Pagnotta integrale rustica con spighe di grano su tavolo di legno nero; concept: pane integrale

Negli ultimi anni il pane da alimento di sussistenza è diventato un piccolo lusso: la valorizzazione di ingredienti di per sé poveri – farina, acqua e lievito – ha fatto della pagnotta un cibo ricercato e non sempre alla portata di tutti. Le sue origini sono antichissime. Il primo pane di cui si abbia certezza risale al 12.000 a.C. ed è stato ritrovato in Giordania, ma non si esclude che la sua produzione fosse ancora più remota, forse risalente addirittura a 30.000 anni fa. Fu intorno al 3.000 a.C. che gli Egizi perfezionarono la lievitazione scoprendo che un impasto lasciato all’aria e cotto il giorno successivo risultava essere molto più morbido e fragrante.

Dall’Egitto la tecnica della panificazione passò in Grecia dove si producevano oltre 70 qualità di pane; da quel momento la sua diffusione non si arrestò più arrivando in tutti i Paese dove l’incontro con le singole tradizioni alimentari portò a creazioni di impasti molto diversi tra loro.

Il pane sempre più caro

Che il pane sia considerato un alimento fondamentale lo si può capire anche dai numerosi movimenti di protesta chiamati appunto “rivolte del pane” scoppiate quasi sempre a seguito dell’aumento del costo della farina e di rincari alimentari. Se una delle più famose, in quanto raccontata da Manzoni nei Promessi Sposi, è quella avvenuta a Milano nel novembre del 1628 quando il popolo assaltò i forni per nutrirsi, la più recente è quella legata alla stagione della “primavera araba”: l’immagine della baguette sventolata durante una contestazione contro il rialzo dei prezzi dei generi di prima necessità è diventata in breve tempo un simbolo della protesta tunisina. Non siamo di certo a questo punto e, forse, non ci arriveremo mai, ma in Italia il pane sta subendo un sensibile aumento dei prezzi dato che, secondo le stime di AssoPanificatori, dal 2022 al 2025 è rincarato fino al 62%.

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La baguette sventolata durante una contestazione contro il rialzo dei prezzi in Tunisia

Alla base di questo aumento ci sarebbero la guerra in Ucraina, la crisi energetica, la siccità nei Paesi esportatori di grano, l’impennata dei costi di produzione e la speculazione sui mercati delle materie prime. Tra il 2024 e il 2025 i prezzi si sono stabilizzati, ma non sono mai tornati ai livelli pre-crisi: un chilo di pane costa in media tra i 4,5 e i 5,5 euro. Nonostante i cambiamenti e nonostante la diminuzione del consumo annuo pro-capite – oggi in Italia si consumano circa 29-30 kg a testa all’anno, ma nel 1980 la quota italiana era di 84 kg a testa all’anno – i prodotti di panetteria continuano a resistere: per pani e affini gli italiani spendono circa 12,5 miliardi di euro l’anno.

La moda del pane

I prezzi sopra indicati spesso si discostano da quelli delle bakery contemporanee, così chiamati i numerosi nuovi panifici che propongono pani sempre più particolari con lievitazioni più studiate e materie prime ricercate. Un esempio può essere il panificio di Davide Longoni, che nel 2018, con due giovani panettieri, ha lanciato il movimento dei Panificatori Agricoli Urbani. Nei suoi negozi il pane, a esclusione di quello casareccio che costa 6,50 € al chilo, si aggira intorno ai 8,50-9 €/kg. I costi non sembrano però aver rappresentato un ostacolo dato che nella sola Milano ci sono ben nove punti vendita di Longoni, un successo che conferma le tendenze rilevate da AssoPanificatori che annotano un aumento degli acquisti del 60% di pani con grani antichi, del 20% di quelli low carb e del 10% di quelli gourmet, come quelli aromatizzati con lavanda, zafferano e arricchiti con frutta secca.

Pane integrale di segale su un tavolo di legno con spighe
Perché i cibi genuini e alla base della dieta mediterranea devono essere appannaggio di pochi?

Il “nuovo” pane delle origini

La nuova popolarità che sta vivendo il pane – sebbene sia da sempre sulle nostre tavole – è dovuta anche dalla narrazione che viene fatta sui social: la panificazione è soggetta a un vero e proprio storytelling che fa di quest’alimento il protagonista di una storia. Il lavoro che si fa nelle bakery non si limita dunque a fare cibo buono e nutriente, ma si concentra anche sulla sua presentazione.

Il pane diventa così una sorta di linguaggio per parlare della terra, del frumento, delle origini; quelli che una volta erano panettieri sono oggi panificatori con, spesso, alle spalle una formazione diversa rispetto a quella dell’arte bianca. Nato come alimento sinonimo di semplicità, il pane è oggi anche un prodotto di costante ricerca e sviluppo, un aspetto che, se di per sé può essere positivo, rischia di escludere dal suo consumo un’ampia fetta della società. Si torna dunque a porsi un’annosa domanda: perché i cibi genuini e alla base della dieta mediterranea devono essere appannaggio di pochi?

Il pane è servito

La dicitura “pane e coperto”, che risale a quando nel Medioevo i viaggiatori sostavano nelle locande per trovare un posto al riparo dal freddo, un “coperto” appunto, rischia di scomparire per sempre. Nei ristoranti rinomati – in particolare negli USA– il pane non è più un accompagnamento, ma rappresenta una portata a sé stante servita in piatti eleganti con olio EVO o riccioli di burro che arriva a costare oltre 10 dollari. La varietà e la qualità di questo cibo diventa sempre più alta e si allontana dal significato che aveva una volta il pane: l’alimento base che si mangiava insieme al companatico.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos.com

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