allevamenti maiali

Coldiretti e il Consorzio del Prosciutto di Parma da qualche settimana hanno assunto il ruolo di paladini degli allevatori di maiali, che dall’inizio dell’epidemia di peste suina hanno dovuto abbattere quasi 120 mila maiali, e dei produttori di prosciutti, che sarebbero a corto di materia da stagionare. Sono bastati pochi comunicati per richiamare all’ordine e mettere in riga il governo e i ministri Lollobrigida e Schillaci, che hanno in effetti avviato iniziative concrete per arginare l’epidemia. I due ministeri che per tre anni hanno fatto poco e male, hanno nominato un Commissario che dimostra di conoscere il problema e che ha adottato provvedimenti seri. Poi sono arrivati anche nuovi milioni di ristori per la filiera.

Insomma, a Coldiretti è bastato alzare la voce, e al Consorzio del Prosciutto di Parma ipotizzare per la seconda volta in pochi mesi una criticità di approvvigionamento del prosciutto per allertare il Governo.I due soggetti, che oggi si ergono a paladini contro il virus, per 30 mesi hanno fatto ben poco anche se il problema interessava direttamente i propri soci. Coldiretti ha osservato inerme l’evolversi di  un’epidemia salvo attribuire la colpa ai cinghiali e sollecitandone l’abbattimento.

L’inattività del Consorzio contro la peste suina

Il Consorzio ha semplicemente osservato l’evolversi  delle situazione. Un anno fa il Consorzio ci scriveva che da 20 mesi seguiva la vicenda considerata una “minaccia” e un pericolo per la “drastica riduzione della materia prima”, precisando di avere sollecitato tutte le autorità e i ministeri senza “intravedere ad oggi la risoluzione del problema”. La missiva che abbiamo ricevuto concludeva dicendo: “Il nostro ruolo, oltre alla tutela del comparto e alla salvaguardia dei mercati, non può spingersi oltre: in questo stato emergenziale possiamo soltanto affidarci al piano operativo messo in campo dalle Autorità sanitarie competenti che applicano le disposizioni comunitarie previste in questi casi”.

Da allora sono passati 10 mesi il numero di allevamenti colpiti dalla peste suina è lievitato da 2 a 50 e gli animali abbattuti da poche centinaia a 117.879. Il Consorzio è rimasto per tutto questo tempo alla finestra a vedere un disastro annunciato, che il nostro sito ha documentato con due decine di articoli. Per dover di cronaca va dato che da quando è scoppiata l’epidemia di peste suina sono passati 30 mesi e il Consorzio riporta sul suo sito un solo comunicato datato 16 aprile 2024!

Cosce di Prosciutto di Parma appese per la stagionatura
Fino ad aprile 2024, il Consorzio del Prosciutto di Parma si è limitato a osservare l’evolversi dell’epidemia di peste suina

Coldiretti e i cinghiali

Coldiretti, che ora difende gli allevatori si è data da fare in questi anni, ma a sproposito. L’unica cosa che ha funzionato è stata la richiesta di 1,9 milioni di euro di ristori al governo, che naturalmente ha ottenuto subito. La lobby infatti ha diramato 30 comunicati sulla peste suina in cui parla di abbattimento di cinghiali e auspica l’intervento dell’esercito. Insomma l’esatto opposto di quello che gli esperti consigliano di fare. Tant’è che il documento Ue di questa primavera invitava ad abbattere i cinghiali in modo selettivo nelle zone dove non c’è la peste suina per creare aree cuscinetto, senza scomodare l’esercito che non ha grande esperienza nella caccia al cinghiale. Il documento sottolineava l’urgenza di adottare le misure di biosicurezza che Coldiretti non ha mai menzionato.

Il contenimento dei cinghiali

L’invito agli allevatori di mettere in sicurezza le strutture non figura nei comunicati di Coldiretti, come pure le restrizioni verso le persone che vanno nei boschi . “I cinghiali sono animali stanziali – spiega Andrea Mazzatenta docente di fisiologia Università  Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara e docente di Psicobiologia e psicologia animale Università degli Studi di Teramo  – che in condizioni normali restano nel loro territorio. Se sconfinano, lo fanno in poche occasioni e comunque ritornano sempre nella loro area. In ogni caso si tratta di piccoli spostamenti. Se però vengono cacciati scappano e si spostano in nuove zone. In questo modo perdono i riferimenti, diventano nomadi e finiscono nelle strade e nelle aree urbane.”

“La caccia disordinata – continua Mezzatenta – che è stata incentiva in tutti i modi, tanto da avere coinvolto anche l’esercito, ha avuto come risvolto la diffusione della peste suina veicolata da cinghiali in fuga. Solo in questo modo si spiega il costante e progressivo spostamento del virus da Genova verso l’Emilia, il Piemonte, la Lombardia. La cosa da fare all’inizio dell’epidemia era recintare la zona dove è stata trovata la prima carcassa di cinghiale e lasciare che il virus facesse il suo corso”.

