galline in gabbia 69221_© Compassion in World Farming

Gli animali da reddito sono in gran parte ancora allevati intensivamente, con alcune specie confinate in gabbia, anche se molti cittadini non lo vorrebbero. Come conferma il successo ottenuto dalla petizione #ItaliaControLeGabbie promossa da Ciwf (Compassion in world farming) insieme ad altre associazioni. Lo scorso 12 giugno sono state consegnate oltre 110mila firme per chiedere al Governo italiano di sostenere le richieste dell’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) End the Cage Age in tutte le sedi, e di adottare ogni opportuno strumento, legislativo ed economico, per favorire e realizzare nel nostro paese la transizione a sistemi di allevamento senza gabbie.

I numeri sono impressionanti: in Italia si allevano in gabbia oltre 40 milioni di animali, una percentuale importante dei 300 milioni allevati in gabbia in Europa, di cui poco più della metà sono galline. In Italia le galline sono 14,4 milioni, cui si aggiungono 24 milioni di conigli, oltre a 500 mila scrofe e a una quota importante degli 8,5 milioni di quaglie allevate per carne e uova. In più sono allevati 1,5 milioni di vitelli, molti dei quali trascorrono le prime otto settimane di vita in box individuali. Non ci sono invece dati relativi all’allevamento in gabbia di anatre e oche, poiché il loro confinamento è in gran parte legato all’alimentazione forzata per la produzione del foie gras, vietata in Italia.

Allevamento di galline ovaiole in gabbia
In Italia le galline allevate in gabbia sono 14,4 milioni, cui si aggiungono 24 milioni di conigli, oltre a 500 mila scrofe e a una quota importante degli 8,5 milioni di quaglie allevate per carne e uova

“I problemi causati dalle gabbie – spiega Viviana Vignola, Responsabile delle campagne Ciwf, “sono diversi per ogni specie ma ugualmente frustranti e dolorosi: non ci può essere benessere animale nell’allevamento in gabbia, come si evince anche da diversi pareri scientifici dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).” Il problema è soprattutto l’impossibilità di muoversi ed esprimere i propri comportamenti naturali: per i volatili – galline e quaglie – in particolare l’impossibilità di sbattere le ali e di volare. “Inoltre, – prosegue Vignola, – per evitare che lo stress le induca a strapparsi le piume, le galline sono sottoposte al debeccaggio, praticato con una lama rovente, che provoca intense sofferenze”.

La situazione non è migliore per altre specie: i conigli sono confinati in uno spazio minuscolo, corrispondente a un foglio A4, continua fonte di stress e causa di malattie, mentre per i vitelli, animali socievoli, la principale fonte di sofferenza è dovuta all’essere confinati in box singoli, lontani dalla madre e dai propri simili. Particolarmente crudele la condizione delle madri: le scrofe sono rinchiuse in gabbie di gestazione e di allattamento appena più grandi del loro corpo che impediscono loro di muoversi e occuparsi dei piccoli, e anche le coniglie non possono occuparsi liberamente dei propri cuccioli. A questo si aggiunge il diffuso sovraffollamento, causa di stress e malattie. Anche le gabbie arricchite, previste dalla legislazione europea per soddisfare una serie di esigenze comportamentali delle galline, non rappresentano una soluzione: “Una gabbia è sempre una gabbia, non può esserci benessere per le galline che vi sono rinchiuse in condizioni di sovraffollamento e stress”, sottolinea Vignola. Inoltre le carenze della legge e la scarsità di spazio fanno sì che l’espressione del comportamento naturale sia ancora molto limitato: “Questi sistemi dovrebbero essere dotati di aree per grattare, ma la legge non ne specifica le dimensioni, il che significa che spesso sono minime e il materiale da grattare è fornito solo raramente, e anche i posatoi non sono sufficientemente alti per permettere agli animali di sentirsi al sicuro”.

conigli gabbia 69211_© Compassion in World Farming
I conigli allevati in gabbia sono confinati in uno spazio minuscolo, corrispondente a un foglio A4

Se gli effetti delle gabbie sul benessere animale sono evidenti, non è ancora chiaro quali possano essere le conseguenze per la salute di chi consuma carne o altri prodotti: “La differenza significativa – prosegue Vignola – si ottiene quando i consumatori passano a prodotti da allevamento all’aperto o biologici, che offrono agli animali accesso all’esterno e spazi più ampi”. In questo modo gli animali vivono in migliori condizioni psicologiche e sono meno suscettibili alle malattie, con un’enorme riduzione dell’uso di antibiotici.

