Giovane giornalista con microfoni e blocco per gli appunti in mano

In Italia, le querele temerarie e le citazioni civili per diffamazione usate come arma di intimidazione – le famigerate SLAPP, le azioni legali bavaglio – continuano a moltiplicarsi, mentre le riforme promesse da decenni restano al palo. Nel frattempo, migliaia di cronisti si difendono praticamente da soli: senza editore alle spalle, senza manleva, senza assicurazione professionale e spesso senza sapere neppure a chi rivolgersi quando arriva una diffida o una citazione in giudizio.

La proposta di Ossigeno

Da qui nasce la proposta di Ossigeno per l’Informazione, presentata a fine ottobre alla Casa del Jazz, in occasione della giornata ONU contro l’impunità per i crimini contro i giornalisti, per offrire assistenza legale rapida e in parte gratuita ai giornalisti querelati pretestuosamente. Al convegno ne hanno parlato il presidente di Ossigeno Alberto Spampinato, l’avvocato Andrea Di Pietro (coordinatore dello Sportello legale e in prima linea da anni contro le SLAPP) e Paola Spadari, segretaria del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti.

Spampinato parte da un dato che definisce “preoccupante”: in un anno, in Italia, il numero dei giornalisti minacciati è cresciuto del 78%. Dieci anni di attività dello Sportello legale di Ossigeno mostrano una realtà che chi lavora nelle redazioni conosce bene, ma che raramente arriva al grande pubblico. Migliaia di giornalisti vengono colpiti da querele e citazioni civili pur avendo rispettato verità, persone e regole del mestiere; molti non hanno un editore disposto a coprirli e per difendersi devono pagare da soli avvocati e spese di causa, indebitandosi o bruciando i risparmi.

Lo Sportello legale di Ossigeno, finanziato in gran parte dall’organizzazione inglese Media Defence, in dieci anni ha assistito oltre cento giornalisti, con importanti successi in tribunale. Ma è solo “la punta dell’iceberg”: per ogni cronista aiutato, ce ne sono molti altri che restano soli.

Giudice o avvocato firma un documento su un tavolo, su cui è presente un martelletto; concept: tribunale, diritto, legge
L’associazione Ossigeno vuole creare un pronto soccorso legale per giornalisti

Un pronto soccorso legale per giornalisti

L’idea di Ossigeno è quella di creare un pronto soccorso legale per i giornalisti non protetti dall’editore per affrontare le querele per diffamazione. Lo scopo è intervenire subito, nel momento più delicato, quando arriva una diffida, una querela, un avviso di conclusione indagini o una citazione civile. Evitare che il giornalista, spaventato e disorientato, finisca per affidarsi al primo legale e pagare migliaia di euro solo per “capire cosa fare”. Creare una rete di avvocati che condividano la finalità di difendere la libertà di stampa e siano disponibili a offrire una prima consulenza gratuita nelle fasi iniziali e ad applicare tariffe concordate e calmierate nelle fasi successive del processo.

Ossigeno immagina protocolli condivisi con Ordine dei Giornalisti, sindacati e altre istituzioni, per garantire che l’assistenza vada ai giornalisti che hanno agito correttamente dal punto di vista etico e deontologico, come già avviene per lo Sportello. Si tratta, ammettono tutti, di un rimedio parziale: non risolve il fenomeno delle querele temerarie alla radice, ma offre una boccata d’ossigeno concreta a chi rischia di affogare sotto il peso delle spese legali.

Depenalizzare serve?

Nel dibattito sulla riforma della diffamazione, avvocati ed esperti – tra cui lo stesso Di Pietro, che difende Il Fatto Alimentare in una lite temeraria promossa da San Benedetto in cui l’azienda, dopo avere accumulato tre sconfitte in tribunale, in appello chiede 1,5 milioni di euro – insistono sulla necessità di depenalizzare il reato per trasformare la diffamazione da fattispecie penale a semplice illecito civile per permettere ai giornalisti di stipulare una polizza professionale che copra danni e in parte le spese legali. Un’idea condivisibile, ma che rischia di alimentare un equivoco.

