Mentre continuano le polemiche sulla carne coltivata, sta arrivando sul mercato, in tempi più rapidi, un altro prodotto destinato a far discutere: parliamo del cosiddetto latte sintetico, prodotto in laboratorio utilizzando le stesse componenti del latte vaccino, e quindi molto più simile all’originale rispetto ai sostituti a base di soia o riso già disponibili. Un prodotto su cui stanno lavorando diverse start up, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti e di venire incontro alle esigenze dei vegani che non consumano prodotti di origine animale.
Il percorso su cui la sperimentazione è più avanzata si chiama fermentazione di precisione, e permette di produrre la caseina, la principale proteina del latte, utilizzando microorganismi, con un processo simile a quello utilizzato per la fermentazione alcolica: si inseriscono nelle cellule di lievito le ‘istruzioni’ per produrre le proteine del latte provenienti dal DNA delle vacche. Questi lieviti sono poi fatti crescere e proliferare all’interno di fermentatori, e al prodotto ottenuto si aggiungono zuccheri e grassi per ottenere un liquido dalle caratteristiche organolettiche simili a quelle del latte.
Il latte sintetico di Remilk e Perfect Day
Il latte sintetico probabilmente non sarà destinato al consumo diretto, ma utilizzato come ingrediente per prodotti da forno, pasticceria, formaggi, yogurt e soprattutto gelati, in cui il latte è spesso indispensabile e che per i consumatori vegani è uno dei principali desideri insoddisfatti. Il primo Paese a mettere in commercio questi prodotti è stato Israele, grazie all’azienda Remilk, che assicura di essere riuscita a produrre grazie alla fermentazione una bevanda simile al latte per cremosità e gusto, che oltretutto non contiene lattosio o grassi animali: può quindi essere consumata da chi è intollerante al lattosio ma, come tutti i prodotti realizzati con questo procedimento, non da chi è allergico alle proteine del latte perché quelle sintetiche contengono gli stessi allergeni delle proteine naturali.
Un’altra azienda già attiva nel settore è l’americana Perfect Day che produce ProFerm un “ingrediente a base di proteine animali realizzato attraverso la fermentazione” – così definito – pensato per produrre yogurt, gelati, formaggi, bevande e altro ancora. Sia Perfect Day che Remilk hanno già ottenuto l’autorizzazione al commercio in diversi Paesi. Alcuni prodotti anzi sono già sul mercato in Paesi asiatici come Hong Kong e Singapore, ma anche negli Stati Uniti dove sono in produzione varie marche di snack e gelati, ma anche formaggi.
La questione del formaggio
Quello del formaggio è un caso a parte, perché ci sono due tipi di problemi: quello relativo alla materia prima, il latte, e quello degli enzimi utilizzati per cagliarlo, che possono essere di origine animale, vegetale o industriale. Da tempo immemorabile – i primi reperti risalgono al 1500 a.C. – per produrre il formaggio si usano principalmente gli enzimi estratti dallo stomaco di ruminanti (bovini, ovini, caprini) giovani e non svezzati, che li producono nei primi giorni di vita per digerire il latte materno.
Per secoli dunque – a parte i casi meno frequenti in cui si impiegano cagli a base vegetale, utilizzati ancora oggi soprattutto per produrre alcuni pecorini – per fare il formaggio è stato necessario sacrificare questi animali: a parte i problemi etici, si tratta di un processo costoso e che ha portato l’industria casearia ad affrontare il problema di una carenza di materia prima. Tanto che oggi, anche per fare fronte all’aumentata richiesta di prodotti caseari, il formaggio industriale (circa il 90% nel Regno Unito e negli Stati Uniti) si produce utilizzando chimosina – il principale enzima che compone il caglio – realizzata in laboratorio con vari procedimenti.
Questo metodo si utilizza invece per i formaggi DOP, per il quale il disciplinare impone l’utilizzo di caglio animale, o in qualche caso di caglio vegetale (ne abbiamo parlato in questo articolo sui formaggi adatti ai vegetariani). Resta il fatto che l’uso combinato di chimosina e proteine del latte prodotte con la fermentazione renderebbe questi prodotti accessibili non solo ai vegetariani, ma anche ai vegani.
Le reazioni all’avvento del latte sintetico
Come era prevedibile, queste innovazioni hanno messo in agitazione il mondo degli allevatori: nel giugno 2023, la National Milk Producers Federation statunitense ha cercato di arginare il fenomeno chiedendo all’FDA di vietare alle start up di usare il termine ‘latte’ per descrivere i propri prodotti e anche se in Italia, e in generale in Europa, questi non sono ancora disponibili, lo scorso anno anche la Coldiretti ha lanciato un allarme contro i cosiddetti ‘cibi Frankenstein’. Mentre la FAO guarda con interesse a nuovi metodi di produzione che potrebbero essere “redditizi, sicuri e vantaggiosi per l’ambiente”.
La sensazione è che questi prodotti siano destinati a diffondersi, anche se probabilmente dovremmo aspettare un bel po’ prima di trovarli nei nostri supermercati: ma i vantaggi per l’ambiente sono innegabili e la procedura è più semplice rispetto a quella utilizzata per la carne coltivata: è probabile che il ‘latte sintetico’ sia destinato ad affiancare, probabilmente senza sostituirle, le bevande vegetali già utilizzate da chi per diversi motivi sceglie di evitare il latte e i suoi derivati.
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, Remilk, Perfect Day
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giornalista scientifica
Speriamo che il cognato d’Italia non legiferi contro come ha già fatto con la carne coltivata.