L’ultimo cinghiale morto per la peste suina è stato trovato quattro giorni fa (il 14 giugno) a 35 km in linea d’aria da Piazza del Duomo (Milano). La località del ritrovamento si trova nel comune di Gambolò (provincia di Pavia) e dista pochi km da un allevamento di riproduzione di maiali. La notizia è curiosa, perché poche persone conoscono l’esistenza di un’epidemia che nel gennaio 2022 è arrivata in Italia e ormai interessa sette regioni. Il problema non è piccolo visto che fino ad ora le autorità sanitarie hanno registrato il ritrovamento di 2.263 carcasse di cinghiali. Il virus della peste suina infatti è letale per i cinghiali e si trasmette facilmente ai maiali per contatto diretto e indiretto utilizzando come veicolo cibo, le deiezioni, attrezzature e veicoli contaminati.
Peste suina, un’emergenza sottovalutata?
La politica ha tenuto sotto traccia il problema a lungo per non allarmare la popolazione, adducendo la motivazione che il virus non rappresenta un problema sanitario per le persone, e quindi i prosciutti e i salumi si possono consumare. È vero, ma è altrettanto vero che le autorità competenti hanno già abbattuto 40 mila maiali perché il virus è entrato nel settembre nel 2023 in alcuni allevamenti di maiali nel pavese e che diversi Paesi hanno bloccato le importazioni di salumi.
Insomma, ci sono centinaia di allevatori terrorizzati perché la peste suina è alle porte delle aziende agricole e se il virus supererà ancora le barriere di biosicurezza allestite, gli abbattimenti decuplicheranno in un batter d’occhio e le frontiere si chiuderanno ulteriormente. Purtroppo non si tratta di fantasie: le misure di contenimento del virus hanno già coinvolto Langhirano, la patria del prosciutto di Parma, e i consorzi di diversi salumi Dop.
In questi mesi c’è un gran movimento e si contano decine di riunioni fra allevatori, autorità sanitarie, veterinari e addetti ai lavori per adottare provvedimenti efficaci, ma le difficoltà e i ritardi sono enormi. Ormai sembra troppo tardi per eliminare la peste suina e si possono solo limitare i danni. Per capire il livello di pressappochismo e di incompetenza manifestate in questi due anni e mezzo basta dire che l’ultimo commissario straordinario per l’emergenza della peste suina è stato riconfermato dopo due mesi di vuoto.
Ora si cerca di rimediare
Adesso, anche i politici si sono accorti del problema e cercano di arginare un’epidemia per molti ormai incontrollabile. La Regione Lombardia in questi giorni ha approvato un’ordinanza per agevolare l’abbattimento dei cinghiali riducendo i vincoli burocratici e autorizzando i cacciatori a sparare anche dal cassone del proprio pick-up!
In questi due anni e mezzo solo Il Fatto Alimentare, insieme a uno sparuto gruppo di altri media, ha sollevato il problema in modo insistente. Eravamo preoccupati come qualsiasi veterinario che ha superato l’esame di stato e conosce la malattia. Altri soggetti importanti, come i consorzi del prosciutto di Parma e di altri salumi che operano in Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte, oltre che Coldiretti, hanno praticamente ignorato il problema come se non li riguardasse. I commissari operativi dall’inizio dell’epidemia, hanno fatto poco e spesso male, non sempre per colpa loro.
L’esito è un disastro annunciato che il Governo cerca di rimediare stanziando 25 milioni di ristori stanziati a favore della filiera. Qualcuno sostiene che la filiera del maiale pesante italiano, proprio quello usato per i salumi e prosciutti Dop, è a rischio e sarà difficile recuperare, e che ciò sottolinea l’incapacità delle autorità sanitarie. La speranza è di non dover scrivere fra qualche mese un articolo sul ritrovamento della carcassa di un cinghiale in Piazza Duomo con i commenti sorpresi degli addetti ai lavori che non se l’aspettavano.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Un sentito ringraziamento ai cacciatori che, ormai anni e anni fa, hanno fatto sì che si importassero cinghiali dall’est europa, molto più prolifici dei nostrani.
Si sono incrociati con gli esemplari locali e, mentre prima si vedeva una cinghialessa con al seguito al massimo tre piccoli, ora si vedono sei, sette, anche dieci piccoli.
Ancora un sentito grazie.
Ricordo che uno slogan diceva “caccia, sport popolare nella natura” e “i cacciatori sono i veri ambientalisti”.
mavalà
Quindi alla fine hanno fatto lobby (immagino più o meno indirettamente) per importarli proprio loro?
