Corte di Giustizia Ue: sui pesticidi, il diritto all’informazione prevale sulla tutela del segreto industriale. Una sentenza dà ragione a Greenpeace e PAN Europe
Corte di Giustizia Ue: sui pesticidi, il diritto all’informazione prevale sulla tutela del segreto industriale. Una sentenza dà ragione a Greenpeace e PAN Europe
Beniamino Bonardi 28 Novembre 2016Quando una persona chiede l’accesso a documenti in materia ambientale, la nozione di «informazioni sulle emissioni nell’ambiente» comprende, in particolare, quelle relative alla natura e agli effetti delle emissioni dei pesticidi nell’aria, nell’acqua, nel suolo o sulle piante. In questi casi, la tutela del segreto commerciale e industriale non può essere opposta alla divulgazione di tali informazioni. Lo affermano due sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, in merito a due controversie riguardanti il diritto di accesso ai documenti in materia ambientale.
La prima causa riguardava la richiesta di accesso a una serie di documenti sulla prima autorizzazione della Commissione Ue all’immissione in commercio dell’erbicida glifosato, presentata dalle associazioni Stichting Greenpeace Nederland e Pesticide Action Network Europe (PAN Europe). La Commissione aveva autorizzato l’accesso a tali documenti, tranne che per una parte del progetto della relazione di valutazione redatta dalla Germania. La Commissione aveva motivato il proprio diniego con il fatto che il documento conteneva informazioni riservate sui diritti di proprietà intellettuale dei richiedenti l’autorizzazione del glifosato, in particolare sulla composizione chimica dettagliata di questa sostanza, sul suo processo di fabbricazione, nonché sulle impurità e sulla composizione dei prodotti finiti.
La seconda causa riguardava la Bijenstichting, associazione olandese per la protezione delle api, che aveva chiesto all’autorità olandese competente in materia di autorizzazioni all’immissione in commercio di prodotti fitosanitari e biocidi (CTB) la divulgazione di 84 documenti riguardanti le autorizzazioni all’immissione in commercio di alcuni prodotti rilasciate dalla stessa CTB. La Bayer, titolare di gran parte di queste autorizzazioni, si era opposta alla divulgazione, perché avrebbe violato il diritto d’autore e la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali. Il CTB aveva autorizzato la divulgazione di 35 degli 84 documenti richiesti e sia Bijenstichting, sia la Bayer, avevano impugnato la decisione del CTB dinanzi ai giudici olandesi.
Nelle due sentenze, la Corte di giustizia dell’Unione europea afferma che “la nozione di «informazioni che riguardano/sulle emissioni nell’ambiente» deve essere interpretata nel senso che essa copre non solo le informazioni sulle emissioni in quanto tali (vale a dire le indicazioni relative alla natura, alla composizione, alla quantità, alla data e al luogo di tali emissioni), ma anche le informazioni che consentono al pubblico di controllare se sia corretta la valutazione delle emissioni effettive o prevedibili, sulla cui base l’autorità competente ha autorizzato il prodotto o la sostanza in questione, nonché i dati relativi agli effetti, a termine più o meno lungo, di tali emissioni sull’ambiente. In particolare, tale nozione comprende le informazioni relative ai residui presenti nell’ambiente dopo l’applicazione del prodotto in questione e gli studi relativi alla misura della dispersione della sostanza durante tale applicazione, a prescindere dal fatto che tali dati derivino da studi realizzati in tutto o in parte sul campo, da studi di laboratorio o da studi di traslocazione”.
In un comunicato, Greenpeace e PAN Europe evidenziano come la sentenza stabilisca che “le autorità devono pubblicare tutti gli studi utilizzati per le valutazioni dei rischi dei pesticidi, e non possono tenerli segreti per proteggere gli interessi commerciali delle aziende”. In questo modo, si potrà “verificare se i dati parziali che le aziende hanno fornito originariamente alle autorità corrispondono a ciò che è effettivamente emerso dagli studi”. Le due organizzazioni ecologiste ribadiscono anche la richiesta che i pareri scientifici dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), “che sono alla base di norme Ue, facciano riferimento a dati scientifici pubblici, in modo che tutte le valutazioni dell’Efsa possano essere verificate”.
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Tutto ciò che impatta nell’ambiente di tutti, non può essere segreto ma divulgato prima dell’immissione, con assunzione di responsabilità e documentazione di non nocività per esseri umani, animali e vegetali.
Almeno questo è il principio di precauzione vigente nella CEE.
Poi l’autore di scoperte scientifiche originali, per avere diritto all’esclusiva deve pubblicare gli studi fatti per dimostrarne l’originalità ed anche la non nocività dell’invenzione, pena l’impossibilità alla registrazione ed ottenimento del brevetto.
Pretendere di segretare una sostanza potenzialmente pericolosa per le persone e l’ambiente, è pretenzioso e contrario ai nostri principi comunitari.
Le istituzioni che si prestano a queste manovre si rendono complici e corresponsabili dei danni prodotti.