Il biologico non conosce crisi: nei primi cinque mesi del 2014, i consumi nel mercato italiano del biologico sono cresciuti del 17,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. È quanto emerge dall’anteprima del rapporto “Bio in cifre 2014”, elaborato dal Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica (Sinab) e da Ismea.
Le uova risultano essere il prodotto bio più acquistato, con un’incidenza del 9,5% sulla spesa totale.
«Siamo leader in Europa nel settore bio – ha commentato il Ministro Martina – e il trend positivo di crescita del comparto sotto il profilo produttivo e dei consumi ne è la conferma. Parliamo di un settore che vale 3 miliardi di euro nel nostro Paese e che riguarda oltre il 10% della superficie agricola nazionale. Durante il semestre italiano di Presidenza dell’Ue lavoreremo alla riforma della normativa europea sul biologico, sulla quale già nel primo Consiglio dei Ministri dell’agricoltura a Bruxelles si è aperto un positivo dibattito».
È in aumento rispetto al 2012 anche la superficie coltivata secondo il metodo biologico, che al 31 dicembre 2013 risulta pari a 1.317.177 ettari (circa il 10% del totale della superficie coltivata nazionale) con un aumento complessivo annuale del 12,8%. I principali orientamenti produttivi sono i pascoli, il foraggio e i cereali. Segue, in ordine di estensione, la superficie investita a olivicoltura.
Per le produzioni animali, distinte sulla base delle principali specie allevate, i dati evidenziano rispetto allo scorso anno un aumento consistente, in particolare per gli equini (+38,7% del numero di capi, che tuttavia registrano in termini assoluti valori naturalmente contenuti) e per la categoria “altri animali” (+31,4% del numero di capi), nella quale rientrano ad esempio i conigli.
«Il quadro del bio delineato dal Sinab è positivo e incoraggiante – ha aggiunto il Viceministro Andrea Olivero, che ha la delega all’agricoltura biologica – , soprattutto per quella parte di agricoltura ‘green’. La sostenibilità premia: mentre il trend dei consumi alimentari decresce, la domanda del biologico risulta in totale controtendenza. Puntare su prodotti eco, innovare i processi produttivi in chiave sostenibile sono i fattori di successo della nostra agricoltura e su questi obiettivi è indirizzata la nostra azione politica».
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare
Speriamo che la riforma preveda la certificazione di risultato e non di solo metodo. Ad oggi viene definita biologica un’azienda che adotta metodi di coltivazione e/o allevamento biologici, non viene effettuata se non raramente una analisi chimica del prodotto per certficarne effettivamente la salubrità e l’assenza di contaminati, ovvero il risultato bio. Con la certificazione di risultato si evidenzia effettiva assenza di utilizzo di prodotti chimici e l’assenza di fenomeni di deriva.
Concordo. Un agricoltore biodinamico ad una fiera mi spiegava in questi termini la differenza: il biologico e’ una certificazione di processo (se segui le regole il tuo prodotto viene definito bio); il biodinamico e’ una certificazione di prodotto (non sono devi seguire le regole, ma anche il risultato deve essere verificato). Ovviamente a noi consumatori interessa il prodotto. E personalmente non mi interessa la certificazione, anzi: preferisco comprare da una rete di autocontrollo che si chiama “genuino clandestino”: meno costi, meno burocrazia, piu’ controllo sociale.
E comunque quella riportata nell’articolo e’ una ottima notizia per noi consumatori e una brutta notizia per l’industria chimica e OGM!