I dolcificanti non dovrebbero essere utilizzati da nessuno, a parte i diabetici, per perdere peso, perché una loro assunzione prolungata è associata all’aumento del rischio di sviluppare diversi tipi di malattie, e non aiuta affatto a dimagrire, anzi. Per tale motivo, sono sconsigliati a tutte le età, compresi i bambini e le donne incinte, e a prescindere dalla categoria di appartenenza. Sono infatti bocciati sia quelli di origine naturale come la stevia e i suoi derivati, sia tutti quelli artificiali come la saccarina, l’acesulfame K, l’aspartame, l’advantame, i ciclamati, il neotame, il sucralosio e tutti gli altri. Promossi soltanto i polioli, classi di alcoli a bassissimo contenuto calorico, e non sono compresi, nelle raccomandazioni, quelli contenuti nei farmaci, i dentifrici e tutti quegli usi che non sono direttamente alimentari.
Il documento dell’OMS sui dolcificanti
Segna forse un punto di non ritorno la presa di posizione molto decisa contenuta in un documento di quasi cento pagine appena reso noto dall’OMS, che ha lo scopo dichiarato di mettere un po’ di ordine in un ambito che stava diventando una sorta di giungla, con un numero di dolcificanti disponibili sul mercato in continuo aumento, e di una crescita esponenziale di prodotti privi di calorie.
Il rapporto, però, va anche oltre: mette nero su bianco ciò che singoli studi vanno mostrando da anni, e cioè che non solo i dolcificanti non contribuiscono alla perdita di peso, ma possono arrecare danni alla salute. In base a ciò che è emerso dall’analisi di decine trial controllati e randomizzati, l’assunzione di dolcificanti può avere qualche effetto sul peso o sull’indice di massa corporeo (BMI), ma questo è stato dimostrato, con numeri assai poco convincenti, solo in un arco temporale che non supera i tre mesi. Periodo durante il quale, anche negli studi più positivi, non si vedono effetti sull’insulina, sul glucosio ematico, sui lipidi o su altri marcatori metabolici.
Se invece si considerano i pochi studi che si sono spinti a 12-18 mesi, non si vede più alcuna modifica al peso o al BMI, anche perché non si tratta quasi mai di studi che hanno confrontato direttamente gli zuccheri tradizionali con i dolcificanti, o la sostituzione totale dei primi con i secondi, ma quasi sempre di sperimentazioni i cui sono stati comunque assunti anche alimenti contenenti zuccheri (cioè: industriali), e questo può aver falsato l’esito.
I dolcificanti non contribuiscono alla perdita di peso
Se invece si mettono insieme gli studi di tipo osservazionale, che talvolta sono arrivati anche a dieci anni e oltre, il panorama sembra molto più chiaro, e più allarmante: a un incremento del consumo di dolcificante corrisponde sempre un incremento del peso e del rischio di obesità, anche se non emergono, neppure in questo caso, alterazioni di altri parametri metabolici. Oltre all’obesità, cresce anche, sensibilmente, il rischio di patologie cardiovascolari, diabete di tipo 2, mortalità da diabete di tipo 2 e di mortalità per qualunque causa. Solo il rischio oncologico non sembra particolarmente intaccato, a parte il tumore della vescica, la cui incidenza potrebbe aumentare (specialmente per chi fa uso di saccarina), ma non è detto che le cose restino così.
Tutto il documento, infatti, è una raccomandazione di tipo condizionale, perché è basata su studi che, oltre a essere estremamente eterogenei nel disegno, nei protocolli, nelle finalità, nei parametri, sono stati quasi sempre di bassa qualità statistica, con pochi partecipanti, seguiti per periodi di tempo troppo brevi, o con troppi fattori che avrebbero potuto inficiare i risultati.
Ogni Paesi deve fare le sue valutazioni
Come ha specificato Francesco Branca, direttore del Dipartimento Nutrizione e sicurezza alimentare, occorre che ogni paese valuti le raccomandazioni da emanare, tenendo in considerazione la situazione locale (per esempio, i tassi di obesità, il livello socioeconomico, la presenza dei prodotti e così via) e differenziando anche in base alle fasce d’età. L’OMS, dal canto suo, si riserva di elaborare linee guida più specifiche, approfondendo le analisi dei dati, ma ci vorrà tempo.
In attesa di indicazioni più certe e più dettagliate, chi vuole perdere peso non deve pensare ai dolcificanti, ma ridurre gli zuccheri o, se possibile, eliminare tutti quelli aggiunti, ricorrendo, quando è il caso, alla frutta e alle altre fonti naturali. Tutti gli altri, infine, dovrebbero ricordare che il FAO/OMS Expert Committee on Food Additives (JECFA) ha reso note le quantità consigliate, perché non bisogna mai abusarne, anche quando non si vuole perdere peso.
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Giornalista scientifica
Sono un pò confuso, se le bevande tipo coca zero dichiarano zero calorie , con quale meccanismo si tende a ingrassare?
Non sono le bibite con dolcificanti che fanno ingrassare ma è l’impostazione alimentare orientata al consumo di bibite dolci e di cibi zuccherati che favoriscono uno stile alimentare errato.
Non capisco perchè i dolcificanti di origine naturali tipo la stevia possano creare malattia.
10 Giugno 2023 15:00
Perché gli studi hanno dimostrato che l’elevato potere dolcificante di queste sostanze (fino a centinaia di volte maggiore dello zucchero) stimola la produzione di insulina con conseguente aumento dell’appetito
Temi interessanti, soprattutto quelli che toccano i diritti negati, lle offese alla natura e le denunce di chi fa profitto sulla salute dei cittadini.
Giusta e chiara la campagna sui dolcificanti, si sfatano luoghi comuni
Continuate così, grazie
Articolo illuminante. Del resto tutto ciò che è artificiale o artificioso o forzato, deve essere guardato con sospetto. Molto più saggio ridurre lo zucchero, abituarsi a dolcificare poco o nulla caffè o tè, e ogni tanto cedere alla tentazione di un dolce sano per gratificarsi.
Dovrà cambiare l’algoritmo del nutriscore a semaforo, che dava un bel verde alla Coca Zero…
L’algoritmo del Nutri-Score per le bevande zero calorie è in procinto di essere adottato