Al momento purtroppo non è facile identificare il metodo di allevamento dei prodotti scelti: le uova sono l’unico prodotto di origine animale ad avere un sistema di etichettatura che evidenzia il metodo di allevamento (ne abbiamo già parlato su Il Fatto Alimentare) e anche per quanto riguarda i prodotti biologici, l’effettiva fruizione del pascolo da parte degli animali non è sempre garantita. “Per i consumatori è molto difficile navigare nel mare di etichette degli altri prodotti (carne e prodotti lattiero-caseari) che spesso possono risultare fuorvianti – spiega Vignola: – il Ciwf è impegnato da anni nel tentativo di definire una normativa trasparente in materia”. E proprio Ciwf, insieme ad altre 13 organizzazioni, ha dato vita alla Coalizione contro le #BugieInEtichetta, per far sì che lo schema di etichettatura nazionale su base volontaria SQNBA (Sistema di Qualità Nazionale per il Benessere Animale) sia davvero garanzia di migliori condizioni di vita per gli animali, oltre ad avere predisposto una Guida al consumo consapevole disponibile online, che aiuta i consumatori a orientarsi tra le varie diciture e certificazioni.

Mani femminili reggono confezione di carne con etichetta in evidenza sopra a banco frigo con altra carne confezionata
Per i consumatori è difficile capire il tipo di allevamento degli animali allevati per carne e latte, anche a causa di diciture fuorvianti

Ma è realistico pensare che si possa rinunciare alle gabbie? Ci sono Paesi che lo stanno già facendo: in Svezia per esempio sono del tutto vietate le gabbie per le scrofe, mentre la Germania dismetterà l’uso delle gabbie di gestazione entro il 2030 e limiterà il tempo trascorso in gabbie di allattamento a un massimo di cinque giorni dal 2035, mentre altri limiti sono previsti in Paesi Bassi, Danimarca e Austria. Per quanto riguarda le gabbie arricchite per le galline ovaiole, in Lussemburgo, Austria, Francia e nella regione belga della Vallonia sono state vietate, mentre in Germania lo saranno dal 2025, in casi eccezionali dal 2028. Limiti in molti Paesi anche per quanto riguarda le gabbie per i conigli, vietate in Austria sin dal 2012 e presto vietate anche in Germania.

“Un’altra cosa importante che i consumatori possono fare – sottolinea Vignola – è mangiare meno carne e altri prodotti di origine animale”. Secondo Ciwf l’Italia occupa l’ottavo posto nella lista dei Paesi che devono ridurre il consumo di prodotti di origine animale, ed è una delle quindici nazioni dell’Unione europea a essere inserita fra i principali venticinque consumatori di prodotti animali al mondo. Riducendo questi consumi non solo se ne avvantaggerebbe la salute e l’ambiente, ma sarebbe possibile allevare  gli animali in condizioni meno intensive, “in sistemi che prevedano più spazio, mandrie o greggi più piccole e distanze maggiori tra gli allevamenti per ridurre la diffusione delle malattie tra gli animali e tra gli allevamenti”.

© Riproduzione riservata Foto: Ciwf, Fotolia, Depositphotos

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luigiR
luigiR
7 Luglio 2023 15:32

assolutamente d’accordo su queste iniziative (firmate), però, se lo Stato va dietro alle associazioni di categoria dei produttori e, quindi, è assente sotto l’aspetto che segue, chi si assume l’impegno di indirizzare il popolo dei consumatori verso la strada di una migliore alimentazione (meno junk-food, meno carne, meno grassi, sale, zuccheri, ecc.)? …in attesa di eventuali alieni…

Osvaldo F
Osvaldo F
10 Luglio 2023 17:37

Ognuno sbandiera i numeri secondo il proprio tornaconto, visto l’argomento a me 110mila firme sembrano tutt’altro che un successo, anzi pochine pochine.
La questione non è indifferente perché a differenza di questa petizione che approvo in pieno, ce ne sono molte altre che grazie a minoranze sparute ma ben organizzate, e con alle spalle petizioni magari da 20mila firme, riescono a fare passare in parlamento norme discutibili se non assurde, e la galassia animalista direi che è parte interessata. Non è in argomento né ho spazio, ma cito ad esempio il divieto dell’uso della catena per i cani, compresi quelli da guardia, su cui avrei parecchio da dire. Personalmente il cane di un amico ha fatto una brutta fine perché privo di catena, in qualche modo è uscito dal recinto. E poteva provocare anche incidenti

Laura
Laura
5 Agosto 2023 09:23

Grazie per i vostri articoli, sono tutti utilissimi !! Sono profondamente contraria alle gabbie e ad ogni forma di maltrattamento verso gli animali