“Il tonno più economico che trovate nei supermercati, dove c’è stampato FAO 61 o FAO 71, proviene dal mare del Giappone dove è stata riversata l’acqua contaminata di Fukushima. Molti produttori fanno inscatolare il tonno in località non sospette con etichette italiane o europee per non far capire che il pescato proviene dal Giappone. Controllate sempre il numero Fao.”
È l’ennesima bufala che gira in rete, rilanciata da numerosi utenti di Facebook riscuotendo subito un certo successo, anche perché spesso è accompagnata dalle foto delle scatolette Coop e Nostromo e altri marchi. Eppure la notizia è completamente falsa e basta poco per rendersene conto che il tonno delle due insegne sia ottenuto da pesci catturati nella zona dove sono state rilevate radiazioni provenienti dalle acque inquinate scaricate in mare dalla centrale nucleare di Fukushima. Eppure, da dovunque lato la si guardi, non c’è proprio niente di vero.
Lo ha chiarito, innanzitutto, l’azienda più citata, Coop che sta pagando, in modo del tutto paradossale, la scelta di indicare volontariamente sulle confezioni la zona di pesca del prodotto. Scrive Coop: “La zona coinvolta dal terribile incidente nucleare è la 61 e non la 71. Come Coop non acquistiamo né abbiamo mai acquistato tonno proveniente dalla zona FAO 61 – Oceano Pacifico del Nord Ovest, zona che comprende l’area del Giappone, l’unica dichiarata eventualmente a rischio, secondo quanto indicato dall’Unione Europea. Inoltre per i nostri prodotti a marchio Coop si utilizza il tonno a pinne gialle, che non vive in quelle acque per via delle temperature troppo basse… Sulla confezione dei prodotti Coop è indicata sempre sia la specie sia la zona di pesca.”
Anche Nostromo precisa che “non ha mai operato in Giappone, né prima né dopo la tragedia di Fukushima, e tantomeno nella zona Fao n.61, che in realtà è la sola interessata da provvedimenti delle Autorità Sanitarie competenti. È quindi quantomeno curioso che chi sta lanciando allarmi sui social network prenda di mira proprio la nostra azienda”
Fa eco AsdoMar, che in una pagina del sito dedicata all’argomento dice: “Non acquistiamo né abbiamo mai acquistato tonno proveniente dalla zona FAO 61. Utilizziamo per le nostre produzioni esclusivamente tonno a pinne gialle pescato nelle calde acque tropicali degli oceani Indiano (zone FAO 51 e 57) e Pacifico Occidentale Centrale (zona FAO 71) lontano dalle acque antistanti il Giappone”. AsdoMar ricorda che: “già dal 2011 monitoriamo l’eventuale presenza di isotopi radioattivi attraverso misurazioni che vengono effettuate direttamente allo scarico dei tonni dell’oceano Pacifico che arrivano interi nel nostro stabilimento”.
I due comunicati e le altre prese di posizione lasciano trasparire la preoccupazione delle aziende del settore per un danno d’immagine che potrebbe essere tanto grave quanto immotivato. La normativa sull’etichettatura dei prodotti ittici non prevede l’obbligo dell’indicazione della zona di pesca per il tonno in scatola ( l’obbligo è valido solo per quello fresco). È dunque una decisione dell’azienda quella di indicare la zona. Alcune hanno deciso di fornire questa informazione ai consumatori e, purtroppo, ne stanno pagando un prezzo assurdo. L’unico modo per contrastare le bufale presenti in rete che spaventano senza motivo i consumatori è fornire un’informazione corretta a chi vuole capire come stanno le cose e non cadere vittima di infondati allarmismi.
Le scatolette di tonno vendute nei supermercati italiani arrivano molto spesso da un’altra area, la 71, situata molto più a sud (Pacifico Occidentale Centrale e Oceano Indiano), ad almeno 4000 km di distanza dalla zona che comprende Fukushima (vedi nota 1). Da questa area proviene infatti circa il 60% di tutto il tonno consumato a livello mondiale, e non si tratta affatto del tonno “più economico”, come riportato in alcuni dei post più allarmisti comparsi on line. Non si capisce quindi da che cosa sia nato l’allarme, se non da una confusione (non si sa quanto ingenua) tra i numeri.
Dopo il disastro della centrale giapponese e i comportamenti poco trasparenti tenuti dall’azienda che la gestiva, è normale che l’opinione pubblica mondiale sia preoccupata e tenda a non fidarsi. Ma gli studi condotti sembrano essere rassicuranti. Innanzitutto quello di Nicholas Fisher, della facoltà di scienze marine e atmosferiche della Stony Brook University, che ha pubblicato su PNAS una valutazione delle possibili conseguenze sulla flora e sulla fauna del Pacifico in base alla radioattività riscontrata finora.