Perché anche se ogni giornalista fosse assicurato, le aziende potrebbero comunque avviare querele temerarie. La depenalizzazione non tocca minimamente lo strumento più potente per intimidire la stampa: una citazione civile milionaria, anni di udienze e la necessità di difendersi da accuse infondate. E c’è un elemento di cui si parla pochissimo: una lite temeraria, proprio perché è pensata non per contestare una diffamazione reale, ma per colpire il giornalista, può essere trascinata dalla controparte fino in Cassazione. A questo punto i costi esplodono.

Pila di giornali cartacei; concept: notizie, giornalismo
Depenalizzare il reato di diffamazione non eliminerebbe i rischi di cause civili milionarie

Serve una legge contro le querele temerarie

L’amara verità è che l’assicurazione professionale non copre questi costi. Le polizze, quando esistono, hanno massimali limitati e non includono il contenzioso di legittimità. Il risultato è che un giornalista, pur avendo ragione, si ritrova davanti a spese legali stellari che nessuno rimborsa.

Nel sistema attuale, anche quando il giornalista vince, i giudici liquidano le spese secondo parametri molto più bassi delle parcelle reali. A fronte di costi di decine di migliaia di euro, il rimborso riconosciuto copre solo una parte. È successo anche a me più volte: vincere serve a poco se poi devi pagare le spese dei tuoi legali che il giudice non ha attribuito alla parte perdente.

Ecco perché la riforma non può limitarsi alla depenalizzazione: serve una vera legge anti-SLAPP. Una legge che punisca davvero le cause temerarie, preveda risarcimenti automatici a favore del giornalista se la causa è strumentale, faccia pagare alla parte abusiva tutte le spese legali reali, scoraggi l’uso della giustizia come arma per intimidire la stampa. Una norma che introduca un filtro preliminare per bloccare i procedimenti abusivi e preveda sanzioni concrete per chi usa la giustizia come arma. Finché questo non accadrà, l’assicurazione sarà solo un’illusione di protezione. Perché contro una lite temeraria portata fino in Cassazione, spesso con risorse illimitate e l’unico obiettivo di logorare il giornalista, non esiste polizza che tenga.

La situazione al momento

Al momento è attiva una raccolta firme diretta alla Commissione Europea “Stop Abusive Lawsuits!”.
Anche Greenpeace ha lanciato la campagna “Time to Resist” per difendere non solo il Pianeta, ma anche le voci che ogni giorno lo proteggono: attivisti, giornalisti, scienziati, whistleblower.
Il gruppo di lavoro nazionale CASE Italia* ha lanciato la campagna “Libera voce in libero Stato” per chiedere una normativa nazionale che contrasti davvero il fenomeno delle SLAPP e garantisca una sostanziale tutela della libertà di stampa ed espressione nel nostro Paese.

© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, Depositphotos

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Flavio
Flavio
26 Novembre 2025 19:50

Perché Il Fatto Alimentare, magari in collaborazione con altri soggetti interessati, non si fa promotore di una raccolta firme (è possibile anche online) per una legge di iniziativa popolare?
Secondo me sarebbe una valida iniziativa che, tra le altre cose, vi darebbe un’enorme visibilità mediatica.

Valeria Nardi
Reply to  Flavio
11 Dicembre 2025 11:56

Al momento è attiva una raccolta firme diretta alla Commissione Europea “Stop Abusive Lawsuits!”. https://www.the-case.eu/campaigns/tell-eu-stop-abusive-lawsuits/
Greenpeace ha lanciato la campagna “Time to Resist” per difendere non solo il Pianeta, ma anche le voci che ogni giorno lo proteggono: attivisti, giornalisti, scienziati, whistleblower https://www.greenpeace.org/international/act/time-to-resist/
Il gruppo di lavoro nazionale CASE Italia* ha lanciato la campagna “Libera voce in libero Stato” per chiedere una normativa nazionale che contrasti davvero il fenomeno delle SLAPP e garantisca una sostanziale tutela della libertà di stampa ed espressione nel nostro Paese. https://www.thegoodlobby.it/campagne/liberta-espressione/

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