La caccia non è la soluzione alla peste suina in Italia

Simile il parere di Giovanni Ballarini, professore emerito dell’Università degli Studi di Parma e uno dei maggiori esperti italiani del settore che in un’intervista recentissima all’Accademia dei Georgofili dice “Un’eradicazione della peste suina africana dei cinghiali con una loro depopolazione nelle foreste italiane pare un obiettivo non raggiungibile nell’immediato, probabilmente nemmeno a medio-lungo termine. Limitati sono i risultati della caccia operata dall’uomo che riguarda gli animali più grandi con un ringiovanimento della popolazione, trasformando la popolazione di cinghiale in una continua crescita di giovani più sensibili alle infezioni. Una attività venatoria può inoltre favorire la dispersione dei cinghiali e quindi la diffusione in altre aree di animali portatori del virus, mentre potrebbe avere un certo ruolo lungo i corridoi arboricoli che dai boschi si dipartono verso le aree antropizzate arrivando fino alle città”.

cinghiali caccia animali selvatici cacciagione carne
La caccia e l’abbattimento dei cinghiali non sono la soluzione all’epidemia di peste suina in Italia

Le misure giuste arrivate troppo tardi

Non avendo seguito questo percorso, per difficoltà oggettive, per mancanza di fondi per incapacità dei commissari, per il mancato coinvolgimento delle strutture del territorio, bisognava forse agire allertando allevatori, escursionisti e operatori della filiera ad adottare misure di biosicurezza per evitare il contato con i cinghiali (misure decise a fine agosto 2024, ovvero 30 mesi dopo l’inizio dell’epidemia). Si tratta di un ragionamento difficile da confutare, il cui significato è sfuggito a Coldiretti e al Consorzio che potevano fare pressioni legittime alle strutture e ai ministri, oltre che convincere i propri aderenti ad adottare tutte le misure di biosicurezza. Questo doveva scrivere Coldiretti ai soci piuttosto che concentrarsi sulla caccia ai cinghiali.

Quando Coldiretti chiedeva di bloccare le importazioni dal Belgio

Eppure Coldiretti sa cos’è la peste suina visto che nel settembre 2018 chiede lo “stop immediato alla carne di maiale importata dal Belgio dopo la scoperta di due casi di peste suina africana… – e prosegue – Questo virus può essere trasmesso facilmente da un animale all’altro attraverso stretti contatti tra individui, o con attrezzature contaminate (camion e mezzi con cui vengono trasportati gli animali, stivali, ecc.) o attraverso resti di cibo che trasportano il virus e abbandonati dall’uomo.”

“Considerata dunque la facilità di trasmissione – conclude Coldiretti – il rischio che il contagio possa essere esteso agli allevamenti italiani rappresenterebbe un gravissimo danno economico per le imprese e per la pubblica amministrazione, con costi di decine di milioni di euro per procedere ai necessari interventi di prevenzione”. Coldiretti si preoccupa della peste suina in Belgio perché potrebbe contagiare i nostri allevamenti, ma poi per due anni segue l’evolversi dell’epidemia  in Italia come farebbe un marziano senza allertare i suoi allevatori dei pericoli.

Questa è la storia di come sono andate le cose. Adesso, dopo 30 mesi, è molto difficile fare previsioni che non siano pessimistiche. Nessuno vuole spiegare come si è arrivati a questa situazione, nessuno vuole prendersi le responsabilità del disastro. Una storia all’italiana fatta di incompetenze di lobby che hanno indirizzato l’attenzione verso i cinghiali e non verso gli allevatori e i soggetti coinvolti nel territorio. Purtroppo il futuro prossimo non è per niente roseo e per anni dovremo convivere con la peste suina. Questo bisogna dirlo chiaramente.

© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos

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Federico
Federico
27 Settembre 2024 11:21

Formulo una semplice domanda, se qualcuno è in grado di dare una risposta. Nell’organigramma del Consorzio del Prosciutto di Parma c’è una persona che ne capisce di zootecnia ? Se si quella è la persona cui andare a chiedere conto (assieme al Direttore). Altrimenti, forse c ‘è da farsi qualche domanda…

Osvaldo F
Osvaldo F
27 Settembre 2024 16:15

Credo qui manchi un NON
BUON lavoro
Adesso, dopo 30 mesi, è molto difficile fare previsioni che siano pessimistiche

Giulia Crepaldi
Reply to  Osvaldo F
27 Settembre 2024 16:33

Grazie della segnalazione, abbiamo corretto.

Osvaldo F
Osvaldo F
27 Settembre 2024 16:17

Certo che controllare le passeggiate nei boschi non è per nulla semplice, ho letto l’articolo dove tempo fa indicavate le accortezze, molto complicato! Adesso poi in stagione di funghi la gente a giro c’è n’è tanta immagino

Oscar Nora
Oscar Nora
27 Settembre 2024 20:13

Grazie, da allevatore, Grazie.

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