In base a quali caratteristiche si sceglie di fare la spesa in un supermercato piuttosto che in un altro? Secondo un’indagine del Cermes, ripresa da RetailWatch, il consumatore mette al primo posto la convenienza. Ma non stiamo parlando delle spettacolari promozioni presentate nei volantini, quanto del “livello medio dei prezzi”, un concetto che ha origine da diversi fattori, come l’esperienza personale dell’acquirente o le strategie di comunicazione della catena di supermercati. Un occhio quindi ai prezzi per il 75,7% degli intervistati è importante, ma l’altro è puntato sulla qualità dei prodotti freschi con il 74,5% delle adesioni (vedi tabella sotto). Si tratta di una sfida continua per i supermercati che nel reparto ortofrutta spendono grande impegno senza però trarre ampi benefici a livello economico. Frutta e verdura sono infatti difficili da gestire, perché occorre offrire prodotti freschi, buoni e di stagione, cercando di minimizzare lo spreco.
Al terzo posto della classifica troviamo la distanza del punto vendita (69,5%), un fattore importante soprattutto per chi fa la spesa a piedi, mentre chi usa l’automobile valuta positivamente la comodità del parcheggio (61,6%).
Il lato economico è comunque quello tenuto più in considerazione dagli intervistati che apprezzano la presenza di diverse fasce di prezzo tra cui scegliere il prodotto preferito (68%) e anche le offerte promozionali (64%).
Anche la velocità di pagamento alle casse è importante per oltre la metà del campione. L’attesa e le code sono un tema critico per molti punti vendita soprattutto nelle ore di punta, anche se alcune catene attuano nuove strategie come le casse automatiche o il lettore manuale di codice a barre che permette di scannerizzare ogni prodotto prima di metterlo nel carrello.
© Riproduzione riservata
Le donazioni si possono fare:
* Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui
* Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264
indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare
Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione
Per quel che mi riguarda è un’indagine ininfluente in quanto è ovvio che ognuno di noi ha dei parametri di valutazione, ma nella vita di tutti i giorni, si deve optare per il compromesso.
Di questi tempi, con 7 stipendi arretrati da prendere, il prezzo è sicuramente importante, ma per quello che mi riguarda va a pari passo con qualità dei prodotti ed Etica ambientale e lavorativa. Mangio meno carne, ad esempio, ma la mangio migliore, pensando alla mia salute, ma anche al benessere animale.
Ed alla fine dei giochi faccio una spesa mix, muovendomi tra Esselunga, Coop, Unes … integrando per pochi specifici prodotti da Naturasì ed Eataly.
Il risultato di questa indagine, seppur prevedibile, è comunque alquanto avvilente.
Al primo posto …il risparmio! Sul cibo???!!! In Italia???!!!
Ma qualsiasi indagine ISTAT rivela che la spesa alimentare incide ormai per meno del 15% sui bilanci delle famiglie e si continua, forse per angosce primordiali da riserve di cibo in caverna, ad accumulare schifezze di dubbia provenienza e riempirsi il frigo di cibi spazzatura (oli d’oliva a 1.99! polli a 2.99 !! pasta a 0.29!!!) e casomai poi indignarsi per la scarsa qualità e montare devastanti dibattiti sul come sono cattivi i politici e l”altri”, tra cui in primis produttori agricoli e industrie agroalimentari.
Un episodio tragicomico vissuto personalmente nel 2008 sintetizza bene la drammatica realtà della furbizia sociale che non medita, non si responsabilizza, né si organizza, ma sa solo sbraitare:
per cause internazionali il prezzo del grano duro da una stagnazione di 20-25 cent “schizza” (sic) a 50 centesimi al kilo che finalmente ripagano il lavoro di tanti agricoltori e potrebbe finalmente valorizzare le produzioni del territorio ed evitare abbandoni, consumo di terra fertile e degrado ambientale e idrogeologico. Il pacchetto blu di pasta da 1/2 kg inevitabilmente ne risente e “schizza” anche lui a 70 cent !!
Apriti cielo.
l’indignazzzione feroce e contagiosa percorre il Paese intero e tutti (ma veramente tutti) i tiggì, i sedicenti comitati consumatori, i politici dentro e fuori l’arco costituzionale alimentano la grancassa dell’ormai imminente carestia che colpirà gli innocenti bimbi italici.
All’uscita del supermercato “economico” una elegante (costo abiti imprecisato, ma probabilmente elevato) Signora infervorata da cotanta ingiustizia sociale grida dal posto guida del suo SUV tedesco (100 000 €), col motore 5000 cc acceso (consumo 1€ al minuto) dentro al telefonino all’ultima moda (1000 €) la sua rabbia contro gli affamatori (“..in galera li panattieri” recitava la vecchia canzone) che la costringeranno a cucinarsi (farsi cucinare da colf: 1000 € al mese in nero) il piatto di pasta “schizzato ” da 10 a 14 centesimi.
4 centesimi che vergogna, SignoraMia!
Ha perfettamente ragione, non si spiegherebbe diversamente come le due principali catene di discount abbiano conquistato il 10% del mercato italiano della grande distribuzione, propinando al consumatore italiano, per la gran parte, prodotti esteri di bassa qualità.
Io trovo degli ottimi prodotti anche al discount, oltre al prezzo, basta saper scegliere e non guardare gli scaffali contenenti biscotti…- pieni di grassi e di dubbia qualità- saluti
Mah, io al discount ho trovato anche i crackers (e non solo) con l’olio di palma e da qualche tempo sto attento anche a questo pessimo ingrediente che cerco di evitare il più possibile.
Vero, basta controllare il produttore, in etichetta, per vedere che spesso è un marchio valido. Ma ci vuol pazienza.