Per la terza volta consecutiva il Tribunale di Venezia ha dato torto a San Benedetto, che si è rivolta ai giudici per due articoli de Il Fatto Alimentare che criticavano uno spot con Elisabetta Canalis. L’azienda ne aveva chiesto la rimozione e un risarcimento di 1,5 milioni di euro per presunta diffamazione a mezzo stampa e la pubblicazione della sentenza di condanna su quotidiani e settimanali nazionali. Ma ancora una volta, il giudice ha rigettato le richieste dell’azienda, confermando la legittimità e il diritto di raccontare i fatti e di esprimere le proprie idee giornalistiche.
I fatti risalgono all’autunno del 2022, quando Il Fatto Alimentare e la pagina Instagram Aestetica Sovietica pubblicano una serie di post e articoli criticando uno spot pubblicitario in cui Elisabetta Canalis, dopo aver bruciato le fette di pane nel tostapane, sembra sostituire la colazione con una bottiglia d’acqua San Benedetto. Una scelta comunicativa che – secondo lo IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria) – poteva suggerire un messaggio scorretto, attribuendo all’acqua minerale proprietà nutrizionali ‘preziose’ non supportate da differenze reali rispetto ad altre acque.

Cinque sconfitte
A seguito delle osservazioni dello IAP, San Benedetto modifica lo spot e ne dimezza la durata. Il Fatto Alimentare ha la malaugurata idea di raccontare come sono andate e cose. A questo punto l’azienda avvia un’escalation giudiziaria sfociata in tre procedimenti: due in sede cautelare (entrambi respinti) e uno in sede civile per danni, appena conclusosi con la nostra piena vittoria in primo grado. Nello stesso periodo l’azienda avvia anche due procedimenti contro Aestetica Sovietica in sede cautelare che il tribunale di Venezia respinge.
Il Fatto Alimentare non ha diffamato
Nella sentenza, la giudice Lisa Micochero ribadisce che gli articoli pubblicati su Il Fatto Alimentare costituiscono piena espressione del diritto di critica giornalistica. Le affermazioni contestate da San Benedetto – si legge – non sono diffamatorie, ma fondate su “una lettura logica, ragionata e motivata dello spot”, e riguardano “la suggestione che esso crea nello spettatore”.
Una strategia per intimidire
Al di là degli esiti processuali, la causa intentata lascia spazio a una riflessione più ampia sul rapporto tra grandi aziende e libertà di stampa. Siamo di fronte a un caso che potrebbe rientrare nel capitolo delle liti temerarie, con una richiesta di risarcimento spropositata e infondata, che comporta un notevole dispendio di risorse per qualsiasi sito di giornalisti indipendenti. Si tratta di una strategia che appare mirata più a intimidire che a ottenere giustizia. Lo scopo dell’intero iter giudiziario non sembra quello di difendere l’immagine dell’azienda, ma spingere Il Fatto Alimentare ad abbassare i toni, a evitare di scrivere certe notizie anche se corrette. Scontrarsi con un colosso che ha chiuso l’ultimo bilancio con un fatturato di un miliardo di euro (nonostante il ‘danno d’immagine’ lamentato per i nostri articoli) è una sfida molto complicata per una piccola testata.

In Italia non esiste ancora una normativa efficace contro le SLAPP (Strategic Lawsuits Against Public Participation), le querele e cause civili pretestuose utilizzate per zittire il dissenso o le critiche, ma è già stata approvata una Direttiva UE, che dovrà essere recepita in Italia entro il febbraio 2026. In altri Paesi, come gli Stati Uniti, i giudici possono infliggere sanzioni esemplari alle aziende che abusano dello strumento giudiziario per soffocare il dibattito pubblico.
Piena legittimità
La sentenza del 15 maggio 2025 chiude – almeno per ora – il terzo capitolo giudiziario aperto da San Benedetto contro Il Fatto Alimentare, difeso dagli avvocati Paolo Martinello e Marco Stucchi insieme ad Andrea Di Pietro. Un ringraziamento particolare va ad Ossigeno per l’informazione che, come ha già fatto altre volte con le vicende giudiziarie del Fatto Alimentare, ha supportato la vicenda con articoli sul sito e prendendosi a carico le spese legali. Il Tribunale (come nei giudizi precedenti) ha rigettato integralmente la domanda risarcitoria, condannando l’azienda a pagare oltre 10.000 euro di spese processuali. Purtroppo il tribunale ha respinto la richiesta di condanna per lite temeraria. Resta il dato politico e giornalistico: per tre volte la giustizia ha riconosciuto la piena legittimità del lavoro svolto dalla redazione.
