È uscito in questi giorni un opuscolo del Ministero della Salute (Scelta consapevole: Nutrizione, Dieta Mediterranea e Spreco Alimentare a Portata di Etichetta) destinato a ragazzi e ragazze delle scuole medie superiori di età compresa fra 14 e 18 anni. Il dossier affronta argomenti come la sana alimentazione, lo spreco, l’etichettatura, le allergie e le intolleranze alimentari. Si tratta di un e-book scaricabile gratuitamente che dovrebbe supportare lezioni in classe su questi argomenti cercando di orientare i giovani verso uno stile alimentare corretto. L’opuscolo si affianca ad altri due e-book intitolati La nutrizione giocando, destinati agli alunni delle scuole medie ed elementari.
Il volume di 30 pagine propone una frase che caratterizza il discorso. Il testo dice “Non esistono cibi ‘buoni’ o ‘cattivi’. La qualità della nostra alimentazione dipende dall’insieme di ciò che mangiamo quotidianamente”. In teoria la frase è corretta, ma se viene inserita in un contesto come quello italiano dove l’incidenza del sovrappeso e dell’obesità in quella fascia di giovani è fra le più elevate in Europa (25%), diventa quasi una provocazione dire che l’hamburger di McDonald’s non “né buono né cattivo” ma dipende dall’abbinamento (di solito patatine fritte e Coca-Cola) e da cosa si mangia negli altri pasti.
Giovani bombardati da pubblicità del junk food
Un discorso così asettico proposto in una società obesogena, in cui il problema dell’obesità e del sovrappeso per i ragazzi è serio, risulta alquanto sgrammaticato. I giovani sono costantemente bombardati da input di cibo spazzatura, il richiamo al consumo di questi prodotti viene proposto in qualsiasi ambito, attraverso modelli alimentari lontani dallo schema della Dieta Mediterranea e il risultato è sin troppo evidente. Cosa può fare un volumetto o tre e-book che veicolano messaggi ‘generici’ invitando a seguire regole di buon senso?
Sicuramente non basta questa modalità il modo di affrontare il problema, visto che i giovani vivono in un contesto in cui sono bombardati da cibi spazzatura ricchi di zucchero, sale e grassi, da modelli alimentari spregiudicati come i ristoranti all you can eat, da catene di fast food che con 5 euro ti propongono un hamburger gigantesco, bicchieri enormi colmi di bibite zuccherate e una spropositata porzione di patatine fritte. Stiamo parlando di bambini, adolescenti e giovani destinatari di una pubblicità televisiva e digitale aggressiva e martellante. Questo aspetto è ignorato dalla maggior parte degli operatori.
I mega investimenti in pubblicità di Ferrero
In Italia, Ferrero investe (dato del 2022) circa 300 mila euro al giorno in spot e banner pubblicitari. Vuol dire che di sera, mentre si guarda la televisione, si vedono 4-5 spot (su certi canali si può raddoppiare) che promuovono uno dei 60 prodotti dell’azienda di Alba. In genere si tratta di snack, merendine, dolci ricchi di zucchero e ultra processati. Nella lista si trovano Nutella, crema alle nocciole preferita dagli italiani e anche gli ovetti di cioccolato Kinder più amati dai bambini per le sorprese all’interno. Ferrero investe 120 milioni circa l’anno e con questo volume di investimento riesce più di altri a orientare i consumi degli adolescenti. Si tratta di un investimento esagerato che però funziona.
Per rendersi conto della pervasività e della capacità di penetrazione degli spot, basta dire che Ferrero con il suo budget annuale potrebbe coprire tre annate del festival di Sanremo. Sì, avete capito bene, vuol dire che per tre anni tutti gli spot Rai annessi alla tv, alla radio e a tutte la manifestazione potrebbero avere come unico sponsor Ferrero. A questa invasione di spot, si affiancano le campagne pubblicitarie delle catene di fast food, delle aziende che propongono merendine, bibite zuccherate e junk food a cui è oggettivamente difficile sottrarsi.
Pochi spot promuovono un’alimentazione sana
Sul fronte opposto ci sono pochi spot di aziende che promuovono il consumo di frutta e verdura o che indirizzano i consumatori verso uno stile alimentare Mediterraneo. Nei giorni in cui è stato scritto questo articolo si possono vedere quelli aziende come Cedior con il suo marchio di frutta e verdura Elisir, Orogel che promuove i surgelati dell’orto e la Fondazione Airc che sollecita ad adottare comportamenti alimentari corretti e ridurre la carne rossa processata. Si tratta di buone iniziative che non possono certo essere messe sul piatto della bilancia con il resto degli spot.
Cosa può fare il Governo?
Detto ciò viene spontaneo chiedersi cosa sia possibile fare. Probabilmente poco, per l’evidente discrepanza delle forze in campo e delle disponibilità finanziarie. Il Governo potrebbe però rispondere a questa invasione di cibo spazzatura avviando una seria campagna contro i prodotti troppo zuccherati, con una tassa sullo zucchero come avviene in molti altri Paesi. Con questi soldi potrebbe fare campagne e finanziare progetti alimentari nelle scuole per indirizzare i giovani verso uno stile alimentare corretto.
Le autorità sanitarie, inoltre, potrebbero adottare l’etichetta a semaforo Nutri-Score per individuare facilmente la qualità nutrizione di un prodotto come hanno già fatto sette Paesi europei (sei stati membri dell’UE, più la Svizzera). Anche sul fronte della comunicazione si possono realizzare iniziative senza aggravio di spesa pubblica. Basterebbe vietare la pubblicità di certi prodotti alimentari in televisione non solo nella fascia pomeridiana, ma anche in quella serale, e vietare la vendita di prodotti alimentari per bambini con giocattoli o gadget e l’utilizzo di personaggi di cartoni animati e film sulle confezioni come fanno alcune nazioni del Nord Europa.
Purtroppo in Italia manca una seria politica sulla nutrizione in grado di orientare le scelte dei giovani e non c’è alcuna intenzione di portare avanti questo discorso
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Infanzia e adolescenza sempre più a rischio di patologie causate dall’ambiente che si rifletteranno nell’età adulta e per tutta la vita. Gli smartphone sono ormai alla ribalta da qualche anno, di ieri dal governo UK la notizia della proposta di proibire di portare il telefonino in classe. Proposta tardiva ma sicuramente utile se fosse anche accompagnata da una maggiore attenzione da parte delle famiglie e della società. Di alimentazione si parla poco anche se, ancora in UK, da più di 10 anni si fanno massicce campagne contro l’obesità infantile, purtroppo con poco successo. Ma di pubblicità e infanzia non si parla mai o molto poco in quasi tutti i paesi del mondo. Qui un po’ di letteratura https://it.wikipedia.org/wiki/Bozza:Pubblicit%C3%A0_ai_bambini.
L’unico modo per proteggere i nostri ragazzi da 0 a 12 anni è proibire di comparire (fare gli attori) in pubblicità e i prodotti posizionati per loro dovrebbero essere proposti ai genitori e solo loro dovrebbero essere in video. Negli anni ’80 fu fatto un decreto, legge, non ricordo, dove si proibiva di girare spot sul territorio italiano con bambini. Per 1 o 2 anni chi voleva fare spot con bambini doveva girarli in Svizzera o Francia e Spagna, poi li mandava in onda in Italia. Poi questa ridicola proibizione è stata eliminata e oggi tutti vediamo dove siamo arrivati.