Spett. Esselunga,
1.700.000 persone aspettano una vostra dichiarazione.. come potete vedere da foto che allego- da Facebook Metto in cc Il Fatto Alimentare, molto seguito da tutti noi.
Grazia Ambrosini
Gentile Grazia, noi abbiamo scritto un articolo su questa vicenda, spiegando come stanno le cose e dicendo che il video è una bufala. Riproponiamo il nostro articolo qui sotto per te e per gli altri lettori che non l’hanno letto. Abbiamo comunque inviato una lettera a Esselunga per un risposta ufficiale.
Da alcuni mesi circola in rete un video a dir poco allarmante sulle mele biologiche (guarda video). Nel filmato il “presentatore” gratta via da una mela bio di Esselunga una sostanza biancastra che a prima vista sembra cera. Dopo averne raccolta un po’ decide di bruciarla, facendo vedere che prende fuoco, sottolineando che emana un odore “strano”, come di paraffina.
I dubbi sorgono a chiunque guardi il video, per questo abbiamo chiesto a Roberto Pinton, dell’unità di crisi di FederBio, di spiegarci quale sostanza è stata trovata sulle mele, e se si tratta effettivamente di un prodotto biologico.
“Lo strato ceroso che appare sulla cuticola delle Red Delicious (ma anche delle Gala, delle Granny Smith, di varietà antiche, come la mela Annurca campana e di mele meno note, ma dal nome eloquente, come mela Cerina o Oleata) è prodotto del tutto naturalmente dal frutto, per proteggersi dagli attacchi fungini. La quantità di cera cambia da varietà a varietà, e anche a seconda degli ecotipi, della selezione e del microclima: di norma è superiore nelle aree a forte escursione termica, come in quelle di montagna.
Se si espone alla fiamma, questa cera fonde (intorno ai 50°) come quella prodotta dalle api e poi brucia, emanando odore come tutte le sostanze organiche che bruciano”.
A conferma della naturalità di questa sostanza c’è un’altra fonte, l’Assessorato agricoltura della regione Lombardia, che specifica: “La lucentezza di alcuni frutti non deve indurre in inganno: non è legata a particolari trattamenti chimici, ma è un fenomeno naturale, dovuto al fatto che, per proteggersi dagli agenti atmosferici, i frutti producono delle cere naturali, con le quali ricoprono la buccia. Queste cere, se strofinate contro una superficie morbida… si lucidano, proprio come la cera che si dà ai pavimenti” (leggi la scheda tecnica).
“La produzione di cera riguarda, ovviamente, sia le mele biologiche che quelle convenzionali. Nel video, però, pur senza alcuna prova, si sostiene che non si tratterebbe della cera naturalmente prodotta dalla mela, ma di una non meglio identificata sostanza artificiale applicata sulla sua superficie. Dato che in agricoltura biologica non è ammesso l’utilizzo di cere sulle mele (nemmeno delle innocue cera d’api o cera carnauba), anche se il fatto non ci era stato formalizzato come reclamo, come tale l’abbiamo gestito. Abbiamo tracciato il lotto di prodotto e coinvolto gli organismi di controllo dell’azienda agricola (di Verzuolo, in provincia di Cuneo) e del confezionatore (nell’hinterland milanese): neppure dispongono dell’attrezzatura per la ceratura. Presso le due imprese non sono state rilevate non conformità, così come nel passato. Abbiamo chiesto anche la collaborazione della VIP, l’associazione delle cooperative ortofrutticole della Val Venosta (Alto Adige), che gentilmente ha ripetuto l’esperimento, documentandocelo con un altro filmato: raschiando mele Royal Gala (sicuramente non cerate, sicuramente biologiche) prelevate dai loro magazzini frigoriferi, si ottiene una quantità e un tipo di cera – del tutto naturale, autoprodotta dalla mela – analoghi a quelli che appaiono nel primo filmato”.