I retroscena
I retroscena di queste vicende raramente emergono nelle cronache delle cause per diffamazione, anche quando si concludono con l’assoluzione dei giornalisti. Qualche numero chiarisce la sproporzione fra i due soggetti. I danni richiesti dall’azienda equivalgono a circa dieci anni di bilancio del Fatto Alimentare, mentre le spese legali da sostenere per difendersi, secondo i parametri del tariffario forense, per una richiesta di danni di 1,5 milioni, potrebbero arrivare a 40-50 mila euro. Il meccanismo è semplice quanto efficace: ti faccio una causa milionaria, ti costringo a sostenere costi legali altissimi, e spero che tu decida di smettere di scrivere.
© Riproduzione riservata Foto: Spot San Benedetto
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora

Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Bravi, fortunatamente ci sono ancora, persone corrette e professionali, ma sopratutto che se hanno ragione lottano perché la verità prevalga.grande senso civico e morale.
Bene. Ci vogliono persone o gruppi di persone, competenti e motivate che indagano su situazioni che portano il comune cittadino a vedere solo la punta dell’iceberg… E a volte nemmeno quella.
Abbiamo bisogno di più giornali è giornalisti come voi che ci dicono la verità …!
Ottima notizia!!! 🙂 Mi spiace per lo stress che probabilmente questa situazione vi ha creato e non mi dispiace per nulla per chi invece la causa l’ha persa. Dovrebbe pagare un prezzo commisurato al suo comportamento. Un caro saluto.
le “liti temerarie” sono totalmente assenti dai problemi di giustizia in questo paese. E’ vergognoso. Siamo un grande paese pieno di risorse, così come siamo il paese dei buffoni. E’ così purtroppo.
BRAVISSIMI, PER FORTUNA CI SIETE VOI A TIRARE UN PO’ FUORI NOI CITTADINI.. E A CHIARIRE COSA VUOL DIRE FARE COMUNICAZIONE ! GRAZIE
ottimo lavoro, mi spiace solo che non si siano presi una condanna per lite temeraria.
Meno male che ci sono ancora persone come voi. Sarebbe necessaria una normativa che preveda, in un caso come questo, che il querelante sia condannato a versare alla controparte la cifra pretestuosamente pretesa. Le cause temerarie sparirebbero.
Condivido, chiedono 100 e pèrdono la causa = paghino 100 a rimborso + spese legali; e questo dovrebbe valere in ogni ambito ( Renzi & simili )
Congratulazioni!
L’italia recepisce dall’europa solo quello che fa comodo alla politica e non ai cittadini,le cause temerarie andrebbero punite con condanne esemplari.
Congratulazioni! Spiace solo per il mancato accoglimento della richiesta di lite temeraria.
Non ho letto il dispositivo della sentenza, ma, riconoscendo la piena legittimità dell’operato del Fatto Alimentare, annulla nella sostanza la ratio dell’azione legale intentata dell’azienda, come dire: “il fatto non sussiste”. Questa però appare essere una lettura limitata dell’evento, in quanto l’azione intrapresa dall’azienda appare a sua volta lesiva dell’immagine del giornale e quindi diffamatoria nei suoi confronti, in quanto mette in dubbio la sua competenza e il sano intento sociale di operare contro un disinformazione manipolatoria che investe temi riguardanti la salute. Contiene perciò, oltre ad espliciti rischi intimidatori che scoraggiano una sana e giusta informazione giornalistica, un elemento pericolosamente diseducativo nella responsabilizzazione degli utenti, cioè la popolazione, che devono essere affrancati da manipolazioni commerciali, sia per ragioni etiche che per ragioni sanitarie, A mio giudizio, perciò, la sentenza ignora completamente il terzo soggetto interessato dal contraddittorio, presente senza essere stato nominato, cioè l’utente: un non detto quindi che penalizza lo scopo sociale fondamentale dell’informazione giornalistica, danneggiando l’intera categoria (che dicono i Garanti dell’informazione ?). Sotto questo aspetto la sentenza non appare sufficientemente esemplare, per lo meno nella sua ripercussione sociale. A titolo di esempio, ricordo che, fino a pochi anni fa, il consumo di sale della popolazione italiana andava da 12 ai 15 g/die, accompagnato da una grande diffusione della malattia ipertensiva. Grazie in gran parte all’opera di informazione giornalistica il consumo medio si è ridotto a circa 10 g al giorno pro capite, con riduzione dei casi di ipertensione, rischi conseguenti per la salute e risparmio della spesa sanitaria. Ma l’operazione di educazione sanitaria deve continuare: basti pensare che il consumo giornaliero di sale non deve superare i 5 g al giorno!!!…Se non fosse per l’alea che rappresenta ogni azione giuridica, specialmente in Italia, il Fatto Alimentare potrebbe persino fare ricorso in Appello per una contro-causa di diffamazione, personale e dell’intera informazione giornalistica e a tutela del consumatore. Congratulazioni per la vittoria! Keep on!
