Quando facciamo la spesa, il colore del prodotto gioca un ruolo fondamentale nella scelta come ben sanno gli esperti di marketing sempre molto attenti a questo aspetto. Se in molti cibi industriali confezionati i coloranti, naturali o artificiali, sono una presenza quasi costante, nei prodotti non trasformati è difficile pensare che ci sia stato un intervento per modificare le tonalità. Non sempre è così. Lo racconta bene il magazine francese 60 Millions de Consommateurs che in un articolo descrive come cambiano i colori di frutta, verdura e persino di carne e pesce vengono per assecondare le aspettative e i gusti dei consumatori.
I colori degli agrumi
Quando prima di acquistare le persone cercano di valutare il grado di maturazione di frutta e verdura, il colore gioca un ruolo importante. Davanti a una clementina con la buccia in parte verde, è quasi inevitabile pensare ad un prodotto acerbo. Eppure le clementine raggiungono la maturazione anche se vengono raccolte quando il colore esterno non ha assunto la tipica colorazione arancione. Pochi sanno che in alcuni casi per assecondare le convinzioni dei consumatori abituati ad associare la tonalità verde al frutto acerbo, la scorza viene colorata dopo la raccolta.
Come? Le clementine vengono tenute per alcuni giorni in capannoni dove l’atmosfera viene modificata aggiungendo etilene. Si tratta di un gas innocuo prodotto naturalmente dalla frutta in fase di maturazione la cui presenza viene accentuata per accelerare il processo di colorazione all’esterno del frutto. Questo processo viene definito in gergo “stufatura”. Se acquistate clementine con foglie potete essere sicuri che non sono state sottoposte al trattamento, perché l’etilene, oltre a far maturare la frutta, causa l’ingiallimento delle foglie.
Il caso delle olive nere
Che dire delle olive nere! Tra quelle in vendita , soprattutto nel caso delle snocciolate, molte non hanno raggiunto la colorazione naturalmente. La maggior parte viene “aiutata” artificialmente. Le olive da tavola in genere vengono raccolte ancora acerbe, quindi verdi, e poi sottoposte a un trattamento con aria ad alta pressione in salamoia per favorire l’ossidazione del frutto e quindi conferire al frutto la colorazione scura. Durante la maturazione però il colore non è uniforme e passa dal verde al nero. Per rendere omogeneo il prodotto finale si usano additivi stabilizzanti come il gluconato ferroso (E579) che assicura la tonalità desiderata. Le olive nere naturali, che hanno un sapore più dolce e una consistenza più morbida, si riconoscono per l’assenza di additivi indicati in etichetta.
I colori della carne e del pesce
Il maquillage non è un’esclusiva riservata a frutta e verdura. Anche carne, pesce e uova sono in qualche modo “tinteggiati” per essere più appetibili. In genere si usano pigmenti organici, prodotti naturalmente dalle piante. Tra i più diffusi ricordiamo i carotenoidi. Anche la colorazione di salmoni e trote salmonate cresciute negli allevamenti viene “aiutata” aggiungendo carotenoidi nei mangimi. Queste sostanze si accumulano nei tessuti grassi di questi animali e conferiscono il bel colore rosato che tanto piace ai consumatori. A seconda della quantità di queste sostanze nel mangime, si possono ottenere innumerevoli sfumature di rosa-arancio nelle carni dei pesci, utili a soddisfare i diversi gusti dei paesi in cui sono venduti. Per la precisione va detto che trote e salmoni selvatici hanno carni di colore rosato perché la loro dieta è ricca di gamberetti.
Colorare il tuorlo d’uovo
La stessa cosa accade per le uova. Di solito una gallina che razzola libera, assume carotenoidi da fiori, erba e altri fonti naturali. Le galline di allevamento in assenza di fiori ed erba devono assumere queste molecole colorate dal mangime altrimenti non produrrebbero uova con un bel tuorlo giallo-arancio. Per farlo, si aggiungono alla dieta quantità di mais, ricco di carotenoidi gialli, e altri pigmenti rossi come la cantaxantina (E161g), oppure erbe e fiori, che contengono antociani, famosi per il loro potere antiossidante.
La necessità di colorare le uova è puramente commerciale, più che nutrizionale. Ai consumatori italiani non piace il tuorlo pallido, anzi sono in molti a scambiarlo per un segno di cattiva qualità. Non sono solo le ovaiole a rimpinzarsi di carotenoidi e un analogo destino è riservato ai polli da carne. I carotenoidi infatti si accumulano nella pelle e nel grasso sottocutaneo del pollo, che assumono una colorazione giallo dorata, mentre le carni rimangono chiare. Il motivo è sempre commerciale: la pelle dorata trasmette al consumatore un’idea di maggiore qualità e salubrità del prodotto.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.