acqua del rubinettoPublichiamo questa nota della Fondazione Barilla sul risparmio di acqua potabile, con una serie di consigli pratici molto utili. Sulla Terra ci sono 1,4 miliardi di km3 d’acqua, ma solo una infinitesima parte è potabile: poco meno di 45.000 km3 (pari allo 0,003% del totale) sono teoricamente fruibili, e sono le cosiddette “risorse di acqua dolce”. E solo lo 0,001% del totale è effettivamente disponibile per l’utilizzo da parte dell’uomo, perché di sufficiente qualità, ma soprattutto accessibile, anche in termini di costi. In più non bisogna dimenticare che quella dolce non è omogeneamente distribuita tra i continenti: il 64,4% delle risorse idriche mondiali è localizzato in soli 13 paesi. A fare da capofila c’è il Brasile, che da solo ne detiene il 15%; seguono Russia (8,2%), Canada (6%), Stati Uniti (5,6%), Indonesia (5,2%) e Cina (5,1%).

L’attuale domanda è già molto elevata, e crescerà ancora in futuro. Sebbene Governi e organizzazioni sovranazionali abbiano già nelle proprie agende l’obiettivo di arginare il problema, questi progetti non bastano: la consapevolezza dei singoli è in aumento, ma tradurre questa consapevolezza in azioni quotidiane è un processo lento. Gli interventi di sensibilizzazione devono orientare i comportamenti individuali non solo verso un’attenzione a evitare lo spreco, ma anche verso stili di vita più attenti a un impiego consapevole: ovvero verso l’utilizzo di beni e servizi a minor contenuto di acqua e impronta idrica (in inglese, water footprint).

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La domanda d’acqua, già molto elevata, crescerà ancora in futuro

Ecco alcuni consigli

1. Aggiustare il rubinetto che perde: un investimento di pochi euro può far risparmiare decine di migliaia di litri di acqua all’anno. È importante chiudere il rubinetto se non serve, quando ci si lava le mani, per esempio, e usare un frangigetto, per risparmiare fino al 50% dell’acqua.

2. Dosare la quantità d’acqua dello sciacquone del WC, installando sistemi dotati di un doppio pulsante per due differenti volumi d’acqua o la maniglia per regolare il flusso ed evitare sprechi.

3. Utilizzare lavastoviglie di classe energetica elevata, e solo a pieno carico, per un risparmio che si stima essere di 10.000 litri l’anno a famiglia.

4. Prediligere la doccia (breve, bastano 5 minuti) invece del bagno per risparmiare circa 23 m3 di acqua all’anno.

5. Lavare i piatti con un doppio lavaggio a immersione, per chi non possiede una lavastoviglie: invece di far scorrere l’acqua, si può riempire metà lavandino con acqua calda e saponata per il lavaggio, e l’altra metà con acqua fresca e pulita per il risciacquo. Se si ha a disposizione un lavandino a una vasca, lo stesso procedimento può essere fatto con delle bacinelle.

6. In giardino e nell’orto, preferire gli irrigatori a goccia invece della canna e attivarli  nelle ore meno calde come al mattino e dopo il tramonto. Un’idea ulteriore è quella di raccogliere l’acqua piovana e usarla per piante e fiori, oppure riciclare l’acqua che si è utilizzata per sciacquare frutta e verdura in cucina.

7. Quando si va in vacanza, chiudere il rubinetto centrale, anche per evitare spiacevoli sorprese dovute a rotture dell’impianto.

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L’Onu ha fissato in 20 litri giornalieri pro capite la quantità minima necessaria ad assicurare i bisogni primari di igiene

L’Onu ha fissato in 20 litri di acqua dolce giornalieri pro capite la quantità minima necessaria ad assicurare i bisogni primari di igiene (nei Paesi sviluppati si consumano in media 150-175 litri al giorno a testa). Tali numeri si riferiscono alla cosiddetta acqua “reale”:  utilizzata per bere, per lavarsi, per cucinare, per pulire o per innaffiare il giardino. Tuttavia, questa rappresenta solo una minima parte dell’impronta idrica personale.

Infatti gli alimenti che portiamo in tavola sono pieni d’acqua “invisibile”, utilizzata per produrre i cibi e farli arrivare fino a noi. Ecco perché i comportamenti quotidiani e le scelte alimentari possono fare la differenza in termini di impronta idrica e di risparmio. Un ruolo determinante quindi lo svolgono gli stili alimentari adottati.

Fonte: Fondazione Barilla

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