È dalla fine di ottobre che tengono banco i richiami di semi di sesamo provenienti dall’India e di prodotti che li contengono, per la presenza di ossido di etilene, una sostanza fungicida e battericida vietata in Unione Europea. In Italia, i richiami comunicati ai consumatori, nel momento in cui pubblichiamo, sono oltre 180 (qui la lista completa aggiornata). Ma mentre gli occhi di tutti sono concentrati sul sesamo, durante alcuni controlli è emersa anche la contaminazione di altri semi e spezie, che però, per il momento, è passata largamente inosservata.
Come spiega il magazine francese 60 Millions de Consommateurs, l’ossido di etilene è un gas di fumigazione ancora molto usato al di fuori dell’Unione Europea, anche negli Stati Uniti. Eppure non è una sostanza ricercata nelle analisi di routine. Ma già prima dell’allerta per il sesamo erano state riscontrate altre contaminazioni, che riguardavano prodotti provenienti da diversi Paesi, non solo dall’India.
Per esempio nel 2015, l’ossido di etilene è stato ritrovato in pepe nero di origine vietnamita in quantità pari a 2,5 mg/kg, ben oltre il limite di 0,1 mg/kg stabilito per le spezie. Nel 2018 è la volta nel pepe nero in polvere dall’India (distribuito anche in Italia, con un tenore di ossido di etilene eccezionale: ben 72,4 mg/kg. L’anno successo del cumino in grani indiano contaminato è stato riscontrato dalle autorità tedesche.
Dopo l’esplosione dello scandalo sesamo, i controlli si sono intensificati e in alcuni casi sono stati estesi anche ad altre merci. Il risultato è che l’entità della contaminazione è molto più ampia di quanto si pensasse. Come riporta 60 Millions, in Francia l’ossido di etilene è stato riscontrato in confezioni di scalogno disidratato che non contenevano sesamo, semi e farina di psillio bio proveniente dall’India, amaranto biologico, mix di spezie e curcuma.
Secondo Hubert Bocquelet, delegato generale di Fedalim “il laboratorio di riferimento europeo per i residui di pesticidi che ha lavorato sull’ossido di etilene ha identificato diversi prodotti suscettibili alla contaminazione: le spezie e gli aromi, le noci, il riso, i funghi secchi, le verdure essiccate, le erbe aromatiche e il tè”.
Sottoporre questi prodotti a controlli più rigidi potrebbe però essere un problema. La metodica d’analisi utilizzata, infatti, rileva la somma di due molecole, l’ossido di etilene e il dicloroetanolo, che può derivare anche dall’uso di altri pesticidi permessi in Unione Europea e dare luogo a falsi positivi. Il dicloroetanolo, poi, potrebbe trovarsi naturalmente in determinati alimenti, spiega l’Associazione europea delle spezie (Esa), e la positività alle analisi potrebbe essere causata anche da contaminazioni crociate in seguito a trattamenti sanificanti di attrezzi e contenitori.
Le incertezze sono ancora molte in questa vicenda e la domanda che ci si pone adesso è: siamo alla vigilia di una nuova ondata di richiami? Per capirlo, sarebbe necessario effettuare una valutazione del rischio per ciascuna delle categorie di prodotti suscettibili, che tenga conto anche dei problemi legati alla metodica di analisi. La palla, quindi, passa alle agenzie per la sicurezza alimentare.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.