Condivido tutto quello che ha scritto, e sono disposto a sostenere questa iniziativa se si avvierà, magari con il sostegno di qualche associazione di consumatori o della Società Italiana Ipertensione Arteriosa.
Grazie per l’apprezzamento. Credo che l’informazione giornalistica su argomenti di salute come l’alimentazione svolgano una funzione sociale importante, non solo di appoggio alle istituzioni sanitarie ma addirittura ancillare, come completamento e integrazione dell’educazione sanitaria e tutto a spese proprie: una tale funzione rientra a mio avviso in un programma di Istruzione Nazionale per cui necessiterebbe, a buon diritto, di un sostegno economico pubblico (e privato) nell’ambito dei finanziamenti a sostegno del Ministero della Salute, del Ministero della Pubblica Istruzione e del Ministero della Ricerca Scientifica (i giornali specializzati pubblicano spesso articoli indicizzati pubblicati sui principali motori di ricerca medica, come ad es. Pubmed.) e dell’OMS. Necessiterebbero inoltre di un riconoscimento da parte delle società scientifiche, come quella che Lei ha citato. Tutto questo, nell’elevare il rango di questi giornali, porterebbe da un lato una loro fortificazione verso possibili cause temerarie o comunque intimidatorie, e da un altro lato segnalerebbe il nostro Paese all’avanguardia in ambito socio-sanitario internazionale.
Il suo, insigne Sig. Giorgio Massa, è un eccellente editoriale che condivido totalmente. Grazie
C’è un giudice a Venezia!!!! Gli arroganti e prepotenti non sempre la vincono per fortuna anche se certe notizie vengono nascoste dalla stampa succube degli inserzionisti perché oramai campano soltanto di pubblicità!
Ion realtà la Notizia è stata ripresa dal Mattino, La Nuova Venezia e il Corriere del Veneto
Bene, congratulazioni a voi e al trio di legali che vi ha accompagnati.
Ma … cauti per il futuro, vista la legge attuale. Perdere una testata come Il fatto alimentare vuol dire fare scomparire l’unica voce giornalistica d’inchiesta sul complesso e vasto tema dell’alimentazione. E …per una bottiglia di plastica di acqua sgradevole al palato -come tutte quelle acque che stanno a contatto con la plastica ovviamente.
Mi sembra di capire che la causa per lite temeraria è “incorporata” (mi scuso per il termine sbagliato) a quella più importante, e quindi non si può ricorrere solo per affermare giustizia in merito all’attacco pretestuoso, o sbaglio?
Bene, spero che vi risarciscano lautamente per il disturbo arrecato. Per quello che può valere ho smesso di acquistare l’acqua in questione ( ” se vuoi cambiare il mondo inizia da te stesso ” )
Non soltanto non acquisto acqua di questa azienda, ma non acquisterò, nessuno dei loro prodotti
In questo paese, che legifera anche sui peli del naso di chi protesta, la libertà di stampa è scesa al cinquantaseiesimo posto o giù di lì. Più o meno come la Romania ai tempi di Čeausescu
Bravissimi
Bravi davvero- e coraggiosi E bravi anche i giudici . Per noi che leggiamo è molto rassicurante che qualcuno dica cose corrette e che venga anche sostenuto da giudici onesti . Sono tempi molto difficili e ogni giorno perdiamo coraggio . Storie come queste ci ridanno fiducia
Bravissimi e complimenti ! Mai abbassare la guardia con lo strapotere delle grandi aziende alimentari.
essere “oggettivi” nei giudizi si dimostra di essere corretti verso tutti e tutto.
complimenti.