Le conclusioni indicano che i livelli sono talmente bassi da essere inferiori a quelli normalmente rilevati provenienti dalle fonti naturali degli abissi oceanici; neppure per i cittadini della costa Ovest degli Stati Uniti ci sarebbero dunque rischi. Un altro studio, pubblicato su Deep Sea Research dai ricercatori dell’Istituto di fisica complessa dell’Università di Palma di Maiorca, ha calcolato che l’onda contenente le acque contaminate impiegherà non meno di tre anni per raggiungere le coste degli Stati Uniti, e nel frattempo si diluirà ulteriormente tanto da risultare inoffensiva. Altri studi riportano conclusioni dello stesso tenore, arrivando a escludere rischi anche per chi, incidentalmente, consuma pesce transitato nelle acque contaminate.
Suddivisione delle zone di pesca secondo lo schema Fao il tonno Coop e AsdoMar proviene dalle zone 71, 51 e 57 distanti migliaia di km dal Giappone
1) La FAO ha suddiviso le acque del pianeta in alcune zone, a ognuna delle quali corrisponde un numero. L’area in cui sono concentrati i controlli per eventuali contaminazioni radioattive è la 61, cioè appunto quella dell’Oceano Pacifico di Nord Ovest, che comprende anche il Giappone (e che va alla Siberia alla Cina e alla Corea), caratterizzata però da acque troppo fredde per consentire la presenza del tonno a pinna gialla, quello consumato dagli italiani. In quell’area si pescano altri tipi di pesce come il tonno rosso. Anche in questo caso non ci sono problemi per gli Europei che consumano il tonno rosso pescato e/o allevato nel Mediterraneo.
Agnese Codignola
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Giornalista scientifica
qualche considerazione:
1) poco importa se le zone di pesca sono 61, 71 o altre…i pesci pelagici come i tonni MIGRANO e dunque si possono pescare in una area “pulita” ma possono essere stati precedentemente in aree “contaminate” (come evidenziato nel link de Le Scienze)
2) anche i pinna gialla migrano MA soprattutto è una specie in via di estinzione per sovrasfruttamento della pesca (come del resto la maggior parte delle specie di tonni) (link fishbase)
3) in generale TUTTE le specie che sono predatori e di grandi dimensioni all’apice della rete trofica (come i tonni) bioaccumulano sostanze chimiche persistenti (come i metalli pesanti).
4)da quanto sopra… meglio ridurre o evitare il consumo di tonno (di qualsiasi specie) sia per la nostra sicurezza alimentare sia per quella ambientale. Una buona alternativa può essere lo sgombro
5) il nostro pianeta è molto più complesso di quello che ci ostiniamo a voler pensare: tutti noi esseri viventi del nostro pianeta siamo collegati, tutti respiriamo la stessa aria ed utilizziamo la stessa acqua….siamo INTERCONNESSI…TUTTI: noi, gli altri uomini, gli altri organismi viventi e persino gli elementi inanimati del pianeta.
come ci insegna Thich Nhat Hanh dovremmo cercare di raggiungere la consapevolezza che tutelare la natura significa tutelare noi stessi, che ne siamo parte. E viceversa.
“modificando la nostra vita quotidiana – il nostro modo di pensare, parlare e agire – noi modifichiamo il mondo”.
…non è mia intenzione fare il sermone a nessuno:) sono considerazioni “fatte a voce alta” che mi sono venute sbirciando commenti ed opinioni su questa notizia del tonno Coop in scatola. Mi sembra che la domanda circolante sia “è vero che il tonno Coop è pericoloso per noi si o no?'”. O ” posso comprare il tonno Coop o no?”. ma le domande e le risposte possono essere più complesse e numerose, dandoci l’occasione per andare sempre un po più in là…..
un abbraccio
Milena
http://www.lescienze.it/news/2012/05/30/news/tonno_veicolo_radionuclidi_fukushima-1054887/
http://www.greenpeace.it/tonnointrappola/scheda-coop.html
http://www.fishbase.org/summary/Thunnus-albacares.html
“Una buona alternativa può essere lo sgombro”. non si trova in scatola giusto? dal pescivendolo allora? grazie
Lo sgombro in scatola c’è eccome, basta aprire gli occhi
All’Auchan, non c’è sempre-sempre ma spesso:
“Golden Lion – Maccarello al naturale” 1,29 euro barattolo da 400g, 300g sgocciolato.
“Maccarello” è un sinonimo di “sgombro”.
A me piace molto.
Ne faccio scorta quando ci sono i bolloni con sconto 20%.
Ne parlò già tempo fa il Fatto Alimentare http://www.ilfattoalimentare.it/tonni-cesio-fukushima.html
Il tonno a pinne gialle essendo un pesce tropicale ovviamente non si spinge tanto a nord.
I miei complimenti a Milena, condivido quanto dice.
Milena parla bene, ma non da soluzioni: le altre ditte, che tonno vendono? non dobbiamo più mangiare pesce? quali sono i pesci che non migrano e che “non passano” vicino a Fukushima???? E poi mi chiedo: perchè indicare solamente queste tre ditte? (ma questo non riguarda Milena, certo….)