Drinking competition at rooftop party

In Europa, il consumo di alcol rappresenta il terzo fattore di rischio di malattia e morte prematura, dopo il fumo e l’ipertensione arteriosa.L’Italia, inizialmente collocata tra i Paesi con il consumo medio pro-capite più elevato, è stata tra i primi a ridurre significativamente i consumi, tanto che nel 2010 era il Paese con il valore più basso tra tutti i 28 Stati Membri dell’Unione europea con 7,0 litri. Tuttavia, a partire dal 2010, il consumo di alcol nella nazione è tornato a salire e nel 2014 era pari a 7,6 litri.

In Italia, i consumatori di bevande alcoliche sono 35 milioni, un numero rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi tre anni. Quelli a rischio sono più di 8,6 milioni, di cui più di più di tre milioni di anziani e circa 1,7 milioni sono giovani sino ai 24 anni, compresi ottocentomila minori, ai quali la vendita e somministrazione di bevande alcoliche sarebbe vietata.

Oltre 5,6 milioni di persone, in particolare adulti in età produttiva e anziani, eccedono quotidianamente e in maniera sempre più crescente fuori pasto le quantità di alcol tollerate dalle linee guida per una sana nutrizione. Tra i giovani suscita preoccupazione il fenomeno, importato dai Paesi nordici, del binge drinking, cioè il bere più di sei bevande alcoliche in un tempo ristretto con la finalità di ubriacarsi. Ed è al binge drinking che sono dovuti gli oltre 40.000 accessi annuali al Pronto soccorso per intossicazione e la quasi totalità delle 41.000 violazioni del codice della strada per guida in stato d’ebrezza. Infine, delle 57.000 dimissioni ospedaliere caratterizzate da almeno una diagnosi attribuibile all’alcol, il 42% presenta tale diagnosi come principale motivo del ricovero. A ciò si aggiunge il fatto che il 90% degli alcoldipendenti non fruisce di alcun trattamento, perché non richiesto dalla persona, né offerto da un professionista della salute che dovrebbe identificare l’individuo a rischio.

Sono questi alcuni dei dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in occasione dell’Alcohol Prevention Day, tenutosi il 16 maggio a Roma. Come ricorda Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’ISS, un rapporto dell’Ocse del 2015 sugli aspetti economici dei danni correlati all’alcol e sulle politiche di contrasto evidenziava la necessità di una corretta informazione dei consumatori sulle caratteristiche di ciò che consumano, sui benefici reali e sui rischi e costi a cui sono esposti. L’Ocse sottolineava come i consumatori abbiano conoscenze vaghe del perché l’alcol è dannoso per la salute e come questo rappresenti un “fallimento del mercato”, di cui la quasi totale assenza di informazioni riguardanti la salute sulle etichette delle bevande alcoliche è un esempio calzante.

Abuso di alcol
Sono 1,7 milioni i giovani a rischio abuso di alcol

Proprio per far fronte a queste carenze, nel 2014 l’Ue ha promosso la Joint Action on Reducing Alcohol Related Harm (Joint Action RARHA) per implementare la strategia europea di prevenzione, attraverso la produzione di strumenti per la pianificazione e l’attuazione di politiche sanitarie sull’alcol.  Secondo la maggioranza degli esperti consultati nell’ambito della Joint Action RARHA, le misure necessarie per informare e sensibilizzare i consumatori, al fine di una scelta consapevole, sono:

‒ applicare e far rispettare il limite di 18 anni di età per la vendita e la somministrazione di qualsiasi bevanda alcolica;

‒ supportare in particolare i servizi sanitari di base, nell’identificazione dei consumatori a rischio e offrire loro interventi finalizzati alla riduzione del consumo a rischio come parte della pratica clinica;

‒ fornire la formazione professionale specifica richiesta;

‒ fornire informazioni utili per la salute sulle etichette delle bevande alcoliche, in particolare il loro contenuto calorico e i grammi di alcol puro contenuti;

‒ richiedere che le bevande alcoliche e la pubblicità di alcolici contengano informazioni sui rischi per la salute associati al consumo di alcol.

