Negli ultimi anni l’acqua del rubinetto è stata oggetto di diversi studi sulle microplastiche e accusata a più riprese di trasportare questi inquinanti direttamente nelle nostre case. Lo ha confermato un’inchiesta condotta da Orb Media, organizzazione non profit statunitense, che analizza per la prima volta la questione a livello globale nel 2017. I suoi risultati, pubblicati nel dossier intitolato “Invisibles: The Plastic Inside Us”, hanno dimostrato che la contaminazione dell’acqua potabile è distribuita in ogni parte del mondo, seppur in concentrazioni differenti. La questione è stata poi approfondita e confermata da uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Saint Louis (Missouri, Usa) e presentato nell’edizione 2020 del congresso della Geological Society of America. Secondo quest’analisi, infatti, parte delle microplastiche presenti nel terreno e nelle acque superficiali si infiltra fino a inquinare le falde acquifere sotterranee, molte delle quali alimentano i bacini di acqua potabile. Un effetto incentivato dal verificarsi di fenomeni meteorologici intensi.
Anche considerando tutto ciò, occorre però evitare che si instauri un circolo vizioso, promuovendo l’uso di acqua in bottiglia, che a sua volta rischia di favorire la formazione di nuove microplastiche. Inoltre, proprio l’acqua che sgorga nelle case potrebbe svolgere un effetto protettivo contro altre forme di contaminazione da microplastiche. Lo rivela in questo caso uno studio condotto da un team di scienziati irlandesi e pubblicato lo scorso gennaio sul Chemical Engineering Journal. Secondo i ricercatori tale azione positiva si deve al contenuto di oligoelementi e minerali dell’acqua corrente, capace di formare una pellicola protettiva sul rivestimento interno degli elettrodomestici nei quali è utilizzata ripetutamente (come i bollitori). Questa pellicola è in grado di impedire alla plastica di degradarsi ed è efficace fino al 99,8% nel ridurre il rilascio di microplastiche che possono trasferirsi al cibo, insieme a una serie di contaminanti come residui di metalli e altre sostanze dannose. Si deve proprio a questo, secondo i ricercatori, la patina di colore marrone scuro (un deposito di ossido di rame) che si forma all’interno di bollitori e altri elettrodomestici da cucina in virtù del rame che proviene dalle condutture idriche domestiche.
È la prima volta che uno studio sul rilascio di microplastiche non utilizza forme di acqua pura, cioè deionizzata, che esistono solo nei laboratori e non tengono conto degli ioni e delle impurità presenti nell’acqua del rubinetto. Questa ricerca dimostra i vantaggi dell’uso dell’acqua corrente, non solo in termini di riduzione dell’impatto ambientale, ma anche di sicurezza per la salute. Secondo gli esperti, la natura sta aprendo la strada, indicando soluzioni a problemi significativi come la contaminazione da microplastiche. Il resto dovrà farlo l’applicazione delle innovazioni high-tech. La prossima frontiera, annunciata dal team di Dublino, è quella di riprodurre in laboratorio la pellicola protettiva contro le microplastiche, con l’obiettivo di poterla applicare già in fase di fabbricazione agli elettrodomestici, impedendo così il rilascio di microparticelle nocive senza richiedere il tempo necessario alla formazione dello ‘scudo’ naturale.
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