Negli ultimi anni i sistemi di coltivazione e allevamento idroponici sono al centro di molti studi perché rappresentano, potenzialmente, ottimi modelli per allevare pesce e crescere ortaggi in cicli circolari, con un’impronta finale bassissima, quando non neutra o addirittura positiva. Tuttavia non hanno ancora preso realmente piede per i costi iniziali e perché permangono ancora diversi ostacoli tecnici. Ora però uno studio condotto sul campo, in un impianto tedesco chiamato Mueritzfischer, installato a Waren (vicino a Mueritz) dai ricercatori del Leibniz-Institute of Freshwater Ecology e delle Inland Fisheries (IGB), risponde a molti quesiti, e dimostra che l’acquaponica può essere conveniente dal punto di vista ambientale ed economico.
In generale gli allevamenti prevedono come nutrimento per i pesci microalghe oppure, quando non è possibile, mangimi. Le deiezioni vengono poi utilizzate come concime per piante che filtrano acqua e aria, restituendole pulite ed evitando così il ricorso ad appositi strumenti.
Come raccontato su Aquaculture Research lo stabilimento tedesco si estende per 570 metri quadrati, produce pomodori e alleva pesci gatto africani (Clarias gariepinus). Il tutto è stato finanziato con il progetto europeo INAPRO (da Innovative Aquaponics for Professional Application), e durante questa fase ha richiesto un investimento non indifferente per la struttura e per i sistemi di monitoraggio e rilevazione.
È stato necessario separare fisicamente le due parti, perché pesci e piante richiedono acqua con un’acidità diversa e per evitare che fitofarmaci usati sui pomodori fossero assorbiti da pesci e questa separazione ha comportato un aggravio di costi. Le due unità sono state poi connesse tramite sensori che, interagendo, ottimizzano continuamente il flusso di aria, acqua e nutrienti, in modo da non sprecare nulla e da rendere il sistema efficiente. In tutti i sistemi acquaponici ci sono costi legati al software di gestione che in questo caso sono risultati molto sofisticati, per la rilevazione dei dati a fini di studio.
Tuttavia non si è trattato di denaro perso: alla Tomatofish (così, anche, è chiamata la serra) sono stati raccolti moltissimi elementi, che hanno permesso di elaborare stime economiche per una possibile attività commerciale.
Secondo lo scenario migliore, per essere redditizio e a basso impatto, lo stabilimento ideale dovrebbe ricoprire una superficie di circa 2.000 metri quadri, che si potrebbero ricavare, per esempio, da capannoni o edifici industriali in disuso, situati in prossimità di fiumi o porti. I costi maggiori deriverebbero comunque dall’installazione, e poi dai mangimi per i pesci (se necessari), dalla necessità di lavoratori specializzati sia per la parte agricola sia per quella ittica, dall’energia impiegata e dalle condizioni del mercato cui rivolgersi.
Secondo lo studio entro poco tempo si otterrebbero ricavi misurabili, oltre a indubbi vantaggi dal punto di vista ambientale, a cominciare dall’abbattimento dell’impronta associata al trasporto delle merci da luoghi lontani di coltivazione e allevamento a quelli del consumo di risorse.
© Riproduzione riservata. Foto: Hendrik Monsees, IGB, Illustrazione: INAPRO/IGB
Giornalista scientifica
Mi viene da chiedermi (seriamente) se questo metodo di allevamento e coltivazione possa essere accettato dal mondo vegano, dato che lo stabilimento è condiviso, seppure le acque siano separate. Sarà in caso necessario specificare il sistema in etichetta?
According to the IGB researchers, the main obstacles for commercial aquaponics are the high investment costs and, especially in Germany, the high operating costs such as for fish feed, labour and energy. They also state that undertakings must have the necessary expertise in both aquaculture and horticulture. Furthermore, the margin reportedly depends to a considerable extent on the market environment and the production risks, which are very difficult to forecast in some cases.
Rassicuratemi che non andrà a finire che queste cattedrali si faranno nei paesi svantaggiati e si risparmierà su tutto per avere prodotti economici, nutrizionalmente limitati e da far viaggiare in lungo e in largo per il mondo?
E per stare in argomento, relativamente ai vantaggi ambientali vedremo come questi stabilimenti funzioneranno in pratica.
Considerando poi la qualità dei prodotti avrei qualcosa da obiettare.
Per esempio so bene che in provincia di Ferrara e anche altrove ci sono delle mega-serre che coltivano pomodori 365 giorni l’anno illuminate da luce artificiale , è una situazione apparentemente molto favorevole e da replicare ovunque.(???)…….la strada è tracciata ma io che mangio verdura e frutta in abbondanza e credo di capirci qualcosa trovo che molti pomodori (e tanti altri tipi di frutta di supermercato) hanno sapore di sapone mentre quelli coltivati al sole e alla giusta stagione sono eccezionali.
Avete mai assaggiato un pomodoro belga o olandese di serra ? Fatelo e poi mi direte cosa ne pensate.