Il cambiamento climatico ha un effetto finora poco considerato, oltre a quelli più noti, ma che potrebbe avere ripercussioni gravi: la diminuzione degli acidi grassi omega-3 normalmente presenti nei mari e, nello specifico, nel plancton, una delle principali fonti di questi preziosi composti per i pesci e, di conseguenza, per le persone. È noto infatti come i pesci e il plancton delle acque più fredde (attorno a -2°C) contengano un quantitativo di grassi insaturi circa triplo rispetto a quello delle specie che vivono in acque calde (per esempio a 29°C). Ciò significa che è lecito attendersi una riduzione degli omega-3, dal momento che la temperatura dell’acqua sta salendo ovunque.
Per verificare l’ipotesi, i ricercatori di uno dei più importanti centri di ricerca oceanografica del mondo, il Woods Hole Oceanographic Institution, hanno studiato l’andamento della concentrazione di acidi grassi in relazione a quello delle temperature in 930 campioni di lipidi planctonici raccolti in 146 siti diversi tra il 2013 e il 2018. Come riferito su Science, l’analisi ha fatto emergere oltre 1.500 tipi di grassi, tra molecole principali e metaboliti, a conferma dell’importanza di questa fonte alla base della catena alimentare marina.
A confermare i timori dei ricercatori è stata l’analisi dell’andamento temporale della quantità di omega-3 e in generale di acidi grassi insaturi. È stato infatti confermato che il livello di saturazione è strettamente dipendente dalla temperatura dell’acqua: più questa aumenta, maggiore è la tendenza a formare acidi grassi saturi, che non sono utili quanto quelli insaturi e anzi, possono essere dannosi per la salute. Va detto che sulla concentrazione dei diversi tipi di grassi, così come sul passaggio da acidi grassi insaturi a saturi, influiscono anche altri fattori ambientali quali la biodisponibilità di nutrienti o la presenza di contaminanti, ma senza dubbio la temperatura dell’acqua è l’elemento principale, considerato anche che il plancton vive negli stati più superficiali degli oceani.
Visti gli andamenti attuali, salvo inversioni di rotta molto marcate, nei prossimi anni ci sarà quindi un calo davvero significativo della concentrazione di molti dei composti insaturi più importanti, per la nutrizione umana, tra i quali l’acido eicosapentaenoico (Epa), indispensabile per la struttura delle cellule e per la trasmissione degli impulsi nervosi, oltre che per molte altre funzioni, e non a caso ingrediente principale anche di quasi tutti gli integratori con omega-3. Se la situazione evolvesse nel modo peggiore finora ipotizzato dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), i livelli di Epa calerebbero del 25% rispetto a quelli attuali: una diminuzione mai vista, dalle conseguenze non del tutto prevedibili per la salute umana, e con effetti potenzialmente devastanti sulla pesca e sul commercio a essa associati.
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Giornalista scientifica