Vorrei aggiungere il mio ringraziamento a questi cacciatori che per giocare alla guerra si sono organizzati da soli senza pesare sullo Stato o sulla scarsa fauna nostrana. Visto che ci sono colgo l’occasione per ringraziarli dei cartelli messi nel Parco dei Colli di Bergamo, sui sentieri: ATTENTI AL CAPANNO (ma il pericolo non è il capanno ma i proiettili che vi vengono sparati).
Un disastro annunciato dove nessuno fa assolutamente nulla per rimediare.
I cinghiali vanno sterminati come hanno fatto in Belgio in un mese, qua andiamo avanti a tarallucci e vino. Certamente per i prossimi 25 anni l’export verrà a meno.
Il Belgio ci è riuscito, forse c’è speranza. Il governo però parlava tanto di poter sparare liberamente al cinghiale, come è andata? I mercati dovrebbero essere pieni, l’uomo è stato fin troppo bravo a fare estinguere le specie e purtroppo continua, anche per gli effetti indiretti del riscaldamento climatico, che ormai è la mucca nelle rotaie, altro che corridoio, con il treno che accelera quando invece dovrebbe frenare, sapendo che non si fermera subito e dovrà prima rallentare.
Dovrebbe farcela anche con questi cinghiali. Sterminare è brutto, però, diciamo ridimensionandoli per un ecosistema dove sono invasivi, magari quarantenando i sopravvissuti, non saprei. Ci vorrebbero degli esperti, ma non sembrano piacere, già ai governi in generale, figuriamoci a questo.
Ma con i ristori – elargiti magari in campagna elettorale – ci guadagnano tre volte: 1) il tornaconto elettorale; 2) nessun rischio di fare una magra figura con le misure di contenimento; 3) nessuna conflittualità con le parti in causa.
Sparare anche dal cassone del proprio pick-up! Fa molto profondi Stati Uniti o outback australiano…noi con regole così andiamo solamente a farci del male..
Se giri sui siti online di varie riviste di armi, noterai che il “leit motiv” è sempre e solo uno: liberalizzare al massimo la detenzione e l’uso di armi, con tanta fuffa decantata in merito alle valutazioni sulla capacità e sulla sicurezza dei potenziali e futuri detentori.
Non stupisce quindi che si autorizzi a sparare dal cassone del pick-up, probabilmente il prossimo passo, per chi ha casa in campagna o montagna, sarà sparare a vista ai cinghiali direttamente dalla finestra o dal balcone.
Ma se la linea è quella di un abbattimento massivo, il vero problema non è da dove sparare, ma trovare un numero sufficiente e costante di volontari che sappiano cacciarli, stante la pericolosità dei cinghiali se sono solo feriti e/o se difendono la cucciolata.
Di sparatori azzannati da un animale ferito e poi morti dissanguati (spesso con il cinghiale, a sua volta morto, a pochi passi), le cronache ne riportano da anni, ed il numero dei cinghiali in circolazione pare ormai essere di circa 1,5 milioni… non proprio un lavoro per poche centinaia di “buonavoglia”…
Condivido che c’è una retorica ampollosa, spesso anche in chiave anti-ambientalista come fossero sempre di mezzo e contro io cosiddetto buonsenso comune e saggezza popolare (intellettuali, professoroni, radical chic etc.), e io sarei anche per cacciarli, insomma se sono così buoni e sono così tanti :), come dici giustamente il problema è farlo bene e, ovviamente rispettare un equilibrio, cosa a cui molte categorie di riferimento sono restie e vogliono massimizzare i propri interessi di bottega a brevissimo termine senza alcuna lungimiranza. Ma deve anche essere la cultura, che invece di dare il giusto peso all’individuo, sacrosanto, specie negli affetti privati e il proprio corpo ma con enfasi sull’interconnessione sociale ed il mutuo appoggio e coscienza di essere un sistema complesso, nella società come nella natura, che viene bistrattata.
Dove invece prevale l’idea di identificarsi del tutto col proprio lavoro e di fare i furbi, cosa in contraddizione solo apparente, perchè l’idea è di essere ognuno per sè, di valere solo per ciò che si produce, a qualunque costo e buttando altri, poveracci come loro o peggio, sotto il tram (forse un inglesismo ma mi piace, dái).
In realtà i cacciatori sono contrari all’eradicazione del cinghiale od anche alla sua limitazione, perchè vogliono sparare dovunque e mantenere la filiera (per lo più illegale) della carne del cinghiale.