In Thailandia, immigrati in stato di povertà, provenienti soprattutto da Cambogia e Birmania, sono venduti o attratti da false promesse e costretti a pescare e lavorare i frutti di mare che finiscono nella catena di fornitura di Nestlé, in particolare nelle pappe per cani e gatti della linea Purina, contenti gamberi e gamberetti. È stata la stessa multinazionale svizzera a riconoscerlo, al termine di un’inchiesta interna durata un anno e condotta da Verité, una ong che collabora con le imprese sul tema dei diritti dei lavoratori, dopo le denunce della stampa e di agenzie non governative sulla violazione dei diritti umani dei lavoratori a cui, afferma Nestlé, sono potenzialmente esposte anche tutte le altre aziende europee e statunitensi.
Per proteggere i lavoratori dagli abusi e combattere pratiche inaccettabili come il lavoro minorile, Nestlé ha adottato un piano d’azione, contenente le raccomandazioni formulate da Verité, dichiarando sin d’ora che la sua attuazione non sarà né rapida né facile, ma che si attendono progressi significativi entro i prossimi mesi.
Il Piano d’azione, la cui realizzazione sarà posta sotto la responsabilità di un manager appositamente assunto, che risiederà in Thailandia, si concentra su dieci attività fondamentali, tra cui: la creazione di un team per rispondere alle emergenze dei lavoratori migranti, la creazione di un meccanismo per sporgere denunce, corsi di formazione per armatori e capitani che operano nell’industria della pesca, sensibilizzazione sugli standard minimi del lavoro, definizione di una migliore tracciabilità delle materie prime e verifica delle condizioni di lavoro sui pescherecci.
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