore a 8°C. A temperature inferiori sviluppano più zuccheri riducenti.
- Prediligerle appena raccolte. Le patate si raccolgono tutto l’anno ma soprattutto durante i mesi estivi. Durante lo stoccaggio, nei mesi successivi alla raccolta si sviluppano più zuccheri riducenti.
- Scegliere le varietà che contengono poca asparagina e/o zuccheri riducenti come gria, Jelli e Spunta.
- Tagliarle in modo uniforme scartando eventuali residui e pezzi troppo piccoli che durante la cottura potrebbero scurirsi più facilmente.
- Sbollentarle per 6-8 minuti in acqua e aceto prima di friggerle o cuocerle al forno (14 g di aceto per ogni litro di acqua di cottura). L’ambiente acido rallenta la formazione di acrilammide.
- Per friggerle aggiungere 1 grammo di estratto di rosmarino in un litro di olio.
- Per le patate al forno i riferimenti consigliati sono : 150-160°C per 30-40 minuti, meglio se con un 25% di vapore. Usare la carta forno per evitare che si brucino a contatto con la teglia e disporle ben stese in modo che cuociano in modo omogeneo. Seguendo queste indicazioni si riduce la formazione di acrilammide e si ottengono patate dorate e croccanti.
- Controllare sempre il colore durante la cottura, queste devono risultare dorate e non marroncine.
- Mettere in ammollo le patate con estratto di tè verde per 1 minuto prima di cuocerle al forno o friggerle (1 g di estratto per litro di acqua): l’acrilammide si riduce del 62%. Il livello di doratura è fondamentale per capire quanta acrilammide ci sia in un prodotto da forno
Cereali, pane, pizza, dolci
- La farina di segale e quelle integrali producono maggiori quantità di acrilammide. È preferibile utilizzare farine raffinate addizionate con altre fibre, come ad esempio la fibra di bambù o l’inulina (reperibili in erboristeria o farmacia), in questo modo si riduce la formazione di acrilammide senza rinunciare alla fibra che rappresenta pur sempre un importante nutriente per la salute. Se si preferiscono i prodotti integrali il colore deve essere appena dorato.
- Prediligere una lievitazione più lunga, i lieviti si nutrono degli zuccheri che si formano in seguito alla scissione dell’amido della farina. In questo modo diminuisce la quantità di zuccheri riducenti responsabili della formazione di acrilammide.
- Quando si prepara una panatura aggiungere un 3% di foglie di tè verde al pangrattato: l’acrilammide diminuisce del 50% circa.
- Prediligere cotture più lunghe ma a temperatura più basse. L’acrilammide si forma più velocemente a temperature superiori a 180°C.
- L’aggiunta alla farina di segale e di grano saraceno di un 2% di noce moscata, finocchio, anice e chiodi di garofano riduce la formazione del 20% circa.
- Controllare sempre che il colore degli alimenti sia dorato e non marroncino.
Se queste sono le buone norme da applicare a casa, a cuochi, pasticceri, pizzaioli ed industrie alimentari il nuovo Regolamento europeo impone di inserire nel piano HACCP la valutazione del rischio di formazione di acrilammide relativo al proprio lavoro e le strategie messe in pratica atte a ridurre la formazione di questa sostanza cancerogena.
Per questo il 12 febbraio si terrà a Parma un corso di aggiornamento professionale organizzato da Art Joins Nutrition Academy, rivolto a tutti i professionisti nel settore del food e della salute, sull’acrilammide e sulle tecniche volte a monitorare ed evitare la sua formazione nei prodotti. Il corso sarà tenuto in una delle sedi dell’Accademia in cui è presente una cucina e tutta la strumentazione necessaria, proprio per permettere di acquisire non solo conoscenze teoriche ma anche pratiche (per ulteriori informazioni clicca qui).
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Sono contenta che pubblicate queste informazioni almeno i giovani capiscano come si procede grazie
Di solito vi segue con tanto interesse. Ma stavolta magari mi spiegate come ha fatto l’umanità a sopravvivere per tutto questo tempo mangiando pane anche ben cotto e in seguito anche le patate e le pizze. Del resto non parliamo neanche. Qui ci si deve davvero togliere il vizio di mangiare per non morire? (Ironia!)
Ma quindi? Prima dicono che assolutamente! si deve evitare la farina raffinata, meglio l integrale la segale eccecc. adesso invece …assolutamente solo farina raffinata , no segale, Booh!
Potreste approfondire il discorso dell’acrilammide legato al caffè? Molte grazie
Claudio B.
le scoperte scientifiche più recenti spesso seppelliscono quelle più datate, contraddicendo ciò che prima era raccomandato. tutto dipende dal tipo di novità che si viene di volta in volta a conoscere, per cui, quanto appartiene al nostro sapere è in continua evoluzione. alla luce (fioca) di quanto espresso, appare inutile ed irrazionale maledire la scienza per i consigli dati sull’alimentazione…
e per il caffè?
Se non si trattasse di un vero problema sanitario, vista la dimostrata cancerogenicità dell’acrilammide, sembrerebbe molto maggiore del glifosato a cui si fa una guerra mondiale anche a livello politico , sembrerebbe stia nascendo un’azione di marketing per promuovere e lanciare in grande stile il the verde ed il suo estratto, di cui non ci è dato sapere a quale componente chimica si debba l’azione protettiva nella formazione di acrilammide.
Certo è che finora, dall’inizio dell’umanità, di acrilammide l’uomo a tutte le età si è cibato a gogò. E ora, come faremo? E’ cominciato uno studio epidemiologico dato che i livelli medi di assunzione sono praticamente noti?
Mi unisco a Brigida e aggiungo che forse il pane era molto più bruciacchiato quando lo si faceva nei forni a legna e costituiva il 70% del cibo per la quasi totalità della popolazione. Inoltre leggendo l’altro Vs. articolo sull’acrilammide apprendo che secondo l’EFSA “Per un uomo di 60 kg la quantità “innocua” è (0,17 x 60)/10.000 = 1 microgrammo al giorno di acrilammide. Si tratta di un valore che possiamo trovare in 1 g di patate chips, 3 g di patate fritte o al forno, 4 g di biscotti (dati riportati dalle ricerche Efsa)”.
Risponde Chiara Manzi
Le ricette “della nonna” a volte non sono così salutari come si pensa e alla luce della ricerca scientifica di oggi possiamo cucinarle in modo più sano, come spieghiamo nell’articolo.
Oggi quando entriamo in cucina dobbiamo chiederci: questa ricetta della tradizione fa bene alla salute? Se la risposta è NO, abbiamo il dovere far evolvere la ricetta, lasciando intatti gli ingredienti e il gusto ma modificando i metodi di cottura in modo che faccia anche bene!