Anche Federbio ha pubblicato un comunicato sull’argomento.
Non può mancare una considerazione. Appena venuti a conoscenza del video (che contiene affermazioni lapidarie: “sicuro non è una cosa naturale”, “non è una cosa biologica”, “sicuro non è un prodotto alimentare”), rappresentanti delle organizzazioni biologiche hanno segnalato con commenti l’infondatezza della tesi (così come altri visitatori della pagina) e hanno evidenziato che accusare l’agricoltore di aver utilizzato sostanze non ammesse significava addebitargli il reato di frode in commercio.
“Accuse di questo tenore, senza la minima prova, – precisa Pinton – costituiscono a loro volta un reato, quello di diffamazione: il web non può essere un far west in cui, sotto la maschera di un nickname, ci si possa ritenere autorizzati a ledere l’onore e la reputazione delle persone.”
Nonostante il contenuto del video sia stato smontato anche da siti “anti-bufale”, tra cui Bufale.net o Leganerd.com, ha avuto oltre 300.000 visualizzazioni, anche grazie ad alcuni rilanci che l’hanno reso virale; la maggior parte dei commenti è stupefatta e preoccupata: pochi visitatori sembrano aver dedicato un minuto a leggere i commenti critici postati in precedenza.
Par di capire che ai visitatori non interessasse tanto capire esattamente di cosa si trattava, quanto dare il proprio parere dopo aver solo “guardato le figure”.
L’effetto virale del video, dicono gli operatori, per almeno una settimana ha comportato un sensibile calo nelle vendite dell’ortofrutta biologica, con agricoltori costretti a buttar via prodotti freschi invenduti. Quel che più conta, oltre 300.000 visitatori (gli abitanti di una media città) sono stati colpiti con la disinformazione. Il web è uno strumento potente, ma a doverlo usare con responsabilità non sono solo gli adolescenti.
Sara Rossi
© Riproduzione riservata
Foto: iStockphoto.com
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Purtroppo la ns Nazione da 20 anni a questa parte ha subito un notevole calo culturale. Basti pensare a questi falsi allarmismi per creare “panico” tra le persone.
Ripeto, qua si tratta in primis di disinformazione, in secondo luogo di mancanza di cultura da parte delle persone che non si interessano autonomamente delle questioni ma preferiscono ricevere le informazioni da talk show o da fantomatici siti web o pagine facebook.
Da biotecnologo agro-industriale quale sono tutto ciò è molto avvilente.
Condivido quanto affermato da Virginia C.. D’altronde in un paese come il nostro dove le informazioni da talk show sono tenute in alta considerazione, ed i processi fatti in televisione da giornalisti che di Polizia Giudiziaria è palese ci azzeccano nulla, non è soltanto avvilente ma di più…
Prendo atto del fatto che lo strato ceroso è prodotto naturalmente dalle mele bio e convenzionali, ma mi sorge spontanea una domanda: questo strato ceroso è coomestibile? ossia si può tranquillamente mangiare una mela bio con la buccia, strato ceroso compreso?
Osvaldo
Tranquilla, la “cera” è commestibile, se ti dà fastidio vederla fai come abbiamo sempre fatto in campagna, strofinala sullla maglia finché la mela diventa bella lucida e l’ha persa quasi tutta, e mordila con soddisfazione.
Solo se vuoi fare la mela cotta, se questa è di una varietà che produce molta cera è meglio sbucciarla perché col calore può dare un gusto sgradevole (la cera la mela la produce per proteggersi a temperature normali, non certo per 100° e oltre).
Mauro
vistop0 che è una cosa naturale, che è sempre esistita, e visto che si è sempre mangiato le mele senza sbucciarle, dov’è il problema?
Salve, cercando in rete ho trovato questo http://youtu.be/I5yXpSrbJko
Mi sembra una testimonianza abbastanza importante, perché provviene da un ente di certificazione del BIO tra i più importanti in Italia. (ICEA, appunto) .