L’olio d’oliva vergine costituisce un ingrediente fondamentale della dieta mediterranea. Grazie all’elevata concentrazione di acidi grassi monoinsaturi e alla presenza di composti fenolici che contribuiscono a incrementarne le proprietà nutrizionali e antiossidanti, può essere considerato un alimento nutraceutico. Una recente ricerca coordinata da Severino Zara (*) docente di Microbiologia agraria dell’Università di Sassari conferma l’efficacia del potere antimicrobico nel ridurre gli agenti patogeni nell’insalata.
Sebbene sia noto da tempo che diversi componenti dell’olio d’oliva vergine possiedono attività antimicrobica, finora pochissimi studi dimostrano queste proprietà e, quindi, la capacità di eliminare o di inibire i batteri patogeni causa di tossinfezioni alimentari. Ancora più limitate sono le conoscenze dell’effetto dell’olio d’oliva vergine sui batteri cosiddetti benefici, come i probiotici. Il lavoro pubblicato sulla rivista internazionale Food Control chiarisce quali sono gli aspetti per ridurre la carica microbica sulle insalate di IV gamma, cosiddette insalate in busta.
Coordinato da Severino Zara, professore di Microbiologia agraria nel Dipartimento di agraria dell’Università di Sassari, il gruppo di ricerca ha testato, sia in vitro sia direttamente sull’insalata, 13 diverse varietà di olio d’oliva vergine appartenenti al germoplasma nazionale e a quello della Sardegna. Gli esperimenti in vitro hanno dimostrato la potente azione antimicrobica degli oli su Staphylococcus aureus, Salmonella, Listeria monocytogenes e Escherichia coli, che sono tra i principali microrganismi responsabili di tossinfezioni alimentari. Per contro gli oli testati hanno evidenziato una limitata attività antimicrobica contro batteri probiotici come Lacticaseibacillus paracasei, Lacticaseibacillus rhamnosus e Limosibacillus reuteri, meglio conosciuti come lattobacilli.
I test antimicrobici effettuati direttamente sull’insalata in busta sono stati eseguiti aggiungendo due batteri patogeni come la Listeria monocytogenes e la Salmonella. La conclusione è che gli oli d’oliva dopo solo 15 minuti sono in grado di ridurre di oltre il 90% la concentrazione iniziale dei patogeni aggiunti alle insalate.
(*) Il team di ricerca coordinato al professor Zara è composto da Francesco Fancello, Chiara Multineddu, Mario Santona, Giacomo Zara, Sandro Dettori, Pierfrancesco Deiana (Università di Sassari) e da Maria Giovanna Molinu del CNR.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
gentile dr. Roberto La Pira, l’articolo è un abbaglio, lo studio è stato fatto sul oli vergini d’oliva, non sull’olio di oliva che è totalmente altra cosa (olio di sansa rettificiato e deodorizzato). Mi spiace che si continui a non capire che quello che chiamiamo olio di oliva è un derivato, lavorato come qualsiasi olio di semi e quindi e soprattutto non è l’ingrediente fondamentale della dieta mediterranea e non esistono varietà di olio di oliva. Dalla molitura delle olive si ottiene: olio extra vergine d’oliva (fini a 0,8 di acidità), olio vergine di oliva (da 0,8 a 2,00), olio di sansa (oltre il 2,00). Le varietà esistono solo per questi oli. L’olio di oliva e un banale prodotto standard. La dieta maediterrane specifica sempre olio EVO o Vergine. Solo questi sono alimenti complessi ricchi di polifenoli e salutari. Olio di oliva non ha nulla, se non la piccola parte di Evo che a volte viene aggiunta per dare colore e un minimo di profumo. Quindi smettiamola di confondere i consumatori, cerchiamo di far capire la differenza sostanziale tra un EVO e un olio d’oliva, il primo alimento salutare, il secondo fluido inerte.
infatti, l’articolo parla di olio d’oliva vergine.