Un agricoltore tiene tra le mani tre diversi tipi di pannocchie; concept: agrobiodiversità

Lo scorso 3 settembre, nell’ambito del meeting annuale 2025 Africa Food Systems Forum (AFSF) svoltosi a Dakar, in Senegal, è stato presentato il Manifesto di Kunming. Il documento, frutto dell’elaborazione dei lavori di oltre 800 esperti di 60 Paesi riunitisi al terzo congresso mondiale sull’agrobiodiversità svoltosi appunto a Kunming, in Cina, all’inizio dell’anno, ha lo scopo di innescare una vera e propria rivoluzione culturale, ancora prima che pratica, su come si produce il cibo nel mondo. La parola d’ordine dovrebbe infatti essere agrobiodiversità, perché solo coltivando e allevando in un ecosistema che sostenga ed esalti la presenza contemporanea di più specie e rispetti le esigenze di tutti i protagonisti si può sperare di avere un futuro. Del resto, alcune esperienze già dimostrano non solo che tale approccio è possibile, ma anche che è vantaggioso per tutti.

C’è bisogno di agrobiodiversità

Il sistema globale della produzione di cibo è inefficiente e ingiusto, e causa perdita di biodiversità, aumento delle emissioni climalteranti e degradazione delle terre e delle acque, mentre produce alimenti sempre più poveri dal punto di vista nutrizionale, enormi disparità nella produzione e nella distribuzione, spreco, rifiuti, e un accesso sempre più ristretto a una dieta di qualità elevata.

Come ha ricordato anche il 2025 State of Food Security and Nutrition in the World della FAO, nel 2024 l’insicurezza alimentare in Africa è aumentata, e ha portato oltre un miliardo di persone – soprattutto donne e bambini – in una condizione nella quale non è garantito l’accesso a cibi nutrizionalmente validi. Tre sole colture – mais, riso e frumento – forniscono due terzi delle calorie alla popolazione mondiale ma, da sole, non sono sufficienti per costituire una dieta bilanciata. D’altro canto, la loro coltivazione intensiva, che ne ha rimpiazzate moltissime altre, locali e assai più adatte ai climi e alle condizioni delle aree dove si erano sviluppate, richiede ingenti quantità di fertilizzanti e pesticidi che, a loro volta, sono le cause principali dell’impoverimento dei suoli, dell’aumento delle emissioni e della perdita di biodiversità.

Il sistema si è ‘rotto’

Per questi motivi, come scrivono gli autori, ricercatori di alcune università cinesi, della Biodiversity for Food and Agriculture della Alliance of Bioversity International & CIAT di Roma (coordinati da Carlo Fadda), e di Bioversity International con sede in Colombia, il sistema è rotto (broken). E, come ha sottolineato Fadda presentando il documento, è indispensabile che tutti collaborino a rifondarlo: dagli agricoltori e allevatori ai decisori politici, dai ricercatori alle agenzie governative, dai finanziatori al comparto economico dell’agribusiness, da chi lavora il cibo a chi lo distribuisce e lo vende, fino a chiunque, nei più disparati momenti con le più varie funzioni, prenda parte alla filiera. In che modo? Tenendo a mente alcuni paradigmi che devono orientare le decisioni e le iniziative.

Manifesto di Kunming 2025

Le quattro direttive del Manifesto di Kunming

  1. Il concetto di agrobiodiversità deve diventare il cardine della COP30, la Convenzione di Rio su clima, desertificazione e biodiversità, e permeare ogni scelta. Oggi occupa uno spazio marginale, e anche negli incontri internazionale viene relegato ai margini, in sezioni separate, ma questo deve cambiare.
  2. Le comunità locali e indigene devono assumere un ruolo centrale, in quanto custodi dell’agrobiodiversità da secoli e, in molti casi, salvatrici di intere culture alimentari altrimenti spazzate via dai sistemi di coltivazione e allevamento industriali. Quelle sopravvissute – scrivono gli estensori del Manifesto di Kunming – devono essere sostenute e valorizzate al massimo, perché da loro possono arrivare soluzioni innovative per i problemi con cui ci confrontiamo ogni giorno.
  3. Dal punto di vista economico, è opportuno sapere che i conti tornano, perché l’agrobiodiversità concilia le esigenze di profitto con l’equità sociale, la resilienza dei sistemi climatici, la salute degli ecosistemi e la disponibilità di cibo. Nel Manifesto vengono esplicitamente affrontati alcuni degli aspetti più delicati, con proposte e suggerimenti pratici. 
  4. I sussidi multimiliardari che oggi sostengono le tecnologie intensive devono essere in gran parte dedicati all’agrobiodiversità, per impostare una produttività che sia il frutto di ricerche, atti politici e relativi finanziamenti, allo scopo di porre tutta l’attenzione sull’uomo e contemporaneamente sull’ambiente, risanando i suoli e le acque.

Esempi di agrobiodiversità

Non si tratta solo dell’ennesima dichiarazione di intenti destinata a rimanere un bel progetto, irrealizzato. Per dimostrare che un altro approccio è possibile, gli autori hanno dedicato uno spazio rilevante ad alcune esperienze molto positive che sono al momento in corso in Cina, in Francia, in Indonesia, in Kenya e in Uganda, in Messico, e in Perù. 

Per citare un esempio, Kenya e Uganda hanno firmato un accordo per la condivisione delle sementi e la creazione di una grande biobanca, sostenuti, tra il 2010 e il 2023, dall’Alliance. L’accordo ha permesso l’accesso a semi di piante di diverso tipo, in gran parte locali e quindi resistenti e nutrienti, a prezzi del tutto accessibili, a più di 10 mila coltivatori dei due Paesi, e la vendita di semi e piante ha fruttato più di 100 mila dollari.

Tutte queste realtà dimostrano che cosa significhi porre l’agrobiodiversità al centro, ma se si vuole passare da situazioni locali a un’impostazione diversa di tutto il sistema globale, è necessario uno sforzo di tutt’altre dimensioni, politico ed economico, pubblico e privato, del mondo profit e di quello no profit, in una collaborazione internazionale che caratterizzi il sistema.

L’agrobiodiversità non può risolvere tutti i problemi, concludono gli autori, ma di certo può aiutare molto a colmare le disuguaglianze e a mitigare gli effetti di decenni di pratiche intensive, fornendo al tempo stesso soluzioni nuove per affrontare le mutate condizioni climatiche.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Alliance of Bioversity International & CIAT

Giallone 03.07.2025 dona ora

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