Il primo caso di influenza aviaria registrato quest’anno in Italia, a metà ottobre, ha interessato un allevamento tacchini in provincia di Ferrara. La scoperta ha comportato l’immediata adozione di una serie di misure per arginare il virus. Per questo motivo i veterinari e gli specialisti dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie hanno deciso un provvedimento di sequestro, l’abbattimento degli animali e la distruzione delle carcasse oltre che dei materiali e dei prodotti connessi. A ciò va aggiunta la pulizia e la disinfezione del capannone prima del ripopolamento. Intorno all’azienda agricola è stata inoltre fissata una zona di isolamento da 3 a 10 km, interdetta a camion o altri mezzi agricoli, per evitare che diventino veicoli del virus. Purtroppo a distanza di una settimana il ministero della Salute ha diramato un nuovo comunicato che conferma la positività per il virus dell’influenza H5N1 ad alta patogenicità su campioni prelevati a Verona, in un allevamento di circa 13 mila tacchini da carne che verranno soppressi. Trattandosi di zone dove le aziende agricole di polli, tacchini e altri volatili sono numerose, c’è il serio rischio che nei prossimi giorni il virus si diffonda ad altri allevamenti.
“I recenti focolai che hanno colpito gli allevamenti in provincia di Ferrara e di Verona – spiega Fabrizio de Stefani, direttore del servizio veterinario di igiene degli alimenti dell’Aulss n. 7 Pedemontana – confermano la circolazione dei virus influenzali aviari ad alta e bassa patogenicità nel territorio europeo e in particolare nelle aree ad alta densità di allevamenti come la pianura Padana. Si tratta di un fenomeno epidemiologico ricorrente che evidenzia il permanere del rischio di introduzione di virus altamente diffusivi come quelli dell’influenza aviaria quando le popolazioni di uccelli selvatici, che fungono da serbatoio e sono per lo più asintomatici, entrano in contatto direttamente o indirettamente con le popolazioni avicole domestiche, come avviene in particolare in concomitanza con le migrazioni autunnali degli uccelli selvatici”.
In questa fase, quindi, come indicato dal Ministero della Salute, è necessario stringere le maglie di protezione degli allevamenti, aumentando il livello delle misure di biosicurezza per impedire che i virus siano veicolati in altri allevamenti con automezzi, animali o persone. Bisogna attuare i protocolli di pulizia e disinfezione; stabilire il divieto di entrata e uscita nelle aziende di personale non autorizzato; stoccare e smaltire le carcasse destinate alla distruzione e la pollina. Inoltre, la lettiera vergine deve essere adeguatamente protetta dal contatto con volatili selvatici. Nel caso l’allevamento utilizzi acque di superficie, queste devono essere adeguatamente disinfettate. Si raccomanda infine ai proprietari/detentori di predisporre mezzi di disinfezione agli ingressi e alle uscite dei fabbricati che ospitano il pollame o altri volatili in cattività, come pure presso gli ingressi e le uscite dell’azienda.
Naturalmente, chiunque detenga volatili deve segnalare all’Asl i sospetti di influenza aviaria riferibili a comparsa di sintomatologia come per esempio un aumento della morbilità o della mortalità o variazioni significative di parametri come la produzione di uova e il consumo di mangime e/o di acqua. In caso di segnalazione, i servizi veterinari devono inviare al laboratorio di riferimento competente i campioni per i test virologici o sierologici. Devono poi essere rafforzate anche le attività di vigilanza sanitaria presso mercati, mostre, esposizioni ed eventi che prevedono concentrazione di volatili, con particolare riferimento alla verifica delle aziende di origine e di destinazione degli animali. L’urgenza e lo scrupolo con cui intervenire sono dettati dal fatto che non si tratta solo di un problema di carattere economico relativo all’ambito zootecnico. L’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie – IZSVe ricorda infatti che questi virus possono infettare non solo altri animali (maiali, cavalli, cani), ma anche l’uomo. Data l’elevata frequenza con cui vanno incontro a mutazione, c’è la possibilità che, da un serbatoio animale, si possa originare un nuovo virus per il quale la popolazione umana risulta suscettibile, dando modo alla malattia di estendersi a livello globale.
Focolai di virus ad alta patogenicità sono già presenti in Europa, oltreché in Russia e Mongolia. Nell’ultimo report di monitoraggio sull’aviaria in Europa, l’Efsa raccomanda a tutti gli Stati membri di intensificare le misure di sorveglianza e biosicurezza per evitare nuovi focolai nei prossimi mesi. L’epidemia di aviaria cominciata nel 2020, ha all’attivo 3.777 focolai ad alta patogenicità (Hpai), ha interessato circa 31 Paesi e sembra una delle più grandi epidemie di questo tipo in Europa. Durante la scorsa estate sono stati segnalati 162 focolai e nelle ultime settimane altri sono stati segnalati in Francia, Svezia, Repubblica Ceca e Finlandia. Sulla base di queste osservazioni, è probabile ritenere che la persistenza del virus in Europa possa dare origine a incursioni virali ricorrenti negli allevamenti avicoli. Per il ministero della Salute non va sottovalutata l’elevata variabilità dei virus attualmente identificati, dimostrata dai 20 diversi genotipi di virus circolanti in Europa e in Asia centrale dal luglio 2020, confermando un’elevata propensione di questi ad andare incontro a eventi di riassortimento genetico tali da determinare infezioni anche nei mammiferi e nell’uomo, come recentemente avvenuto in Cina e in Russia.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Chissà se uscirà una teoria complottista …
E’ brutto a dirsi ma gli allevamenti all’aperto che, da una parte migliorano il benessere animale, dall’altra sono molto più esposti al fenomeno dei contagi soprattutto per il passaggio di uccelli migratori.