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Agli italiani piacciono gli integratori: secondo i dati del 2020 siamo i primi consumatori in Europa di questi prodotti, seguiti a distanza da tedeschi e francesi. Ma per cosa li usiamo? La rivista Farmacista 33 ha pubblicato i dati di Integratori & Salute, l’associazione nazionale delle aziende del settore che ha diffuso una classifica dei dieci tipi di integratori più utilizzati in Italia. Al primo posto nel 2022 ci sono i probiotici, con un incremento dell’11,3% e un fatturato complessivo di 398 milioni di euro, al secondo posto i sali minerali con 234 milioni di euro (+7,9%) e a seguire le vitamine con 201 milioni di euro (+10%) mentre i prodotti indicati come tonici sono fermi – si fa per dire – a 198 milioni di euro, nonostante un incremento del 18% rispetto all’anno precedente. Un fenomeno legato probabilmente alla pandemia, cui si dovrebbe collegare anche un incremento del 20% degli integratori per le funzioni immunitarie (157 milioni di euro). Preceduti comunque dai prodotti per il controllo dei grassi nel sangue (171 milioni di euro), mentre agli ultimi posti della top tenci sono integratori per l’insonnia, contro la tosse, lassativi e antiacidi.
Si tratta insomma di un settore in crescita: “A livello europeo il nostro Paese copre abbondantemente il 29% di un mercato che supera i 13 miliardi di euro”, osserva Germano Scarpa, Presidente di Integratori &Salute. E in Italia gli integratori rappresentano oggi la seconda categoria richiesta in farmacia dopo il farmaco da prescrizione medica.

Ma siamo sicuri che questi prodotti siano davvero utili? “Il fatto che gli integratori più consumati siano i probiotici è una buona notizia, perché queste sostanze possono essere utili”, osserva Laura Rossi, ricercatrice del CREA Alimenti e Nutrizione. Quando si parla di probiotici ci si riferisce essenzialmente ai fermenti lattici, presenti anche nei latti fermentati: “Ne esistono moltissimi tipi, gli integratori contengono in particolare quei ceppi in grado di arrivare ancora attivi nel nostro intestino, aiutando a mantenere sano il microbiota, l’insieme di microorganismi che contribuisce alla salute del nostro apparato digerente e non solo”, spiega Rossi. “Assumere probiotici può essere utile appunto nelle situazioni che compromettono l’equilibrio del microbiota, per esempio quando si segue una terapia antibiotica o in caso di patologie intestinali con diarrea”. Si tratta oltretutto di sostanze che hanno scarsi effetti collaterali, “anche se, considerata la grande variabilità del microbiota, in caso di patologie è opportuno consigliarsi con il medico per individuare un prodotto efficace”, suggerisce la ricercatrice.

Gli integratori di probiotici contengono ceppi in grado di arrivare ancora attivi nel nostro intestino

Diverso il discorso per altre sostanze, come vitamine e minerali: “La nostra dieta è fin troppo ricca, e oggi è molto difficile che si verifichino carenze, salvo che in casi particolari o per soggetti particolari”, spiega Rossi.  Nei bambini che hanno fabbisogni particolarmente elevati, per esempio, va valutata con il pediatra una possibile integrazione di ferro e calcio, e il ferro può essere utile anche per le adolescenti, mentre per gli anziani spesso è utile un’integrazione di vitamina D. “In tutti i casi, però, prima di assumere vitamine o minerali andrebbero eseguiti esami clinici che accertino un’effettiva carenza”, precisa la ricercatrice. “Non dimentichiamo che le vitamine liposolubili( A,E,D) si accumulano nell’organismo, e che un sovradosaggio di queste sostanze o di minerali, dovuto magari al consumo di diversi integratori, può causare problemi”.

È il caso di ricordare che gli integratori sono definiti dalle linee guida del settore (Direttiva 2002/46/CE, attuata con il decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 169) come: “prodotti alimentari destinati a integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare, ma non in via esclusiva, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate”. “Sono prodotti senza prescrizione come gli alimenti ma sono comunque da usare con cautela”, ricorda Rossi, “alcune funzioni come quelle di tonico, non sono previste in quanto tali dal regolamento”. E anche per quanto riguarda gli integratori per il controllo della lipidemia, alcuni come il riso rosso fermentato hanno effetti analoghi a quelli delle statine, “con la differenza che in un integratore il dosaggio dei principi attivi è meno controllabile” ricorda Rossi. “Ci sono poi altre sostanze come i fitosteroli, che hanno comunque la capacità di abbassare il colesterolo ma in misura ridotta: chi li assume potrebbe illudersi di risolvere così un problema che invece richiede interventi farmacologici”. Il rischio, in generale, è che l’idea che si tratti di sostanze naturali con effetti fisiologici porti a consumi superflui e a ignorare rischi di sovradosaggio o di interazioni con terapie farmacologiche. “Sarebbe forse meglio spendere le somme destinate agli integratori per arricchire la dieta di frutta e verdura” osserva Rossi.

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Patrizia Malaspina
Patrizia Malaspina
6 Aprile 2023 12:27

Sinceramente credo che le generalizzazioni portano frutti solo per le aziende farmaceutiche che utilizzando brevetti in campo chimico, non di arrendono a perdere il loro mercato, per far spazio ad un settore dove i brevetti non ci sono e i guadagni sono minori.. Ma al di là del fatto che ci possono essere integratori di scarsa qualità e quindi inutili e magari prescritti a caso, affermare che la nostra alimentazione è più che sufficiente, è poco preciso, visto che mangiamo si grandi quantità di cibo ma di origrne industriali e conservata per lungo tempo, per cui povera di vitamine e nutrienti fondamentali.

giova
giova
Reply to  Patrizia Malaspina
7 Aprile 2023 08:53

Già. Eppoi, i metodi e i tempi di conservazione casalinghi, il tempo intercorrente tra la raccolta e l’acquisto, e per ultimo – solo perché l’ultima fase prima del consumo, non certo per la minor importanza – la cottura (metodo e tempi) influiscono sulla quantità/qualità …
Superfluo aggiungere che una valutazione attenta, come sembra suggerire l’articolo, è indispensabile. In quanto, tra eccipienti, additivi, modalità di assunzione generiche o assenti, sostanze indigeste, coloranti, prezzi ingiustificati, formulazioni sbilanciate, “navigare” in questo mercato non è semplice.
Quindi sì a “Sarebbe forse meglio spendere le somme destinate agli integratori per arricchire la dieta di frutta e verdura” come afferma la dottoressa Rossi, ma anche un ascolto del proprio benessere, eventualmente con l’aiuto di uno specialista e l’obiettività di esami di laboratorio (non generici però, ma con parametri specifici, ad es. il ferro in fase evolutiva, la D nelle donne adulte e negli anziani, ecc.).
E infine conta sempre il proprio sentirsi rispetto a quei rimedi.