L’utilizzo degli scarti alimentari è oggetto di studi ed esperimenti sempre più numerosi. Questo perché è ormai ritenuto inaccettabile ciò che è stato considerato normale per decenni, e cioè buttare via – con costi economici e ambientali molto elevati – quanto non serve, come per esempio le bucce e le parti non commestibili dei vegetali. In questo ambito, gli esperti di scienza dei materiali dell’Università di Tokyo hanno messo a punto – e presentato al recente meeting annuale della società di scienze dei materiali – una tecnologia che unisce il riciclo alimentare con le tecniche di lavorazione dei materiali da costruzione. Questo metodo permette di ottenere materiali molto robusti e versatili per le costruzioni che, però, mantengono alcune delle caratteristiche organolettiche e nutrizionali. E poiché la tecnologia non necessita di sostanze chimiche dannose, potrebbero teoricamente anche essere mangiati.
Lo scopo originario era appunto ottenere, partendo da scarti di frutta, verdura e alghe, una sorta di cemento che, però, conservasse anche l’aroma e il gusto del vegetale di origine. Per realizzarlo i ricercatori giapponesi hanno ottimizzato una tecnica già usata nella fabbricazione di materiali a partire dalle polveri di legno, che prevede il passaggio in un ambiente caldo e sotto pressione.
In questo caso, le polveri studiate sono state ricavate dagli scarti di alghe, foglie di cavolo, bucce di arancia e cipolla, zucca e banana uniti ad acqua e condimenti, e poi disidratati e pressati a temperature elevate. Il risultato è stato che, con la sola esclusione della zucca, che rende meno bene degli altri, i “cementi” ottenuti si sono rivelati anche più robusti del vero cemento. Alcuni casi sono veramente sorprendenti: per esempio, le foglie di cavolo cinese hanno dato origine a un composto che è addirittura tre volte più resistente del cemento e che, se unito alla zucca, può agire da rinforzo. Tutti, inoltre, hanno mantenuto gli aromi e, se assaggiati, il gusto. Ma, soprattutto, hanno resistito per oltre quattro mesi all’aperto senza risentire di funghi e insetti e senza marcire.
Naturalmente è improbabile che un materiale utilizzato per realizzare oggetti e nell’edilizia sia anche considerato un alimento. Ma lo studio vuole mettere in evidenza come le nuove tecnologie possano contribuire alla riduzione degli sprechi portando anche a soluzioni creative, e impensabili fino a qualche anno fa.
© Riproduzione riservata Foto: The University of Tokyo, stock.adobe.com
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Giornalista scientifica