L’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente, l’Environmental Protection Agency – EPA, ha ricevuto una delegazione di scienziati, ambientalisti e madri preoccupate perché nel latte materno è stato trovato l’erbicida Roundup, prodotto da Monsanto e utilizzato sulle colture geneticamente modificate, il cui ingrediente principale è il glifosato. L’EPA ha sottoposto il Roundup a una revisione ed entro il 2015 dirà se l’utilizzo del glifosato potrà continuare come adesso, se dovrà essere limitato o sospeso. Una valutazione preliminare del rischio dovrebbe essere disponibile entro la fine di quest’anno. L’anno scorso l’EPA aveva acconsentito all’aumento dei livelli di tolleranza ammessi per i residui di glifosato negli alimenti, perché gli studi non indicavano un rischio di cancro.
Mentre Monsanto ribadisce la sicurezza del Roundup, il fatto che il glifosato sia stato rilevato in campioni di urina e latte materno ha suscitato preoccupazioni. Il gruppo Moms Accross America, che ha incontrato l’EPA, ha detto che entro l’anno renderà disponibile uno studio sulla presenza di questa sostanza chimica nel latte materno negli Stati Uniti. I test sinora commissionati dall’associazione di mamme e dal sito d’informazione Sustainable Pulse hanno rilevato la presenza di glifosato nel latte materno in tre campioni su dieci, a livelli compresi tra 76 e 166 microgrammi/litro. Si tratta di limiti inferiori ai 700 microgrammi/litro ammessi dall’EPA, che l’anno scorso aveva innalzato, sulla base di studi che escludevano il bioaccumulo nell’organismo, e che ora ha deciso di sottoporre a revisione. Le analisi su 35 campioni di urine hanno rilevato residui di glifosato in quantità dieci volte superiore a quella rilevata lo scorso anno in un’indagine analoga condotta in Europa dai Friends of the Earth.
Beniamino Bonardi
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Niente da meravigliarsi. E’ noto da tanti anni che il latte materno, che comunque ha enormi vantaggi rispetto all’alimentazione artificiale, è uno degli alimenti contenente un gran numero di “residui” anche se a livelli accettabili, a causa dell’esposizione della razza umana ad un gran numero , diversificato, di alimenti. Ben vengano le revisioni e le decisioni in base a seria analisi del rischio, purché su basi scientifiche e non ideologico-emotive.
Il problema non e’ l’esposizione a un numero diversificato di alimenti, ma ad un numero diversificato di composti chimici che vengono utilizzati, spesso in modo scriteriato, nei processi di coltivazione o di trasformazione degli alimenti stessi e che finiscono invitabilmente per accumularsi nell’essere umano che e’ in cima alla catena alimentare.
In questo caso il latte materno viene scoperto inquinato da diserbante specifico per la coltivazione di piante Ogm perché quello e’ cio’ che e’ stato cercato, ma contiene ormai diossina , PCB, DDT, metalli pesanti e una simpatica schiera di pestici e diserbanti utilizzati nell’agricoltura industriale dell’ultimo mezzo secolo.
Liquidare come “residui” questi composti, talvolta tossici, quando non velenosi o conclamatamente cancerogeni, mi sembra si possa tranquillamente definire minimizzare.
Appunto……..della serie … “niente da meravigliarsi” .non è una novità … = non ci allarmiamo …..già siamo avvelenati abbastanza quindi …..basiamoci su “certe basi scientifiche” …… mi viene in mente una frase di totò…
certamente. noi siamo la trasformazione di quello che mangiamo. i pesticidi sono un enorme pericolo per noi, e secondo me una delle cause principali del cancro.. Dobbiamo stare molto molto attenti, e informati.
Evidentemente , purtroppo, c’è qualcuno che non sa valutare il significato delle parole: “residui” comprende non solo i pesticidi, ma anche metalli pesanti, policlorobifenili, diossine, e quant’altro che non sto ad elencare. Gli alimenti contengono “residui di natura diversa in funzione dell’esposizione (luogo, clima,legislazioni, terreni, acque etc.)e le diverse matrici vengono frequentemente monitorate. Gli umani( e le mamme) ormai mangiano alimenti di qualsiasi provenienza e sono esposti più degli animali alla presenza di “residui” rilasciandoli a loro volta nei liquidi biologici ,fra cui il latte materno. Esistono da decine d’anni, e sono pubblicati su riviste scientifiche autorevoli, studi serissimi in proposito, che garantiscono anche un continuo monitoraggio, utili a valutare e gestire i rischi conseguenti. Quindi “niente da meravigliarsi”, né da costruirci sopra sterili polemiche.
Arroganza e divulgazione sono come le rette parallele, non si incontrano mai.
Anzichè dilungarti in una puntigliosa dissertazione non richiesta e tutto sommato inutile del termine residui, avresti potuto rispondere nel merito dei rilievi che sono stati fatti al tuo intervento.
Contento tu..
Domanda per gli esperti: che senso hanno le valutazioni di tossicità sui singoli elementi quando ne è ormai conclamata la presenza multipla?. Ad esempio tot. microgrammi o altra misura possono indicare il giusto ma se si associano altre sostanze (e come detto negli altri interventi sappiamo con certezza che sono molte), come la mettiamo ?, e ovviamente non è solo un problema per il latte materno ma più generale.
Forse è venuto il moemnto di ripensare tutto il sistema di valutazione, la “tolleranza zero” può non essere la soluzione immediata.
Il problema è a monte lo risolveremo, dopo tutto è da qualche anno che si parla di “sostenibile”, “compatibile”, ecc… occorre mettere a fuoco meglio i termini del problema ma urgentemente …. sperando non sia troppo tardi.
Alfredo, non sbagli. Sono già alcuni anni che si è cominciato a studiare, anche a livello commissioni EFSA, gli effetti di tossicità cumulativa, anche se i limiti attualmente vigenti per i singoli residui sono mediamente da 100 a 1000 volte inferiori ai livelli di tossicità accertata sperimentalmente. Giusto che la tolleranza zero non esiste, anche se purtroppo lo zero viene spesso strombazzato ed attribuito al biologico, che non è vero.