Oltre a quelle note, c’è una fonte insospettabile di micro e nanoplastiche: le tettarelle in gomma di silicone dei biberon, quando disinfettate con il calore e il vapore. Questo, naturamente, può avere ripercussioni sulla salute dei bambini e sull’ambiente, perché ciò che non viene assunto dai piccoli va direttamente negli scarichi fognari e, da lì, in mare e nei suoli, oppure si disperde nell’atmosfera, per poi depositarsi sui terreni. La dimostrazione del fatto che il silicone, ritenuto inalterabile anche se sottoposto al calore, in realtà invecchia e rilascia particelle di diverse dimensioni, giunge da uno studio pubblicato su Nature Nanotechnology da Baoshan Xing, ricercatore alla Stockbridge School of Agriculture della University of Massachusetts Amherst.
Lo scienziato, tra i più citati al mondo negli ultimi anni nel campo delle scienze ambientali, ha messo a punto le tecnologie che stanno assicurando decisivi passi avanti allo studio degli inquinanti. In particolare, Baoshan Xing ha portato alla luce la presenza di micro e nanoplastiche nelle piante e nell’apparato gastrointestinale umano. In quest’ultima ricerca, resa nota nel mese di novembre, l’intuizione di Xing è stata quella di analizzare le particelle più piccole tramite una tecnica di microscopia e spettroscopia combinate che sfrutta l’infrarosso e permette di scendere al di sotto del diametro finora considerato limite per la sensibilità degli strumenti, ossia 20 micrometri. Grazie a questo metodo, Xing è riuscito a controllare sia la superfice delle tettarelle, sia l’acqua usata per la disinfezione e a dimostrare che entrambe contenevano numerose micro e nanoparticelle plastiche in forma di fiocchi, oppure riunite in una sorta di pellicola, con misure comprese tra 0,6 e 332 micrometri, nelle quali si riconoscevano frammenti di resine e di polimeri policiclici.
Peraltro, se il silicone rilascia, lo fa anche dai contenitori e da altre parti delle suppellettili per neonati, per esempio dalle ghiere, dai ciucci e così via. Considerando un’alimentazione media, ciò significa che un bambino, all’età di un anno, potrebbe aver già ingerito più di 660 mila micro e nanoplastiche derivate da elastomeri (il parametro elastomer-derived micro-sized plastics è uno tra i più comunemente utilizzati per misurare le microplastiche), l’81% delle quali con diametro compreso tra 1,5 e 10 micrometri. Una quantità di cui non si conoscono gli effetti né a breve né a lungo termine. Se invece si calcola la quantità mondiale di micro e nanoplastiche rilasciate nell’ambiente in un anno, si arriva a una cifra stratosferica: 5,2 moltiplicato 10 elevato alla tredicesima potenza. Poiché l’effetto tanto sulla salute umana quanto sull’ambiente di questi particolari inquinanti è fondamentalmente ignoto, lo stesso Xing sottolinea quanto sia indispensabile approfondire entrambi gli aspetti.
© Riproduzione riservata; Foto: Fotolia
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista scientifica