La guerra dei prezzi è iniziata con la pubblicità radiofonica firmata dagli ipermercati di Coop Lombardia che annunciano la vendita del panettone Balocco a 2,79 €. Certo il dolce di Natale è nella versione da 750 g, ma si tratta comunque di un prezzo eccezionale. Con la stessa cifra si comprano due litri di latte fresco di alta qualità oppure un chilo di biscotti per la prima colazione.
Quanto costa davvero
Com’è possibile? La domanda è lecita visto che un panettone industriale classico viene pagato dal supermercato almeno 4 euro e dovrebbe essere venduto a 8-9. In realtà sugli scaffali si trova sempre almeno una marca in offerta al prezzo di 5-6 euro. I conti comunque non tornano, perché Ipercoop Lombardia con la sua offerta perde da 0,50 a 1 euro a pezzo.
Vendere in perdita è una cosa che non succede mai nella grande distribuzione. Anche nelle vendite sottocosto, i supermercati stipulano contratti con le industrie per cui alla fine il prezzo è “sottocosto” per il cliente, ma non per la catena che attraverso complessi sistemi di vendita e contratti a fine anno non ci perde mai.
Il panettone è un affare
La morale di questo discorso è che pagare il panettone Balocco a 2,79 è un affare e probabilmente nei prossimi anche altri supermercati metteranno in vendita panettoni a prezzi incredibili.
Pagare un panettone Maina, Melegatti, Bauli… 5-6 €/kg è comunque un ottimo acquisto considerando che il dolce natalizio deve rispettare un disciplinare di produzione che assicura una certa qualità di standard. La scelta è valida anche quando si scelgono le marche private dei supermercati (Coop, Esselunga, Conad, Lidl…) che costano un euro in meno, ma sono preparati dalle stesse aziende leader. Si tratta sempre di prodotti dolciari di alta qualità.
Per panettone e pandoro la grande distribuzione fa veramente un regalo ai consumatori ed è disposta a vendere in perdita. Si tratta però di un “regalo” sui generis perché chi compra il panettone a prezzi stracciati (spesso) poi riempie il carrello in modo inverosimile.
© Riproduzione riservata. Foto: AdobeStock
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
D’accordissimo sulle ultime righe. Un panettone o qualcos’altro venduto anche in perdita reale vanno messi nel conto& pubblicità. Costano comunque meno di uno spot nazionale e rendono bene.
Poi ti accorgi che Bistefani è un marchio di Bauli, così come Motta. Hanno riposizionato in alto Motta, che negli anni passati spesso era venduto in offerta al prezzo più basso, facendolo “ridisegnare” da Barbieri (che pasticcere non è) e venduto quest’anno sopra i 12 euro.
Alla fine dei conti la scuderia Bauli, con i suoi marchi, si posiziona su tutte le fasce di mercato, competendo così su ogni fronte.
Si tratta di un riposizionamento di marketing che non so quanto corrisponda a un salto di qualità del prodotto
Ho commesso un errore: il marchio del gruppo Bauli che commercializza il panettone low cost è BISTEFANI e non BALOCCO, come ho erroneamente scritto. Mi scuso.
Condivido i contenuti proposti, con regolarità annuale dal dott. La Pira, ma sulla qualità spesso rilevo delle differenze o addirittura delle “scivolate”.
Chi esagera con uvetta, magari gigante, chi non conosce il cedro candito, chi fa scomparire il sentore del burro, chi cuoce senza considerare le linee guida sull’acrilammide, chi profuma tutto d’arancia, chi lo lascia umido al punto che non riesci a tagliarlo e chi ha le uvette “precipitate” sul fondo (bruciate) o esposte sulla superficie (bruciate pure quelle) chi mette i canditi talmente piccoli da ricordare il Carnaroli.
Una guida all’acquisto fatta dalle associazioni di consumatori aiuta a scegliere, ma spesso arriva quando gli acquisti sono già stati fatti (o non arriva affatto).
Acquistato a 99 cent all’Iper sabato 30 Novembre. Teoricamente erano vendite contingentate a 2 pz a persona al giorno, ma se non veicoli le vendite tramite tessera tutto è aggirabile o comunque non interessa controllare.
C’è anche da dire che questi prodotti dolciari vengono messi in vendita con grande anticipo rispetto alle festività allo scopo di anticiparne l’acquisto e quindi i consumi ( in un vecchio spot pubblicitario ” il Natale quando arriva arriva”) e le vendite contenendo i prezzi. Non è un caso infatti che fino a pochi anni fa si ricorreva alle svendite post-festività per recuperare profitti, oggi si preferisce anticipare le svendite nel periodo prefestivo, tanto è vero che dopo le feste si trovano pochissimi invenduti.
Ma perché bisogna comperarli nei supermercati,quando si trovano uguali e più freschi nei negozi aziendali o spazi aperti al pubblico,a costo di produzione (quasi),ci sono tutti i prodotti e al prezzo che si vuole,ma molto più importante è che almeno sono appena fatti o hanno poco tempo, ma sapete quanto tempo prima arrivano nei supermercati,e venduti come appena prodotti.
“Vendere in perdita è una cosa che non succede mai nella grande distribuzione”
Lavoro da 40 anni per e con la GD, questa affermazione non è corretta .
Vendere in perdita non succede nella grande distribuzione e anche nel sottocosto la catena non ci perde mai.È vero. Ma infatti nell’articolo si parla dell’unico caso che capita durante l’anno .