![Ugly carrot on barn wood](https://ilfattoalimentare.it/wp-content/uploads/2018/08/carota-brutta-verdura.jpg)
Secondo uno studio del 2018, il 41% della frutta e della verdura che rimane sul campo, viene scartata solo per motivi estetici: uno spreco sempre più inaccettabile, contro il quale si moltiplicano le iniziative volte a valorizzare anche i vegetali imperfetti, chiamati sempre più spesso anche in Italia ugly (brutti). Per incentivare a questo genere di acquisto, occorre però scalfire abitudini consolidate. Come modificare l’idea, che quasi tutti i consumatori hanno, di come dev’essere l’aspetto di un frutto o di una verdura che fanno comunque bene alla salute e sono anche buoni? Se lo sono chiesto i ricercatori delle Università dell’Ohio e della Louisiana, che hanno sottoposto oltre 1.300 persone a una serie di test con immagini.
In particolare, i partecipanti sono stati invitati scegliere che cosa acquistare tra sei mazzi di carote normali e ugly in proporzioni diverse (tra lo 0 e il 100%), con o senza le foglie, di prezzi diversi (compresi tra 2,18 e 1,39 dollari per libbra) con o senza delucidazioni sugli effetti delle diverse decisioni. In un altro set di test, i volontari sono stati invitati a scegliere tra le due opzioni estreme: carote tutte perfette o tutte ugly, in un ipotetico acquisto presso in mercato agricolo o presso un negozio convenzionale. L’opzione con tutte le carote imperfette è stata accettata pochissimo, anche con consistenti riduzioni di prezzo. Per modificare quest’atteggiamento, che porta a scartare frutta e verdura imperfetti, ciò che sembra funzionare è spiegare, contemporaneamente, i benefici per l’ambiente di una riduzione dello scarto e le caratteristiche nutrizionali, ovvero il fatto che un vegetale bitorzoluto ha esattamente le stesse, o anche superiori, proprietà di uno perfetto. Ciascuno di questi argomenti, se fornito da solo, non risulta però sufficiente.
![ugly, frutta e verdura imperfetta](https://ilfattoalimentare.it/wp-content/uploads/2021/09/verdura-imperfetta-Depositphotos_288507298_s-2019.jpg)
Gli ipotetici clienti, poi, si sono mostrati disponibili ad acquistare una parte di merce imperfetta, ma in percentuali non superiori al 40% del totale e a patto di avere un piccolo sconto: uno scenario interessante, secondo gli autori, perché sarebbe facilmente replicabile nella realtà e contribuirebbe a valutare come introdurre sul mercato i vegetali imperfetti. Grandi sconti praticati su grandi quantità, invece, non sembrano funzionare, probabilmente perché in quel modo i clienti sono portati a considerare quella frutta e quella verdura appartenenti a una categoria qualitativa inferiore. Un altro fattore che può fare la differenza è lo scenario: quando i clienti acquistano in un farmer market, cambiano predisposizione, perché considerano i vegetali ugly generalmente più sani, più reali e naturali (questi gli aggettivi scelti dalla maggior parte del campione). Come ribadito sul Journal of Retailing and Consumer Services, secondo gli autori la sensibilità del pubblico è in rapida evoluzione e oggi c’è una maggiore disponibilità ad acquistare anche frutta e verdura che escano dai canoni artificiali imposti dalle grandi filiere. Bisognerebbe tenerne conto, aumentando la quota di questi prodotti proposta ai clienti, anche nei supermercati. È tuttavia necessario proporli nel modo più adeguato, cioè sottolineando i benefici per l’ambiente e per la salute derivanti da questa scelta.
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Giornalista scientifica
Sono disposta ad acquistare frutta e verdura dalle forme più svariate a prezzi più bassi. L importante è che sia frutta e verdura locale e sopratutto fresca.