La catena di supermercati britannici Co-op non indicherà più la data di scadenza sugli yogurt a marchio, ma quella entro la quale è preferibile consumare il prodotto. L’iniziativa ha lo scopo di diminuire lo spreco, che nel Regno Unito raggiunge livelli preoccupanti: secondo un recente sondaggio, il 50% delle confezioni di yogurt viene buttato via senza essere neppure aperto, e nel 70% dei casi la motivazione è il superamento della data di scadenza. In totale, si stima che sei milioni di britannici comprino ogni giorno uno yogurt, ma che in un anno ne vengano buttate ben 42mila tonnellate, per un valore economico di 100 milioni di sterline, pari a oltre 127 milioni di euro.
Co-op non è la prima a muoversi in tal senso: in gennaio, sempre in Regno Unito, anche Morrisons ha adottato lo stesso provvedimento, sostituendo la data di scadenza con il termine minimo di conservazione (Tmc) in yogurt, formaggi e latte fresco (di cui si sprecano ogni anno 250 milioni di litri), invitando il consumatore ad affidarsi al proprio giudizio organolettico per verificare se, al di là della data, il prodotto sia da considerarsi ancora buono o meno. Secondo le stime dell’azienda, ciò dovrebbe portare a una consistente riduzione del consumo di plastica: ben 180 tonnellate all’anno.
Anche la Food standards agency, l’agenzia britannica per la sicurezza alimentare, sostiene questo genere di iniziative, specificando sul suo sito le differenze tra le due diciture (la data di scadenza attiene alla sicurezza, la dicitura preferibilmente entro alle caratteristiche qualitative e organolettiche), come utilizzare i propri sensi per accertare se il prodotto è ancora sicuro da consumare (sniff test) e l’importanza di una corretta pianificazione degli acquisti, per evitare di comprare alimenti che non servono e che hanno una maggiore probabilità di giungere a scadenza. Tuttavia, esprime una certa cautela e sottolinea l’importanza della conservazione, soprattutto nel caso dei latticini, che possono contenere cariche batteriche particolarmente elevate, e quella di un’etichettatura chiara basata su prove scientifiche, per quanto riguarda la durata. Inoltre, ricorda che lo sniff test non è affidabile per tutte le categorie di alimenti.
La stessa cautela, del resto, era stata espressa nel 2021 dalla Commissione Europea di fronte a un’analoga decisione presa da Danone, che aveva annunciato l’intenzione di utilizzare il Tmc sugli yogurt e latti fermentati venduti in Belgio. In realtà le aziende non sono tenute a dare comunicazione anticipata alla Commissione delle proprie decisioni in merito di scadenze, ma le autorità nazionali potrebbero chiedere di giustificare la scelta. Secondo la stessa EU, degli 88 milioni di tonnellate di cibo sprecato ogni anno in Europa, il 10% viene buttato a causa della data di scadenza. In Italia c’è qualche catena di supermercati e qualche produttore che sta pensando di sostituire la scadenza con il termine minimo di conservazione, anche se ancora si tratta di progetti.
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Giornalista scientifica
Quelli che però si ritroveranno yogurt in vendita oltre quella data, mi auguro che non li vendano ancora a prezzo pieno….visto che comunque c’è un deperimento graduale.
E come si fa a sapere se dopo 1 mese o 3 mesi o 9 mesi è ancora edibile? La risposta sembrerebbe ovvia a una persona normale, ma ricordiamoci che tantissimi giovani oggi, specialmente nelle città, non hanno la più pallida idea di cosa sia il cibo nè sanno accendere un fornello…
Le date di scadenza di alcuni prodotti sono eccessivamente prudenziali e penalizzanti, io ho aperto e consumato nei giorni scorsi yogurt con scadenza 10 marzo di quest’anno, ossia due mesi esatti dopo la data di vendibilità “da consumarsi entro il”, erano perfetti all’assaggio e non mi hanno causato alcun disturbo, e l’ho fatto consapevolmente perché in più occasioni in passato avevo consumato yogurt “scaduto” senza problemi.
Se ci aggiungiamo che il consumatore medio ancora non ha capito la differenza tra “da consumare entro il” e “da consumare PREFERIBILMENTE entro il” credo che andrebbero rivisti i criteri di valutazione di legge, e adottate nuove descrizioni che chiariscano senza equivoci che dopo le date indicate in etichetta i prodotti non esplodono, non diventano velenosi dopo venti secondi, non vi accoltellano nella notte e non vi rigano la macchina, ma semplicemente potrebbero avere meno aroma e gusto.
Qualcosa come “da consumare prudenzialmente entro il xxxx” per i termini di scadenza più rigidi, e “consumabile anche entro yy mesi dopo il xxxx” per i prodotti che hanno conservabilità più lunga, o altre diciture che comunque non terrorizzino a una lettura superficiale.
Concordo con @Mauro, tantissime volte mi è capitato di consumare dei cibi “scaduti” senza che ci si accorgesse della differenza organolettica.
Come pure scarto un alimento “non scaduto” se ha qualcosa che non va nell’odore e/o nel sapore.
I nostri sensi sono dei laboratori analitici fenomenali.
Se l’alibi è la ” lotta allo spreco”, per ridurre ancora oneri e responsabilità del produttore, la misura non mi trova per nulla d’accordo; se uno vuole buttare i soldi dalla finestra acquistando alimenti che poi non consuma, è un problema di educazione che va risolto educando.
Abbastanza d’accordo sul fattore “consumare dopo la scadenza”, specialmente nel caso yogurt, visto che pure io ho mangiato senza problema alcuno dopo la scadenza (il latte, che di norma va bollito, caglia già di suo se andato a male).
Ma bisogna tenere conto che ci potrebbero essere problemi di mal conservazione da parte di alcuni acquirenti, e il rischio batteriologico di conseguenza.
Di certo, si suppone che tutti siano abbastanza svegli da usare i propri sensi quali vista, olfatto e gusto per rendersi conto se un prodotto può o meno essere ancora consumato…
Certo che lo spreco di 88 milioni di tonnellate è mostruoso, soprattutto visto che c’è chi muore di fame in giro per il mondo.