Da quasi 20 anni gli animali d’allevamento dell’Unione europea non sono più ‘ingrassati’ con gli antibiotici, ma come è possibile che questi principi attivi siano da un lato considerati causa di spossatezza e dall’altro siano stati usati come promotori della crescita? Lo spiega Giovanni Ballarini su Georgofili.info.
Due idee contrastanti pervadono da tempo il comune sentire su gli effetti degli antibiotici. Molte persone sono convinte che l’assunzione di un antibiotico, anche in assenza di un’infezione, provoca spossatezza, ma sono altrettanto convinte che, negli allevamenti intensivi, gli animali erano ingrassati con gli antibiotici. Gli antibiotici quindi, oltre a uccidere microrganismi pericolosi, sono causa di spossatezza o di forza? Tolgono l’appetito e fanno dimagrire o fanno ingrassare? Alcuni studi su volontari mettono in crisi l’idea, radicata nella mente dei pazienti, che l’assunzione di un antibiotico provoca una sensazione di spossatezza*.
Tuttavia vi sono buone ragioni per pensare che gli antibiotici provochino una certa spossatezza, anche in assenza di infezione. Gli antibiotici infatti, soprattutto ad alte dosi e per trattamenti prolungati, alterano il microbiota intestinale e cioè la popolazione di batteri che vive nell’intestino e parte dell’asse intestino-cervello. Con questo asse, microbiota e cervello comunicano attraverso varie vie, tra cui il sistema immunitario, il metabolismo del triptofano, il nervo vago e il sistema nervoso enterico, coinvolgendo metaboliti microbici come acidi grassi a catena corta, amminoacidi a catena ramificata e peptidoglicani**. Una seconda causa di un senso di affaticamento è che alcuni antibiotici, come la tetraciclina, deprimono l’attività dei mitocondri, le ‘centrali energetiche’ delle nostre cellule. Infine non si può escludere che una rapida distruzione di batteri prodotta dall’antibiotico, provocando una massiccia liberazione di tossine, sia causa di spossatezza.
Chiarito che, in determinare condizioni, taluni trattamenti antibiotici possano determinare stanchezza o altri sintomi nervosi e comportamentali, come si giustifica l’idea degli antibiotici usati per ‘ingrassare’ gli animali? Anche in questo caso bisogna fare riferimento al microbiota digestivo. Verso la fine degli anni Quaranta del ‘900, l’americana Lederle Laboratories pensa di destinare all’alimentazione animale i letti di fermentazione serviti per produrre antibiotici e contenenti Vitamina B12. Si scopre però che gli ottimi risultati, con una migliore utilizzazione degli alimenti e un più rapido accrescimento degli animali, non sono dovuti alla vitamina, ma ai pochi milligrammi di antibiotico ancora presenti nei letti di fermentazione.
Nascono così i promotori della crescita (Animal Gowth Promoter o Agp). Il primo è autorizzato nel 1951 negli Stati Uniti e, negli anni successivi, molti Agp sono autorizzati nel resto del mondo. Sono diversi dai nutrienti e, attraverso una modulazione del microbiota digestivo, aumentano il tasso di crescita e l’efficienza della conversione dei mangimi negli animali in buona salute, alimentati con una dieta equilibrata. In particolare alcuni di essi, come il Monensin, un antibiotico ionoforo prodotto dallo Streptomyces cinnamonensis, riduce la produzione del metano nell’apparato digestivo, con un recupero energetico da parte dell’animale e, al tempo stesso, una minore immissione in atmosfera di un pericoloso gas serra.
Tuttavia per i rischi d’insorgenza di un’antibiotico-resistenza, il 22 luglio 2003 il Parlamento Europeo e il Consiglio Europeo, adottano il Regolamento che vieta l’uso degli antibiotici promotori della crescita nell’alimentazione animale. Pertanto, da quasi 20 anni nell’Unione europea gli animali non sono più nutriti e ‘ingrassati’ con antibiotici, che sono stati vantaggiosamente sostituiti con composizioni di alimenti sempre più equilibrate e mirate anche a migliorare il microbiota digestivo usando trattamenti fisici degli alimenti, probiotici a base di microrganismi e prebiotici naturalmente prodotti, per esempio l’acido butirrico, principale fonte energetica degli enterociti.
Note
* Bergmann J. F. – Fatigue et antibiothérapie. Un essai contrôlé amoxicilline versus placebo – Le Concours médical, 41, dicembre 1994. Bergmann J. F., Chassany O., Consoli S. M., Buteau E., Bendjenana H., Le Mercier F., Segrestaa J. M., Caulin C. – Antibiotic induced fatigue – Br. Med. J. 307 (6916), 1397–1398, 1993. Burstein R., Hourvitz A., Epstein Y., Dvir Z., Moran D., Altar J., Shemer J., Shalev A., Galun E. – The relationship between short-term antibiotic treatments and fatigue in healthy individuals – Eur J Appl Physiol Occup Physiol; 66(4), 372-375, 1993
** Cryan John F., Kenneth J. O’Riordan, Caitlin S. M. et alii. – The microbiota-gut-brain axis – Physiol Rev 99, 1877–2013, 2019
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Professore Emerito dell’Università degli Studi di Parma e docente nella Facoltà di Medicina Veterinaria dal 1953 al 2002