L’Osservatorio nazionale alcol dell’ISS ha coordinato per la Joint Action RARHA un’indagine sui modelli di consumo nei diversi Stati membri dell’Ue. In Italia, su un campione di 1.500 persone tra i 18 e i 65 anni, è emerso che:

  • circa l’80% è molto d’accordo o abbastanza d’accordo sul fatto che le autorità pubbliche hanno la responsabilità di proteggere le persone dai danni causati dall’alcol;
  • quasi il 70% è favorevole a politiche di riduzione dell’offerta di alcol nei luoghi dove vengono servite bevande alcoliche;
  • il 95% è convinto che l’educazione e l’informazione sull’alcol dovrebbero essere le misure più importanti per ridurre i danni alcol-correlati;
  • il 63% approva la politica dell’aumento dei prezzi;
  • il 63% è a favore del divieto di pubblicizzare bevande alcoliche e il 71% ritiene che dovrebbe essere legalmente vietata la sponsorizzazione di atleti, delle squadre sportive o degli eventi sportivi da parte dell’industria dell’alcol.

Va notato che, mentre a livello europeo oltre il 60% dei cittadini ritiene che le persone adulte siano sufficientemente responsabili e in grado di proteggersi dai danni causati dal consumo di alcol, in Italia si registra il valore più basso di tutti i Paesi partecipanti (36,5%), il che indica una percezione di scarsa capacità degli italiani a proteggersi da soli. A conferma di questo fatto c’è il dato secondo cui, mentre circa il 60% degli europei partecipanti all’indagine afferma che le autorità pubbliche hanno la responsabilità di proteggere le persone dai danni causati dall’alcol, in Italia questa percentuale sale al 79,5%.

L’ISS ricorda che il consumo di alcol è associato a numerose malattie croniche quali le malattie cardiovascolari, le malattie del fegato, i tumori, i danni acuti causati da avvelenamento da alcol e incidenti stradali e a un aumentato rischio di varie malattie infettive. Sono infatti oltre 200 le patologie per le quali il consumo di bevande alcoliche è un fattore di rischio evitabile tra cui numerosi disturbi neuropsichiatrici, le malattie croniche, i tumori, gli incidenti. L’alcol è anche uno dei principali fattori di rischio per gli infortuni sul lavoro, contribuisce alla criminalità, alle infrazioni stradali e alla violenza domestica con maltrattamenti familiari verso il partner e verso i minori, determinando significativi costi sociali per i sistemi sanitari e di giustizia penale, nonché perdita di produttività.

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sandra
sandra
23 Maggio 2018 08:44

grazie dell’articolo. chi lavora nella sanità pubblica ha esperienza quotidiana che la gran parte dei medici, in particolare chi lavora in ambito cardiologico ma non solo, consiglia il consumo regolare di alcol ai pazienti, in barba alle raccomandazioni dell’ISS, al principio di precauzione, agli effetti “non cardiologici” dell’etanolo, etc. Chi poi si trova a discutere coi pazienti di abitudini alimentari e stili di vita protettivi non sa mai come gestire questa spiacevole situazione

Antonio Pratesi
Antonio Pratesi
Reply to  sandra
23 Maggio 2018 16:50

Esatto. I cardiologi in genere esercitano un ascendente importante sui pazienti cardiopatici, specie su quelli cui hanno salvato la vita. Purtroppo per diversa formazione (i cardiologi e non solo) non hanno nozione di quale rischio rappresenti l’alcol per la salute. L’industria dell’alcol per contro investe in pubblicità e condiziona la cultura della classe medica. Come?

Questo video lo spiega dal minuto 3.50: https://www.youtube.com/watch?v=8_uFuXACrQg

Claudio
Claudio
23 Maggio 2018 09:33

“L’Ocse sottolineava come i consumatori abbiano conoscenze vaghe del perché l’alcol è dannoso”

Il colpevole è sempre quello: IGNORANZA DIFFUSA