Microplastiche colorate su un cucchiaino dorato su sfondo azzurro

Micro plastic.Small Plastic pellets on the finger. microplastiche frammenti plasticaIn quota a 3 mila metri come mei sedimenti marini: le plastiche, in dimensioni sia micrometriche che nanometriche (cioè nell’ordine del millesimo o milionesimo di millimetro) sono ovunque. La responsabilità è anche del packaging alimentare, che non a caso è uno degli ambiti su cui si sta cercando di intervenire con maggiore decisione, per limitare la dispersione. Ma con ogni probabilità bisognerebbe fare di più, perché molti dei calcoli fatti finora potrebbero essere errati per difetto, e le quantità di microplastiche presenti nell’ambiente potrebbero essere decisamente più elevate rispetto a quanto ritenuto fino a oggi. Questo almeno suggeriscono due studi pubblicati sulla rivista Environmental Pollution a poche settimane di distanza, realizzati in due ambienti differenti: le Alpi e il Mar Mediterraneo.

Il primo è stato realizzato dai ricercatori dell’Università di Utrecht (Paesi Bassi), dei Laboratori federali svizzeri per la Scienza e la tecnologia dei materiali (Empa) e dell’Istituto centrale austriaco di meteorologia e geofisica. L’obiettivo era quantificare la nanoplastica che ricade in un ambiente apparentemente incontaminato come la cima delle montagne alpine, dopo aver viaggiato nell’atmosfera. A tale scopo gli autori hanno campionato una zona del monte Hoher Sonnblick del parco nazionale austriaco degli Alti Tauri, a 3.106 metri di altezza, prelevando ogni mattina alle 8, con qualunque condizione meteorologica, per un mese e mezzo (nell’inverno del 2017), lo stesso quantitativo di neve superficiale.

I ricercatori hanno prelevato campioni di neve dalle Alpi austriache per stimare la dispersione atmosferica di nanoplastice

Gli scienziati hanno quindi incrociato i dati dei campioni con quelli delle condizioni meteorologiche (soprattutto relativi ai venti) e hanno così visto che la maggior parte delle plastiche, com’è intuitivo, arriva dalle aree più densamente popolate. Inoltre, il 30% di tutto il materiale giunge in quota da fonti che sono nel raggio di 200 km. Ma il 10% della plastica proviene da fonti molto più lontane, fino a 2 mila km di distanza. A sorprendere, tuttavia, sono stati i risultati delle analisi quantitative, ottenuti usando lo spettrometro di massa per avere valori precisi. La concentrazione di nanoplastiche nella neve di superficie, una volta sciolta, sarebbe pari a 46 nanogrammi per millilitro, cioè 42 kg per km quadrato. Ciò significherebbe che ogni anno sulla sola Svizzera volerebbero, e poi cadrebbero al suolo, 43 trilioni di particelle di plastica, pari a 3 mila tonnellate di materiali di varie forme e dimensioni: un quantitativo enorme, molto più alto rispetto alle stime fatte finora, e quindi da confermare.

Il secondo studio, invece, sottolinea la scarsa affidabilità dei metodi di analisi delle microplastiche usati finora in un ambiente diverso, il mare, che comprende, oltre a colonne d’acqua verticali con diverse concentrazioni di materiali, anche i sedimenti sul fondale e la superficie. Nello specifico, parliamo del Mediterraneo che, essendo chiuso, consente uno scarsissimo ricambio di acqua.

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La quantità di microplastiche presente nel Mar Mediterraneo è molto probabilmente sottostimata

In questo caso i ricercatori dell’Università Autonoma di Barcellona hanno messo in luce i limiti principali dei metodi di misurazione delle microplastiche più comuni: per esempio, l’82,8% degli oltre 3 mila campionamenti effettuati negli ultimi dieci anni è stato fatto vicino alle coste. Analogamente, la maggior parte delle misurazioni ha riguardato frammenti di dimensione superiore ai 200 micrometri, escludendo quindi una parte molto significativa delle microplastiche presenti, e sono state condotte soprattutto in superficie, senza tenere conto dei gradienti che si determinano nelle colonne di acqua in base alle correnti. I numeri generalmente accettati sono: 84.800 microparticelle per chilometro quadrato (in superficie), circa 300 per chilogrammo di sedimenti e 59 per kg di sabbia, ma secondo gli autori si tratta di stime da rivedere, e da calcolare con metodi e criteri univoci. C’è insomma una grande confusione, aggravata dall’enorme quantità di specie derivanti dalla degradazione dei numerosi polimeri che rientrano nel termine ‘plastica’.

A capire quanti siano provvede in parte un terzo studio pubblicato in questi giorni, questa volta su Environmental Science & Technology. I ricercatori dell’Università norvegese di scienza e tecnologia hanno analizzato dettagliatamente 34 prodotti molto comuni, tra i quali vasetti di yogurt, bottiglie e spugne usate in cucina, per arrivare allo strabiliante numero di 55.300 composti diversi, solo 629 dei quali identificati. Di questi, 11 sono risultati essere noti interferenti metabolici. Secondo gli autori, alcuni di essi sono coinvolti nello sviluppo di cellule adipose attraverso l’alterazione del metabolismo, e quindi responsabili, in parte, dell’aumento dell’obesità visibile in tutto il mondo. 

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luigiR
luigiR
2 Febbraio 2022 15:14

Secondo me, queste sono notizie molto allarmanti, che dovrebbero essere parte molto importante delle azioni dei vari governi, al fine di porre al più presto un freno ed un correttivo alla produzione ed al consumo di plastiche nel mondo. È già abbondantemente chiaro che la salute umana e dell’ambiente è in grave pericolo, proprio a causa della estrema diffusione e presenza di micro e nanoplastiche.