Bicchieri di plastica monouso su sfondo azzurro

Le bioplastiche cosiddette green, non derivate da idrocarburi, se esposte agli agenti atmosferici e ambientali tendono a frammentarsi di meno rispetto alle controparti classiche, e a rilasciare quantità significativamente minori di microplastiche. E questo è un aspetto positivo di questi polimeri, anche in considerazione dell’enorme quantità di plastiche intere, così come di micro- e nano-plastiche rilasciate ogni giorno nell’ambiente, e disperse soprattutto in mare.

La degradazione delle bioplastiche

Per esplorare un aspetto ancora non molto studiato della plastica green più diffusa, quella composta da acido polilattico o PLA, i ricercatori dell’Università di Portsmouth hanno condotto una serie di test di laboratorio, nei quali hanno esposto tanto il PLA quanto il polipropilene (o PP, uno dei polimeri derivati da idrocarburi più comuni) a sollecitazioni che riproducevano l’esposizione al sole e la permanenza in acqua di mare.

Come riportato su Ecotoxicology and Environmental Safety, hanno sottoposto le due plastiche a un irraggiamento con raggi UV simile a quello che si verifica in Europa Centrale, e a un’immersione in acqua salata per 57 e 76 giorni pari, rispettivamente, a 18 e 24 mesi in condizioni naturali. Hanno così dimostrato che dopo 76 giorni le plastiche si degradano e danno origine a frammenti classificabili come micro plastiche, cioè dalle dimensioni comprese tra i 50 e i 5.000 millesimi di millimetro.

Ma i due polimeri non si comportano allo stesso modo: il PLA ne produce una quantità che è nove volte inferiore rispetto a quella liberata dal PP, e cioè circa 5 per centimetro quadrato (cm2), contro i circa 48/cm2 del PP. Inoltre, in media, le particelle rilasciate dal PLA sono di dimensioni più grandi rispetto a quelle del PP, e hanno più spesso una forma fibrosa.

Microplastiche colorate su un cucchiaino dorato su sfondo azzurro bioplastiche
Anche delle bioplastiche non si deve abusare, e dovrebbero essere sempre avviate ai cicli di corretto smaltimento o recupero.

La conclusione è quindi che il PLA è migliore del PP, dal punto di vista della degradazione, ma anch’esso rilascia frammenti che possono danneggiare l’ecosistema marino, e che vanno ad aggiungersi a quelli delle altre plastiche.

Anche delle bioplastiche, pertanto, non si deve abusare, e anch’esse dovrebbero essere sempre avviate ai cicli di corretto smaltimento o recupero.

Fondali di plastica

Ridurre l’utilizzo di tutte le plastiche, del resto, è indispensabile, non solo per cercare di eliminare quelle presenti nell’organismo di quasi tutti gli esseri umani (con conseguenze sulla salute ancora da capire), come dimostrato in diversi studi, ma anche per salvare il mare. Uno studio uscito negli stessi giorni su Deep Sea Research Part I Oceanographic Research Papers, quantifica, per la prima volta, non le micro o le nanoplastiche, ma le plastiche più grandi, derivanti da oggetti usati per esempio nella pesca o persi dalle barche, depositati sui fondali. In base ai calcoli effettuati dai ricercatori dell’Università di Toronto (Canada), partendo da due tipi di dati (quelli raccolti da veicoli telecomandati usati per scopi di ricerca e quelli della plastica raccolta dalle reti a strascico), nel 2020 sui fondali marini erano presenti dai tre agli 11 milioni di tonnellate di plastiche con diametro superiore ai cinque micron.

Una quantità enorme, che contamina gli oceani, così come i mari chiusi come il Mediterraneo, il 46% della quale entro i 200 metri di profondità, e il resto tra i 200 e gli 11.000 metri. E paragonabile a quella della plastica rilasciata nell’ambiente ogni anno, ma di due ordini di grandezza superiore rispetto a quella che si stima galleggi in superficie sulle acque.

Anche da questi numeri, è evidente quanto sia necessario diminuire drasticamente la quantità di plastiche rilasciate nell’ambiente, comprese quelle green. I cui effetti, sull’ecosistema marino, sono ancora tutti da capire.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos

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luigiR
luigiR
19 Aprile 2024 14:46

in attesa che qualche santo politico tiri fuori dal cilindro qualche legge a sfavore della produzione delle plastiche più diffuse e disperse nell’ambiente, cerchiamo noi consumatori di limitare al massimo il consumo di queste benedette plastiche (e comunque di riciclarle, non disperdendole dove capita)…

giova
giova
Reply to  luigiR
4 Maggio 2024 15:44

Tra i consumatori e i politici vi sono anche tanti altri soggetti/enti istituzionali o informali, che potrebbero prendee lodevoli iniziative.
Come, ad es., le agenzie di tutela ambientale per la rigorosa applicazione delle leggi in materia; o le associazioni di volontariato (una di queste ha realizzato un semplice ma ingegnoso macchinario per ripulire la superficie dei mari dai rifiuti di plastica. E anche le imprese private di trattamento dei rifiuti,gli Enti Locali, le aziende tramite anche le loro associazioni. Siamo tutti coinvolti, a tutti i livelli. Come per il Covid, ognuno deve fare la sua parte.